La quota blu – Specnaz

Creato il 01 giugno 2010 da Femminileplurale

Garantismo preterintenzionale

Dopo gli ultimi feroci agguati squadristi ai danni di omosessuali da parte di frange dell’estrema destra, apro una riflessione circa il luogo comune che intende l’omofobia, a fortiori nelle sue manifestazioni più cruente, quale sintomo di un’omosessualità latente e repressa.

Un’omosessualità latente e repressa non è la causa scatenante di alcuna violenza omofoba. Sotto l’egida dell’omofobia si presenta solo la pretestuosa occasione di esercitare violenza gratuita con tanta maggiore impunità quanto più questi atti siano diretti contro soggetti socialmente deboli, nella cui debolezza sociale si riflette il pregiudizio di un’opinione pubblica il cui silenzio suona come l’avallo a una malcelata tolleranza verso tali atti.

Né ci sono prove a conferma del fatto che un esponente dell’estrema destra omofoba sia ipso facto un omosessuale represso, né tanto meno è legittimo affermare che un omosessuale represso sia ipso facto uno squadrista. Questo non esclude certo che alcuni omosessuali repressi possano essere omofobi, ma non mi pare ci siano prove a suffragio di una maggiore incidenza di tale fenomeno nei movimenti di estrema destra rispetto a qualsiasi altro contenitore sociale.

L’argomento dell’omosessualità latente e repressa è una congettura da salotto che rivela la sua pericolosità nello spiegare e comprendere questi comportamenti quali reazioni a una supposta e ben precisa sofferenza psico-emotiva, nella visione poi di una tendenza naturale (involontaria) dei conseguenti atti (reazioni) di un individuo, rischiando quasi di fare del carnefice il soggetto debole, la vittima, piuttosto che porlo di fronte alle proprie azioni in quanto atti della cui piena responsabilità deve rispondere. Atti come aggressioni squadriste contro soggetti inermi non hanno alcuna giustificazione né danno luogo ad alcuna possibile comprensione, cosa che la tesi dell’omosessualità latente e repressa in qualche modo, paradossalmente, rischia di restituire loro.

La differenza specifica di un fascista, in generale, è solo la ricerca della vittima più comoda per sfogare la propria violenza, poiché un fascista è semplicemente violento essentia sua, ed è con questa condizione che bisogna misurarsi. Punto.

C’è una contraddizione di fondo che caratterizza ogni ideologia di destra e che ogni aderente ad essa, sia moderato che estremo, si trova a dover affrontare. Un socialista o un comunista sono tali perché sentono intrinsecamente giusto e morale esserlo. Quanti di voi e quante volte, alla domanda «perché sei di destra?», si sono sentiti rispondere col ritornello sui comunisti che sono così e colà, gli stranieri che vengono a rubarci il lavoro, ecc.? L’imbarazzo è di chi si trova a dover giustificare moralmente una Weltanschauung che pone a priori la legittimità della ricerca spasmodica dell’interesse e del vantaggio materiale e personale a scapito di quelli degli altri, Weltanschauung la quale, seppur certo con una predominanza sull’aspetto socio-economico, pervade poi ogni ambito della vita sociale.

È qui che, a mio modo di vedere, il dogmatismo ideologico-religioso esercita massimamente la sua azione di anestetico, non tanto quale oppio dei popoli di marxista memoria, ma, più subdolamente, nella spontaneità di una personale adesione dogmatica e irrazionale ai suoi valori (Dio, patria e famiglia) quale unico salvacondotto “morale”.

Le contraddizioni che si palesano nell’”imbarazzo” del moderato di destra esplodono e si sublimano, poi, nella violenza del fascista.

Questo amalgama acefalo di individui abbisogna di continuo foraggio per poter sostenere di fronte a sé l’assoluta inconsistenza e contraddittorietà dei valori cui afferma di far capo, e la violenza squadrista è, come detto, la sublimazione di tale coacervo di contraddizioni, espressione della debolezza umana di questi individui incapaci di autodeterminazione, morale e sociale, che non rientri nella logica del branco e nella comoda obbedienza cieca all’autorità. Non amo in modo particolare le congetture hegelianizzanti, tuttavia è innegabile come essi non siano in grado di autodeterminarsi se non sulla falsariga di una necessaria negazione del diverso. Anticapitalisti, antimperialisti, contro le coppie di fatto, antiabortisti e poi, immancabilmente Dio, patria e famiglia. Ed ecco autogenerarsi l’odio per il diverso in genere e, di conseguenza, quel piacere della violenza verso il “diverso” più debole, e quindi più attaccabile, che si rivela come la concreta espressione del loro intimo essere.

Un omosessuale represso non genera un fascista, né, tanto meno, l’omosessualità repressa spiega il possibile senso della violenza omofoba. Il garantismo in favore di tali soggetti, a volte preterintenzionale, come in questo caso, è l’espressione di una pusillanimità borghese che si troverà, di questo passo, prima o poi, ancora una volta, a rispondere della sua “tolleranza”, di fronte a una storia che ha già insegnato sull’argomento tutto ciò che poteva insegnare.

Che tutto quello che è stato scritto non suoni quindi come l’apologia del povero e insicuro fascista, perché la comoda spavalderia di un vigliacco non merita né comprensione né compassione né pietà. Mai.

Non sono malati né psicologicamente disturbati: sono fascisti.


Tagged: fascisti, milano, omofobia, omosessualità repressa, roma, violenza

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