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La prova

Da Arkavarez

La prova di Cristina (BlackEagle76)
'Correre, correre ed ancora correre!' Con quest'unico pensiero attraversavo la boscaglia sfrecciando come una posseduta. Non mi curavo degli arbusti lungo lo stretto sentiero che mi ferivano le gambe né degli insetti sul mio viso che scacciavo di continuo tra mille imprecazioni. Quella che doveva essere una splendida giornata estiva infatti era stata trasformata nel mio peggiore incubo: tutti i miei piani riguardanti il sole e la spiaggia erano stati brutalmente cancellati. Ma andiamo con ordine, sarà meglio cercare di raccontare chi sono e come avevo fatto a cacciarmi in quella situazione così assurda e penosa.
Mi chiamo Shereka e all'epoca avevo diciotto anni. Tempo prima manifestai una certa familiarità con le arti magiche. Non che fossi capace di chissà quali prodigi per carità, ma quel poco bastò alla mia famiglia per mandarmi a vivere a casa degli Astrid; loro amici di vecchia data, nonché i più potenti maghi della città e nelle “Buone intenzioni” dei miei cari io dovevo migliorare le mie arti così che un giorno potessi, grazie alla magia, sistemare tutti quanti. Esatto: ho detto proprio “Sistemare”! In questo Stato infatti ogni mago, stregone o qualsiasi cosa che ci somigli viene pagato profumatamente per i propri servigi, una fortuna che i miei non vedevano l'ora di poter amministrare. Ovviamente non avevano ancora fatto i conti con la loro figlia adorata... Sebbene non sia una bellezza non sono tanto rimbambita da lasciarmi manipolare, parenti compresi. Sfortunatamente, per poter essere una maga di successo la mia statura bassa e poco formosa non era di grosso aiuto. Pensavo di poter al massimo sperare di diventare una strega dei boschi, tuttavia anche ciò era impedito dal mio “Bel faccino” dagli occhioni azzurri che mal si intonava al mestiere di megera. Eppure a dispetto di tutto, la famiglia Astrid si mostrò molto premurosa nei miei confronti e la padrona di casa, la signora Myriam, dedicava molto del suo tempo alla mia istruzione, dandomi piena fiducia in tutto. Era sicura che col tempo sarei potuta diventare ugualmente una “Brava maghetta” come mi chiamava lei in tono affettuoso.
Ad ogni modo quel giorno ero la, dopo quasi due anni di studi soltanto teorici, su ordine del signor Aldous (il capofamiglia) ad affrontare la mia prima prova in qualità di apprendista. Fu davvero un fulmine a ciel sereno: suo figlio maggiore Ben, con cui litigavo ad ogni occasione, mi buttò giù dal letto con una mezza secchiata di acqua gelida. Disse spavaldamente che era giunta l'ora di fare un po di pratica. “Ma come? Se non ho mai provato nessun incantesimo nemmeno nel cortile di casa!” Protestai inutilmente. Così per dimostrare la mia “Buona volontà” ero stata spedita nel bel mezzo di niente, in quel bosco freddo e umido a cercare di ottenere un ramo dell'albero immortale. Da quella “vecchia stecca” infatti avrei costruito il mio bastone magico: ovvero lo strumento fondamentale di ogni incantatore. L'unico problema era che nessuno mi aveva detto che quell'albero stregato del cavolo, era sorvegliato da una tigre grossa come una casa! Non feci a tempo a vederla infatti che cominciai a correre via sperando che lei o lui che fosse non mi avesse notato. Dopo aver corso per chissà quanto tempo, mi fermai in una radura per riprender fiato. Com'era prevedibile mi ero allontanata talmente tanto che anche per tornare a casa Astrid mi ci sarebbero volute diverse ore, inoltre se fossi tornata a mani vuote avrei dimostrato la mia vigliaccheria e la mia totale incapacità. Mi distesi esausta sull'erba cercando di pensare a come uscire da quella situazione così imbarazzante. Sapevo perfettamente come tornare indietro, ma cosa avrei fatto con la tigre? Non avevo nessuna intenzione di diventare la sua cena!
Mentre rimuginavo su questo, una voce all'improvviso mi riportò alla realtà “Ciao fifona! Non credevo ci saresti cascata...” Mi misi a sedere guardando incredula la faccia divertita di Ben, i suoi profondi occhi grigi che per la prima volta mi fissavano con tenerezza. Non gli tirai contro la grossa pietra che avevo accanto soltanto perché per farsi perdonare mi stava offrendo il più bel mazzo di fiori selvatici che avessi mai visto. Lo accettai, coprendolo di insulti: dissi senza troppe sottigliezze che aveva esagerato a creare l'illusione di quel mostro di belva e che quello scherzo idiota mi aveva spaventata a morte. “Scusami... non immaginavo la prendessi così male.” Rispose senza fare l'offeso, come era invece il suo solito, per la mia linguaccia lunga. Alla fine della discussione andammo assieme all'albero eterno. Era una quercia enorme che emanava un'energia tutta sua. Sembrava che in realtà la sua esistenza si svolgesse contemporaneamente nel nostro mondo ed in quello degli spiriti. Poggiai una mano sul suo tronco scuro e nodoso. Una sensazione di pace straordinaria pervase tutto il mio essere. Non appena feci un passo indietro per chiedere a Ben cosa si dovesse fare, un grosso ramo lungo quasi quanto me stessa, mi piombò addosso. Mi colpì dritto in testa ma non mi fece alcun male: la sua leggerezza mi lasciò completamente sorpresa. “Wow!” Annunciò sorridendo il mio accompagnatore “Hai praticamente superato la prova: sei stata accettata dalla magia di questo bosco. Ora che hai il tuo bastone, potrai finalmente esercitarti... anche se non ti consiglierei di usare il cortile di casa: il giardiniere potrebbe averne a male!” Scherzò strizzando un occhio.
Quanto tempo sarà passato da allora ? Saranno quasi diciassette anni. Ripensare alla me stessa del passato che muoveva i primi passi incerti nel mondo della magia mi fa sempre una certa tenerezza. Ora che io e mio marito lavoriamo come guaritori alla corte imperiale, mi sembra tutto così lontano, così irreale. So soltanto che se qualcuno all'epoca mi avesse predetto questo destino gli avrei riso in faccia per almeno un ora... certo ero proprio una testa matta.
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