La primavera dell’editoria elettronica
Di Marco Crestani
Libereditor’s Blog ha intervistato Damiano Mazzotti autore del saggio Libero pensiero e liberi pensatori (ed. Ibiskos Risolo, 2009). E’ stata un’occasione importante per capire e imparare qualcosa in più sulla nuova editoria e sul fenomeno nascente degli ebook (all’ultima Buchmesse di Francoforte il vero protagonista è stato proprio il libro digitale).
All’ultimo Salone del Libro di Torino si è detto che entro la fine del 2010 l’ebook arriverà a coprire l’1,5% del catalogo dei titoli e l’8-9% delle novità. L’abitudine a leggere su schermi digitali si è più o meno triplicata in tre anni e oggi è ad appannaggio di quasi due milioni di italiani, di età superiore ai 14 anni.
Una rivoluzione in atto?
L. B. – Gli studenti di oggi hanno spesso bisogno di stimoli che la carta non può dare. Sono abituati a vedere immagini in movimento e a sentire suoni forse perché “vivono” in un mondo multimediale che la carta non può riprodurre. Può esser questa una ragione dello scarso appeal della scuola vista come un ambiente vecchio e poco stimolante?
D. M. – Indubbiamente ai nuovi occhi delle menti multimediali le scuole italiane sembrano vecchi musei. E la situazione non è molto diversa per molte università. Questo problema è legato alla presenza di insegnanti anziani e poco aggiornati, che a loro tempo sono stati educati all’antica. Per cambiare veramente le cose occorre prepensionare molti insegnanti come hanno fatto in Germania.
L. B. – L’ebook a scuola può davvero determinare un cambiamento strutturale?
D. M. – L’ebook può migliorare la situazione e risvegliare molte menti assopite, ma la cosa fondamentale è un buon insegnamento della lingua inglese, che è la principale porta di accesso alla conoscenza e alla scienza. Dovremmo fare come in Olanda e in Svezia dove si insegna l’inglese come prima lingua (naturalmente è meglio utilizzare docenti madrelingua fin dalla scuola primaria). Del resto la lingua italiana si può imparare benissimo nella vita quotidiana. Si dovrebbe studiare meno letteratura e si dovrebbero leggere più quotidiani, riviste, saggi (con libera scelta dei ragazzi).
L. B. – Quasi ogni giorno appaiono articoli su giornali e riviste riguardo nuovi dispositivi di lettura e la richiesta, in costante crescita, di ebook da parte del mondo editoriale. Per gli ebook è un momento fortunato e sembra venga visto come una nuova opportunità di consumo e di diffusione di testo. È stato più volte scritto che in questo contesto le università hanno un ruolo importante in quanto l’ebook è un modo di pubblicare che può garantire aggiornamenti rapidi e integrati con supporti multimediali, eliminando diversi problemi tra cui, per esempio, quello della ristampa. Lei cosa ne pensa?
D. M. – Almeno in Italia e in gran parte dell’Europa, lo sviluppo del settore editoriale digitale è stato sopravvalutato. Per ora si può dire che gli Stati Uniti sono il paese più innovativo e che i francesi sono i migliori lettori e perciò sono i cittadini più predisposti ad ogni tipo di sperimentazione. Però le università di tutti i paesi dovrebbero essere le prime organizzazioni a investire nel digitale: qui ci sono tutte le risorse umane in grado sviluppare le potenzialità multimediali, qui si lavora meglio in gruppo e l’editoria universitaria è uno dei settori dove si può iniziare a guadagnare prima e meglio.
L. B. – Molti contenuti sono già – o in un prossimo futuro saranno solo – fruibili come ebook o in altre forme digitali. Quello che fino a pochi anni fa sembrava un affare quasi esclusivo delle biblioteche universitarie o specialistiche, può oggi rappresentare anche una notevole opportunità per le biblioteche pubbliche. Quali conseguenze può avere questo sviluppo per le biblioteche pubbliche malgrado le restrizioni nei budget e la riduzione del personale? Come si prospetta il futuro di questo mercato dell’ebook e quali cambiamenti sono prevedibili nel modo di leggere degli utenti?
D. M. – Il settore delle biblioteche pubbliche avrà degli esiti imprevedibili dovuti ai vari problemi legati ai diritti d’autore. Però si può prevedere una trasformazione delle biblioteche in centri multimediali, in centri di formazione, in “centri congressi” e in piazze virtuali, che daranno la possibilità di prendere a prestito libri, musica, film, documentari e seminari, direttamente da casa. Le biblioteche dovranno instaurare un rapporto più diretto con gli autori e gli editori. I bibliotecari potrebbero intervistare gli scrittori via e-mail, anche su richiesta dei lettori, oppure potrebbero organizzare il classico “incontro ravvicinato del terzo tipo” e registrare videointerviste da linkare.
L. B. - Molto del futuro dei libri dipenderà dal formato che assumeranno. La scelta del carattere tipografico in un libro elettronico deve secondo lei essere un elemento per rispettare l’autore e il suo contenuto?
D. M. – All’EbookLabItalia di Rimini gli esperti del settore dicono di si. Però la questione del carattere tipografico riguarda principalmente l’identità di una casa editrice o di una collana editoriale. Nelle pubblicazioni digitali è meglio privilegiare la leggibilità e la scorrevolezza delle parole e delle frasi, per non appesantire la “nuova” attività dei lettori, magari non abituali. Lo stile dell’autore è più legato alla forma letteraria, ai contenuti e al contesto delle sue “esternazioni”.
L. B. – Quest’anno self-publishing è in aumento. A gennaio ci sono stati 18 libri della categoria self-publishing tra le top 50 best seller di Kindle Store. Quando potrà accadere con libri italiani?
D. M. – Come sempre l’Italia sarà in ritardo anche in questo settore. Prevedo un ritardo situato tra i due e i cinque anni. Quindi fra tre anni è probabile che ci sarà almeno un best seller di uno scrittore italiano autoprodotto tra i primi 20 ebook delle varie classifiche settimanali.
L. B. - Il self-publishing può rappresentare linfa vitale e sperimentazione per gli editori?
D. M. – Sicuramente è un’occasione a buon mercato per fare scouting: basta monitorare il web. Però occorrono ragazze e ragazzi giovani, tecnologici, “indisciplinati” e multidisciplinari, da sguinzagliare in piena libertà senza vincoli legati ai vecchi gusti letterari degli editor più vecchi.
L. B. – Quale potrà essere il ruolo dell’editore in un quadro in cui il valore di ogni singola copia viene drasticamente abbattuto?
D. M. – Probabilmente gli editori più piccoli e accorti inizieranno a “spigolare”, cioè a vendere poche decine di libri di migliaia di scrittori. Verranno scelti molti scrittori tra le nuove promesse e molti altri tra gli scrittori più affermati di tutte le nazioni del mondo. Inoltre gli ebook e i “videolibri” saranno più o meno costosi, più numerosi, più o meno complessi, per cui vincerà chi imparerà l’arte di ottimizzare. Per questo motivo verremo colonizzati da molto case editrici straniere più esperte, più potenti e meno prepotenti, poiché ad oggi esistono pochissimi responsabili editoriali italiani con reali capacità manageriali. Inoltre i nostri editori continuano a scegliere i loro autori sulla base delle simpatie personali, della visibilità mediatica e delle amicizie degli scrittori.