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La ragazza della metro

Da Lundici @lundici_it

Quando penso alle affinità tra le persone non mi soffermo mai sulle origini delle stesse. In certi rapporti che prevedono un legame profondo ovviamente entrano in gioco sentimenti, interessi comuni oltre che rapporti di parentela.Con la ragazza degli scalini della metro non ho alcun legame tradizionale. La ragazza ed io abbiamo solo un legame di occhi.

La ragazza della metro
Sono mesi ormai che alle otto di ogni mattina la trovo lì. Non so quanti anni abbia, è una giovane donna silenziosa. Non so nulla di lei anche se la sua persona dice molto. La trovo ferma, in piedi, pronuncia solo due parole “Buongiorno bella!”. Non chiede nulla.

Come spesso mi accade mi soffermo a pensare a cosa vuol dire lasciare il proprio paese per chi cerca un po’ di pace e un po’ di cibo, ma la sconosciuta mi concede di pensare, per una volta, al viaggio di ritorno.

Una delle tante mattine tutte uguali, come se mi aspettasse, come se non vedesse l’ora di raccontare a qualcuno la sua novità, la sua possibilità, alle solite parole aggiunge: “Vado a casa, torno dal mio bambino”.
Ecco, senza pensarci troppo, come se la mia vita fosse la sua, i suoi occhi pieni di gioia e lacrime diventano i miei.

L’empatia è una magia. L’empatia è un viaggio. Superare dei confini riempie di valore il passaggio che l’uomo compie tra varie dimensioni. I confini vanno intesi soprattutto nella loro funzione di demarcazione tra le diversità sociali, territoriali e culturali. La rappresentazione mentale del viaggio è sovrapponibile al concetto di percorso.

La ragazza della metro il suo percorso ce l’ha sulla pelle, negli occhi, nelle mani. Gli occhi liquidi raccontano di un’identità persa e ritrovata allo stesso tempo. Il suo è un viaggio di ritorno.  Un viaggio di ritorno ha più bagagli. Porta con sé una parte che non c’era. Una parte di noi che a volte non sappiamo di avere acquisito.

Tornerà dal suo bambino e non sarà la stessa mamma che ha lasciato il suo Paese alla ricerca di una possibilità. Tornerà dal suo bambino e tra tanto dolore, degrado, povertà, gli parlerà di alcune persone che l’hanno aiutata, che le hanno sorriso, che le hanno regalato uno sguardo.

La ragazza della metro
Chissà magari gli parlerà di me. Mi piace pensare che lo farà. Io e lei siamo due viaggiatrici. Diverse.  La storia di ognuno vive tra le storie degli altri.

“Ti auguro tutta la felicità che meriti” le dico e so che mi mancherà, come mancano le certezze che crollano. So che tra i volti assenti che incontro ogni mattina lei mancherà, lei che non corre, lei presente e allo stesso tempo già in viaggio.

“Prego per te” risponde, come se sapesse che ne ho bisogno, come se vedesse cose che altri non vedono.
Ora la immagino a casa e so che starà meglio. Deve stare meglio. Probabilmente non la vedrò più. Il viaggio è quello che ricevi.  Il viaggio è quello che lasci. E nulla è più come prima.

La ragazza della metro
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