Pelmo
Mi è sempre piaciuto osservare le nuvole e immaginare che cosa mi ricorda la loro forma. Ne vedo di grosse e spumose, che mi ricordano montagne di panna montata, oppure, quando soprattutto spira forte il vento, le nuvole si allungano assumendo forme svariate: drago, cane, mostro, spirale... Le nuvole, proprio per la loro essenza "leggera" ben si prestano a questo "gioco", ma ogni tanto mi piace immaginare che anche le cose più fisse e solide possano ricordarmi qualcosa.Ad esempio, il monte Pelmo, nelle Dolomiti venete, viene spesso chiamato "El caregon del Padreterno" (la sedia del Padreterno), perchè la sua forma ricorderebbe, appunto, una grossa sedia. C'è però anche chi vede nella sua sagoma una uomo addormentato.
Ci sono poi altre vette che cambiano forma a seconda del punto di osservazione: nella foto qui a fianco, vedete due diverse prospettive di Cima Undici e di Cima Dodici: la prima foto è stata scattata da 1320 metri, dalla vallata nella quale mi trovavo, mentre la foto più in basso è stata scattata da 2200 metri circa, quando mi sono recata sulla cima di un vulcano (spento) per ammirare il panorama superbo della Val di Fassa da questo punto d'osservazione davvero particolare.
Le cime sono le stesse, eppure, sembra di osservare tutt'altre montagne. Osservazione ovvia, diranno molti dei miei lettori, ma è pur sempre qualcosa di curioso.
E poi, ovviamente, il panorama cambia radicalmente, diventando letteralmente mozzafiato, se l'osservatore si trova a volteggiare sopra quelle vette, a bordo d'un parapendio, e da quella posizione vede cose che, senza retorica, ai comuni mortali spesso è precluso.
Talvolta, anche le pietre che costituiscono le nostre montagne assumono una forma molto particolare, e si può per esempio scorgere una sagoma di un piede, una serie di strisce, un volto incastonato nella roccia...sì, proprio così, perchè la leggenda di cui parlo ora proprio di questo tratta: di una giovane donna imprigionata nella roccia.
Val San Nicolò
Ai piedi del vulcano spento Buffaure si stende un'ampia vallata, punteggiata di fienili, tobià ed eleganti chalet. Più a nord, adagiata ai piedi dell'immensa parete verticale della Marmolada, si trova la valle di Contrín, che è simile per struttura alla Val San Nicolò, con torrenti e cascatelle, ma è nota soprattutto per la leggenda che parla delle tristi vicende di Conturina, splendida fanciulla vittima della propria bellezza e dell'odio della matrigna.La matrigna di Conturina era una nobile padrona di un castello e madre di due brutte ragazze. Un po' come Cenerentola e le brute sorelle Anastasia e Genoveffa, ma in questa storia non aspettatevi di incontrare né principi azzurri nè scarpette di cristallo da far indossare. Molti giovani principi e cavalieri venivano in visita al castello: tutti ammiravano Conturina e nessuno guardava le altre due sorelle, che erano quindi molto gelose e invidiose. La castellana, indispettita di veder le sue figlie sempre trascurate in favore della bella Conturina, ordinò alla ragazza di non pronunciare piú una parola in presenza degli ospiti, e di restare sempre in silenzio e con gli occhi bassi. E se qualcuno avesse chiesto il perchè di quel comportamento, avrebbe detto che Conturina era muta e stupida. Ma principi e cavalieri continuarono ad ammirare Conturina, e Conturina soltanto.
Allora la matrigna ordinò che, quando vi fossero ospiti in casa, Conturina restasse non solo in silenzio, ma anche immobile. E disse a tutti che la figliastra era stupida, muta e per giunta paralitica. Ma i giovani visitatori ammirarono anche cosí la fanciulla bellissima.
La castellana, furente, mandò a chiamare una strega, decisa una volta per tutte a liberarsi della scomoda presenza di Conturina. La strega che era anche lei invidiosa della bellezza di Conturina, con un potente incantesimo trasformò la fanciulla in pietra. La statua venne posizionata dalla matrigna in mezzo al giardino, ma anche così tutti i principi e i cavalieri che giungevano al castello s'innamorarono della statua ed ebbero sguardi soltanto per lei. La matrigna diede ordine che la fanciulla trasformata in pietra fosse trasportata sopra l'altissima rupe che domina il Passo di Ombretta, e che venisse infitta nella roccia e abbandonata lassù, in balia delle intemperie. E cosí fu fatto.
Passarano i mesi, poi gli anni, e nessuno sapeva dove fosse andata a finire la povera Conturina. La matrigna disse che la ragazza se n'era andata lontano, e dopo tanto tempo, quasi nessuno si ricordò più di lei, e la sua storia divenne un ricordo sfocato.... Ma dopo alcuni anni fra i pastori si cominciò a vociferare che nella solitudine di Valle Ombretta qualche volta si udisse un canto di donna. Una notte un giovane soldato, che faceva la sentinella sul Passo, nel silenzio profondo riuscì a comprendere anche le parole del canto, nel quale Conturina raccontava la sua storia. Il soldato le gridò che allo spuntar del giorno si sarebbe arrampicato fino a lei, per liberarla. Conturina però gli rispose che era troppo tardi, poichè solo nei primi sette anni di prigionia la sua liberazione sarebbe stata possibile, ma alla fine del settimo anno l'incantesimo si era fatto ormai insolubile e nessuna forza umana avrebbe potuto staccarla da quella rupe, dove era suo destino rimanere per sempre.
Ancor oggi, passando per quel deserto di rocce che è la Valle Ombretta, specialmente di sera, si ode ancora il mesto canto della povera Conturina. La sua statua è ancora nascosta tra quelle rocce, da qualche parte, ma nessuno sa trovarla...
Questa leggenda è ricordata in particolar modo dalle rest eleris, le ragazze che rastrellano il fieno. Queste, lavorando nei campi, sono solite cantare la canzone di Conturina. Oggi la canzone è quasi tutta perduta e una sola strofa ne sopravvive:
Son de sass e non me meve, son de crepa en Marmoleda, son na ha arbandoneda e no se per che resòn.