L’ubicazione di un centro urbano in un determinato luogo dipende da molteplici fattori, soprattutto geografici, in relazione alla vicinanza o meno di fonti di sostentamento. Canicattini, essendo l’ultima creazione di agglomerato urbano del nostro territorio, non poteva scegliersi nè il mare, nè la montagna, e neppure la pianura, e si sa chi tardi arriva male alloggia. Rimaneva un lembo di terra, tra Palazzolo e Siracusa, tra Floridia e Noto, e lì si sono insediati i nostri antenati. Di fatto non siamo nè carne e nè pesce, come si suol dire. Tuttavia questa nostra non essenza, che probabilmente si traduce da territoriale ad umana, non è soltanto portatrice di svantaggi. Chiaramente uno degli elementi che storicamente hanno determinato uno sviluppo monco della nostra città è l’eccessiva esiguità territoriale, nel senso che pur essendo il nostro un vero crocevia, come se ci trovassimo al centro di una rotonda, pertanto predisposta ad attrarre popolazioni limitrofi, l’impossibilità materiale, naturale, dell’assenza del territorio ci ha “costretto” ad un pressoché stabile sviluppo demografico.
L’essere pochi, relativamente pochi, meno di 7 mila, rappresenta un limite di natura culturale, dal quale non si può prescindere per una qualsivoglia analisi. Una comunità di tre, quattro mila abitanti, non può ambire ad uno sviluppo autonomo, per cui sceglie di gravitare nell’ambito di altri centri limitrofi. Invece un insediamento come il nostro può ambire ad uno sviluppo autonomo, ma trova il limite geografico dell’estensione, quindi l’impossibilità di uno sviluppo demografico, che sta alla base dello sviluppo complessivo. In questa, se vogliamo, precondizione, risiede tutto il nocciolo della questione culturale. In una comunità di esigue dimensioni, necessariamente sopravvivere vuol dire unirsi e vivere in una simbiosi, parimenti in una comunità dalle dimensioni superiori a 10-15 mila abitanti; questo vivere in simbiosi, avviene per gruppi numerosi di individui. Per cui in queste comunità è presente una rivalità, un campanilismo, una competizione tra gruppi, portatrice di sviluppo. In una città come la nostra la rivalità è individuale, la competizione si concretizza tra individui. É chiaro che la competizione individuale conduce, eventualmente, ma non sempre per altro, ad una emancipazione dei singoli e non dell’intera collettività, con la diretta conseguenza della stabilità. Se gli altri vanno avanti, tutto questo, si traduce, a lungo andare, in sottosviluppo.
Le condizioni date sono tante, ma non tutte sono assodate, una tra queste condizioni che non dipende dalla natura, a meno che non ci mettiamo a costruire grattacieli, quadruplicando la densità demografica, (potrebbe essere un’idea) è quella umana, l’unica che può essere modificata.
Ritengo che l’obiettivo deve essere quello di trasformare all’interno del nostro territorio la competizione, da prevalentemente o esclusivamente individuale a prioritariamente collettiva, di gruppi. In vero in questa direzione, soprattutto negli ultimi dieci anni, si è fatto parecchio, oggi l’associazionismo nella nostra comunità è cresciuto notevolmente, molte più associazioni nascono per esistere e resistere. In passato l’associazionismo era di scopo, per cui avendolo raggiunto, l’associazione cessava di esistere. Questo merito, oggettivamente va ascritto, al di là delle posizioni politiche, soprattutto a questa amministrazione ed al suo Sindaco. La vita associativa nel nostro Comune ha raggiunto condizioni ragguardevoli, e questo proliferare non è mai dovuto al caso, ma ad una precondizione politica.
Tuttavia, a costo di apparire ripetitivo, ed anche noioso, a questa politica occorre un ulteriore passo avanti, un vero salto di qualità. Proseguire nella strada intrapresa, cioè quella di agevolare queste forme organizzative, che tuttavia, per esprimere compiutamente questo eccezionale fermento culturale, necessitano di un altro elemento, la libertà di concretizzarsi al di fuori, o meglio all’esterno di qualsiasi quadro di riferimento politico, quindi in maniera assolutamente autonoma. Oggi tutto è riconducibile alla variabile “amministrazione“, a volte in prima, altre in ultima istanza.
Un altro elemento, per altro conseguenziale, anch’esso fondato su basi culturali, su cui possiamo incidere, riguarda il versante economico. Le varie amministrazioni del passato hanno individuato il nocciolo della questione, focalizzando il tema centrale di un possibile sviluppo economico, ma non sono mai riuscite ad assumere alcun provvedimento in tale direzione. Anche qui oggettivamente il nostro Sindaco sta tentando di inculcare nella città ed in quelle che ci circondano, che Canicattini può assumere la peculiarità di essere una sorte di paese albergo, equidistante da attrazioni turistiche uniche al mondo. C’è una progettualità, un disegno organico interessante, ed un tentativo chiaro di metterlo in pratica.
Anche in questa direzione, quest’amministrazione commette il solito errore di fondo, e cioè confondere progettualità e realizzazione del progetto, facendone un tutt’uno e soprattutto, avocare a se la pretesa, presuntuosa, di essere l’unica depositaria di competenza e capacità. Anche la città ha le sue espressioni, per realizzare questo progetto, l’amministrazione dovrebbe limitarsi solo alla fase progettuale, di indirizzo, ma poi deve essere proprio la città a realizzarlo.
Fino a quando questa amministrazione non uscirà dalla logica dell’essere l’unico elemento, l’assoluto, sprecherà tutti gli enormi ed encomiabili sforzi che sta compiendo per dare dignità alla nostra città. L’impressione che se ne trae è esprimibile con un sillogismo: il Sindaco, con un “megafono in movimento“ dichiara: “Ci avete eletto perché siamo i migliori, grazie, pensiamo a tutto noi, non vi scomodate se non per pagare le tasse”.
È solo un impressione?
La mia personale è che la nuova politica voluta dal Sindaco (e del gruppo regionale di cui fa parte) è proprio quella del megafono, che serve a comunicare. Loro decidono, loro parlano, loro si dividono le poltrone, loro sono i depositari dell’assoluto.
Il Megafono è uno strumento che comprende tutto il necessario (altoparlante microfono ed amplificatore), quindi, oltre c’è spazio solo per ascoltare. È vero la politica non era abituata neppure a parlare, ma allora la rivoluzione non continua, deve ancora iniziare.
Il megafono. Ascoltate gente, solo ascoltate.
Paolo Giardina
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