Capita a volte di imbattersi in personaggi dall’aura travolgente e magica che hanno vissuto quasi come da protagonisti di libri fantastici, se non fosse per le tracce reali e tangibili che lascia il loro passaggio.
Cosa ha a che fare uno dei primi karateki e judoki italiani con il mondo della vela e soprattutto con Napoli?
Mare dentro incontra Beppe Panada, bresciano, classe ’42.
Panada è ricordato per aver diffuso lo sport del karate e del judo sul territorio nazionale, soprattutto in Campania, collaborando alla stesura della prima Enciclopedia italiana sul karate.
Ma accanto a questa sua passione per le arti marziali che lo legano a doppio filo alla città di Napoli, Panada è stato anche un velista.
Nel 1979 nei cantieri CARIMA di Napoli, Panada curò il progetto della Princess, una goletta conosciuta meglio come “Viva Napoli”, con la quale partecipò nel 1980 alla Ostar, una regata transatlantica in solitario, partendo da Plymouth in Inghilterra fino a Newport negli Stati Uniti.
Tra il 1981 ed il 1982 Panada con Viva Napoli si cimentò anche nella “Whitbread”, competizione intorno al mondo in equipaggio.
Quest’ultima regata non fu esente da ripercussioni politiche. Correvano gli anni dell’apartheid in Sud Africa e gli organizzatori della regata erano stati messi sotto pressione per rimuovere Cape Town dal percorso, ma la tappa rimase. A largo delle coste dell’Angola però Viva Napoli venne bloccata nelle acque territoriali da ufficiali locali e tutto l’equipaggio, tra cui anche Panada ,venne posto sotto arresto, poiché a causa dei visti sudafricani sui loro passaporti furono ritenuti spie.
Mentre gli ufficiali sparavano coi fucili in aria, Panada gettò uno degli ufficiali fuori bordo.
Probabilmente Panada sapeva di avere ragione e soprattutto si doveva essere reso conto del sopruso che stavano subendo.
L’equipaggio del Viva Napoli fu tenuto in fermo 7 giorni a Luanda perdendo la possibilità di competere nella leg 1 e 2 della regata.
In seguito, nel 1986 Panada partecipò alla TWOSTAR insieme allo skipper Roberto Kramar, sulla barca Belucchi.
Una regata sfortunatissima per la vela italiana. In quell’estate infatti la Belucchi naufragò e Kramar e Panada non furono mai ritrovati vivi. Ben dieci anni dopo il naufragio, nelle aule del tribunale, fu dimostrato dai legali delle famiglie dei dispersi, che fu un difetto di costruzione sulla Belucchi che provocò il distaccamento del bulbo dalla carena, causando il naufragio e non una svista dello skipper..
Molti ricordarono la tempra forte e determinata di Panada anche sul territorio campano e nelle parole di Cesare Baldini ci piace ricordarlo così: “Ovunque fosse nato ed in qualsiasi epoca, sarebbe stato un Guerriero ed un Capo”.
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