Le mancava un pezzo. Una piccola imperfezione non pregiudicante il funzionamento generale,la rendeva però distante-di un frammento,di un brandello-dall’essere il disegno finito ed intero che la mano della genetica o del divino avevano progettato per tutti gli uomini.
Non sapeva di cosa,quella svista,l’avesse privata:la brama dell’uguaglianza la spinse a rubare dall’altrui perfezione,tentando di riempire quel vuoto dalla forma sconosciuta.
Rubò sorrisi,ampi,dolci ed amari. Li nascondeva tutti in tasca mentre nessuno guardava;allungava la mano,lesta,sull’autostima dai contorni eleganti che alcuni tenevano,noncuranti e sbadati,appesa al giudizio di altri.
Provò con la rabbia,ma le macchiò solo la pelle candida. Tentò con la pazienza,sfilò dalla borsa di qualcuno intelligenza e saggezza.
Scivolò sotto lenzuola non sue per rubare,con il favore del sonno,la forza intrecciata nei muscoli,le bugie addormentate sulle labbra,i sogni nei cassetti mai chiusi a chiave.
Immerse le mani in cuori che a lei si offrirono,scavando in ventricoli e atri vuoti di ciò che andava cercando;distrusse lembi,perse battiti senza nemmeno accorgersene.
Lunghe fila di barottoli di vetro riempivano le pareti di casa, feretri trasparenti di inservibili refurtive, lasciate alla lenta rovina del tempo. Ogni mattina i suoi occhi scorrevano veloci su quel cimitero di brandelli di vita,prima di uscire di casa alla ricerca della propria compiutezza nell’altrui completezza.
Passi svelti tra le vite che incrociava,un giorno s’accorse stupita che la sua mancanza non era più nè difetto nè eccezione.
Aveva reso tutti come lei,imperfetti ed infelici alla ricerca del proprio pezzo mancante.