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La prova filosofica dell’esistenza di Dio, secondo Anselmo d’Aosta

Creato il 16 luglio 2011 da Uccronline

La prova filosofica dell’esistenza di Dio, secondo Anselmo d’AostaProseguiamo nella serie delle “video-lezioni” sulle principali prove dell’esistenza di Dio elaborate da alcuni dei massimi filosofi della storia. Ieri ci siamo occupati di quella fornita da Aristotele.

Queste lezioni sono tenute dal Prof. Enrico Berti, docente di storia della filosofia all’Università di Padova, membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Institut International de Philosophie, della Société Européenne de Culture, della Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie, dell’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti e della Società filosofica italiana Dal 1983 al 1986 ha presieduto la Società filosofica italiana. Nel 1987 ha vinto il Premio dell’Associazione Internazionale “Federico Nietzsche” per la filosofia. La registrazione di questi video è avvenuta presso l’Istituto di Filosofia Applicata di Lugano nel 2009.

 

In questa seconda lezione il filosofo si concentra sulla prova elaborata da Anselmo d’Aosta (o di Canterbury).

 

 

Anselmo d’Aosta, monaco benedettino e poi arcivescovo di Canterbury, vive nel XII° secolo e basa la sua prova filosofica confutando la negazione di Dio. La espone nel Proslogion. E’ un argomento con un limite preciso (verrà criticato da Tommaso d’Aquino): dimostra efficacemente l’esistenza dell’Assoluto, ma non ne dimostra la trascendenza.

1) Negando Dio se ne ammette l’esistenza nella mente. Secondo Anselmo, l’insipiens (il non sapiente, lo stolto) dice “non c’è Dio”. Ma l’insipiens, per poter negare l’esistenza di Dio, deve avere una qualche idea di Dio nel suo intelletto, cioè deve dare un significato alla parola “Dio”, cioè “ciò di cui non si può pensare nulla di più grande”. Negandolo, ne ammette l’esistenza nella sua mente.

2) Dio non può esistere solo nella mente, altrimenti non sarebbe “ciò che è più grande”.. Se questa cosa “di cui non c’è n’è una maggiore” esiste solo nella mente, allora è una contraddizione, perché in realtà può esistere qualcosa di più grande e cioè che quella cosa esista anche nella realtà. Infatti, se oltre ad esistere solo nel mio intelletto, esiste anche nella realtà, questa che esiste anche nella realtà ha qualche cosa in più di quella che esiste solo nell’intelletto, è più grande. E allora se Dio è “ciò di cui non si può pensare nulla di più grande”, non può esistere solo nell’intelletto ma deve esistere anche nella realtà. Se esistesse solo nell’intelletto sarebbe contraddittorio, perché non sarebbe “ciò di cui si può pensare il maggiore”.

3) Obiezione: ci sono molte idee nel nostro intelletto che sono false. Ad Anselmo rispose un altro monaco, Gaulinone, che prese le parti dello “stolto” dicendo: non basta che un’idea sia nella nostra mente per far si che sia un’idea vera. Ad esempio, l’idea di un’isola più bella di tutte in mezzo ai mari, un’isola che supera tutte le altre terre abitate per abbondanza di beni, è comprensibile da tutti, dunque esiste nella nostra mente. Se non esistesse nella realtà non sarebbe più la più bella di tutte. Ma ciò non significa che esista veramente: non si può passare dall’idea all’essere.

4) Risposta: l’argomento vale solo per l’Assoluto. Anselmo risponde a Gaulinone nel Liber apologeticus, sostenendo che il suo esempio dell’Isola non è affatto calzante perché non è affatto paragonabile all’Assoluto, cioè per quanto bella sia non sarà mai “ciò di cui non si può pensare nulla di più grande”. L’argomento di Anselmo vale solo per una idea, cioè per quell’Ente del quale non si può pensare il maggiore. L’isola più bella o Babbo Natale non saranno mai “ciò di cui non si può pensare nulla di più grande”, altrimenti sarebbero Dio. In ogni caso un Assoluto c’è. Un altro esempio: ciò che è primo non può non esserci perché, o c’è solo lui e allora è primo perché non c’è nulla che venga prima di lui, oppure c’è qualcosa che viene prima di lui e allora lui non è il primo, ma sarà colui che viene prima di lui.


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