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La prima sigaretta

Creato il 23 agosto 2011 da Maurizio Lorenzi

Il gene del verme. Fonte PaperBlog.

La prima sigaretta
Sito del Corriere della Sera, più o meno in mezzo alla pagina iniziale. Dopo averci fatto capire che la finanza globale sta andando a rotoli, i redattori di uno dei siti più frequentati a livello nazionale, ci rende edotti che la prima sigaretta mattutina – quella dopo il caffè e i seguenti bisogni fisiologici – è la più deleteria per la nostra già cagionevole salute. Quella bionda, infatti, aumenterebbe il rischio di contrarre il cancro a polmoni, testa e gola del 78%. Letta la notizia sic et simpliciter, ci sarebbe da pensare che chi, come me, soddisfa il bisogno di nicotina nella prima mezz’ora dopo essersi svegliato, ha un’altissima probabilità di morire in un letto di ospedale soffrendo le pene dell’inferno. Andando a leggere l’articolo, invece, scopriamo che proprio non è così. Il titolo altro non era che l’ennesimo memento mori che ci viene propinato.

Con la vecchissima legge del bastone e della carota, i grandi burattinai tengono alta la tensione su altre questioni, cercando di sviare l’attenzione su affari molto più importanti.

Così qualche mese fa abbiamo imparato che Sharon Stone sconfisse il cancro bevendo il caffè e le malattie cardio vascolari si possono prevenire con un bicchiere di vino rosso (quello bianco invece, fa solo male, boh…). Di più. Una indagine di qualche misteriosa università americana ci solleva il morale dicendoci che la vita media si alzerà fino alla soglia di 128 anni (perchè non arrotondare fino a 130, cribbio!), grazie al gene di un non ben specificato verme.

A parte la fastidiosa sensazione di essere il balia delle lobby mondiali (coltivatori di caffè, viticoltori, allevatori di vermi), resta l’impressione che l’informazione scientifica si strutturi secondo regole di una spassosa novellistica.

L’era della tecnologia non ha ancora generato – nonostante il prodigioso moltiplicarsi di mezzi comunicazione, oppure anche in ragione di quello – un metodo linguistico consono alla realtà. Quello che accade nei laboratori è argomento da bar e da piazza del mercato e viene trattato quasi con superstizione. Tutti si approcciano con credulità religiosa o con scetticismo beffardo; tutti atteggiamenti prescientifici e preistorici che non hanno niente a che vedere con la realtà. A questa stregua, è molto difficile stabilire una diversità tra il culto della Madonna del Carmelo e quello del verme della longevità. L’attesa fiduciosa di un miracolo (o l’autodifesa dall’inganno) ci restituisce alla nostra atavica condizione di “folla in passiva attesa”. Per la religione può anche funzionare.

Ma per la scienza?…


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