Ma è il solito copione che tutti i grandi scandali raccontano. La ragnatela del potere in Italia.
L'ultimo,la nuova P2 scoperta dall'inchiesta sull'eolico in Sardegna.
Flavio Carboni, Marcello Dell'utri, Denis Verdini, le telefonate per quel giudice alla corte d'appello di Milano.
Le pressioni sulla Corte Costituzionale per il lodo Alfano.
Le pressioni al CSM (e le telefonate a Mancino), per la nomina del giudice Marra alla corte d'appello di Milano (proprio la dove si celebrano i processi di Berlusconi).
Le telefonate al presidente della Cassazione Carbone, per la decisione sul ricorso di Cosentino.
Il dossier per danneggiare l'immagine del neogovernatore Caldoro (PDL), organizzata per favorire la candidatura del sottosegretario Cosentino (PDL).
Poi gli incontri cui hanno partecipato sottosegretari alla giustizia (Giacomo Caliendo), ex presidenti di Cassazione oggi funzionari dello stato (Antonio Martone), il capo degli ispettori del ministero Arcibaldo Miller, politici (Denis Verdini): per pm Capaldo, la riunione del 23 ottobre riguardava la conta dei voti favorevoli per il lodo Alfano.
Carboni (arrestato assieme a Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino) era in rapporti con esponenti del partito di maggioranza: ma aveva già avuto rapporti con Berlusconi all'inizio degli anni 80 per l'operazione immobiliare in Sardegna Olbia 2. Compagni dell'impresa di allora, Romano Comincioli e Flavio Carboni, appunto. E anche alcuni politici locali, come Armando Corona, padre di Ketty, l'attuale assessore della giunta Cappellacci.
Ma quanto emerso dalle inchieste di Luigi de Magistris in Calabria (Why Not, Poseidone), non assomigliava alla stessa tela del ragno? Magistrati, politici locali e nazionali, alcuni persino col grembiulino massonico in casa, ex governatori di regione (ne parla diffusamente Gioacchino Genchi nel suo enorme libro).
Giancarlo Elia Valori, Luigi Bisignani, Giovanbattista Papello, Giuseppe Chiaravallotti, il generale Walter Cretella Lombardi.
E tutte quelle telefonate gli indagati di De Magistris e alcuni pm che su questi dovevano indagare; tra indagati e ufficiali della Guardia di Finanza.
Si scopre che l'Italia è un paese stretto e lungo, nel quale spesso, nelle indagini giudiziarie ci si imbatte nelle stesse persone: Valerio Carducci della Gia.Fi. (ha vinto un appalto alla Maddalena, affidatogli dalla Protezione civile di Bertolaso) è lo stesso imprenditore finito nell'inchiesta di Luigi De Magistris nel fascicolo sulle opere finanziate con soldi pubblici.
Gioacchino Genchi si era concentrato sui rapporti tra l'allora ministro Mastella, il generale della Gdf Paolo Poletti, l'imprenditore Antonio Saladino (vicino alla Compagnia delle Opere, la m di monsignore ..) e appunto Valerio Carducci.
Nel libro “La colata” Ferruccio Sansa (uno degli autori) riferendosi alla Sardegna, scrive che qui si governa con le tre M: mattone, media e monsignore. Non sempre m = monsignor Sepe, finito nell'inchiesta su Propaganda Fide e le case per politici e vip, in cambio di appalti con soldi dello stato.
Delle tre, la M dei media è oggi la più importante: con la scomparsa degli editori puri e l'ingresso degli imprenditori, spesso proprio costruttori nel mondo dei giornali, il gioco si chiude.
Chi le racconta più, le ragnatele del potere italiano, se non pochi giornalisti coraggiosi?
Scorrendo la lista degli editori si scoprono cose interessanti.
Sempra da “La colata”: “Il tempo è di proprietà di Domenico Bonifaci che a Porto San Paolo vuole realizzare il progetto inviso da Soru. C'è poi La Sardegna del gruppo E polis, ceduto dal fondatore Niki Grauso ad una cordata cui faceva parte anche Marcello Dell'Utri (poi uscito dalla compagine)[]. Soprattutto ci sono L'Unione Sarda, l'emittente televisiva Videolina Tcs e la Radiolina []. Il proprietario della corazzata informativa sarda è Sergio Zuncheddu (che comprò l'Unione Sarda per circa 100 milioni da Niki Grauso ed è anche tra i fondatori de Il Foglio di Giuliano Ferrara)”.
Poi ci sono i Caltagirone, i costruttori di Roma: dopo Il messaggero di Roma, Il mattino di Napoli e Leggo (il quotidiano gratuito), si sono garantiti anche il controllo del Gazzettino, il quotidiano veneto. E poi appunto Epolis.
Il corriere della sera, di Milano, vede nel suo cda imprenditori come Ligresti, Tronchetti, Geronzi.
Il controllo dei media che va di pari passo al controllo dell'informazione televisiva: sabato, il giorno dopo dunque lo sciopero dei giornalisti, il TG1 delle 13.30 di sabato apriva con le parole rassicuranti del premier ai circoli della Brambilla, su ripresa, crescita del pil e fine della crisi.
La legge bavaglio che è “sacrosanta” (e di riflesso il diritto all'informazione che non è un diritto assoluto), perfino il congresso del nuovo PSI (riformista, cosa vorrà dire non si sa).
Un altro servizio dedicato alle esercitazioni degli Eurofighter in Sardegna (guarda caso): poverini, per la crisi ne hanno prodotti solo 90 sui 120 ordinati.
Non una parola sui 3700 licenziamenti di Telecom, degli arresti dei manager di Eutelia (e Samuele Landi rimane latitante a Dubai), dell'inchiesta sui vertici di Finmeccanica legata al caso Fastweb Di Girolamo.
Leggo questa mattina i giornali del presidente: tre pirla (libero).. bufale giudiziarie (il giornale) .. si cerca di minimizzare, sostenendo che le eventuali pressioni non hanno prodotto nulla. Forse: ma le pressioni ci sono state. E le cronache fanno pensare male: quanti altri casi di pressioni su giudici, o di dossier usati per screditare, ci sono stati e non ne sappiamo nulla?
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