La regina dei cupcakes è il primo romanzo di Elisa Della Scala. Ambientato prima in un paesino dell’agro pontino e poi nella caotica Londra, racconta la storia di Antonio, un ragioniere ormai settantenne. Cinico, poco incline ai rapporti umani e pieno di rancore verso la vita, il protagonista ha dovuto rinunciare ai suoi sogni di botanica per dedicarsi alla storica attività di famiglia, lo studio Commercialista Esposito. Tutto per colpa di una promessa strappatagli da suo padre in punto di morte. La vita grigia fatta solo di scartoffie e numeri viene interrotta dalla telefonata di sua figlia Viola, partita per Londra dieci anni prima e mai ritornata. Antonio è costretto a correre al capezzale di sua moglie Margaret, ricoverata in ospedale a causa di un incidente. Anche lei l’ha abbandonato molti anni fa, tornandosene nel suo paese di origine. Sarà per questo che Antonio odia profondamente quella metropoli troppo fredda e piovosa. Eppure questo viaggio, sarà per lui l’inizio di un grande cambiamento.
Scritto in terza persona e al passato, il romanzo si legge facilmente, è scorrevole, incuriosisce e non annoia. Mi sono affezionata al protagonista, una sorta di “Signor Scrooge” italiano, incarognito dai suoi errori e perseguitato ormai da un destino ostile.
Quello che non mi convince però è la prosa. Nel racconto alcuni attributi e modi di dire si ripetono troppo spesso, il linguaggio a volte appare scarno, la scrittura sembra frettolosa. Non c’è grande variazione, dall’inizio alla fine gli aggettivi usati per descrivere i personaggi non cambiano. Ad esempio, per il protagonista, l’unico aggettivo usato è “stizzito”. È stizzito quando parla, quando si rivolge a qualcuno, quando cammina. La segretaria del suo ufficio invece viene continuamente etichettata “una bovina”; questa descrizione purtroppo non riesce a dare un’immagine adeguata al personaggio, non sono riuscita a vederla compiere i suoi gesti come spesso succede quando leggo un libro. Ecco, è proprio questo che mi è mancato, un dettaglio, un particolare di ogni personaggio che potesse farmelo materializzare davanti agli occhi. Personalmente, lo trovo un elemento importante in un romanzo. Anche l’ambientazione londinese non rende giustizia al luogo. La metropoli è asettica, priva di elementi precisi e forti che catapultino il lettore direttamente lì, sul posto. Se non fosse per i luoghi famosi come Victoria Station, Piccadilly Circus e National Gallery Museum, potrebbe essere una città qualunque.
E poi, il titolo promettente ha deluso un po’ le mie aspettative. Pensavo di leggere di una pasticcera che prepara dolci deliziosi, immaginavo descrizioni di cucina, di odori caldi e inebrianti che scaldano il cuore, di torte ricoperte di pasta di zucchero e soffici muffins. Purtroppo non ho trovato nulla di tutto questo.
Tuttavia, qualcosa di questa storia colpisce. Il libro si apre con la Lettera di Epicuro sulla felicità. Il filosofo spiega l’importanza di questo sentimento per l’anima. La felicità non ha scadenza, può arrivare in qualunque momento della vita, anche quando si pensa che sia troppo tardi. Abbiamo una sola vita a disposizione, per questo abbiamo il diritto ma ancora di più il dovere verso noi stessi di essere felici. L’autrice si è concentrata quindi sul messaggio da comunicare al lettore. Il romanzo infatti è un invito continuo a coltivare i propri sogni, a non abbandonarli mai e una volta presa la strada, non voltarsi indietro, “nemmeno per prendere la rincorsa” come dice a un certo punto un personaggio nel racconto.
Di sicuro il libro ha un effetto “terapeutico”. Dopo averlo letto vien voglia di riprendere a fare quello che ci fa stare bene e che avevamo accantonato.
Elisa Della Scala, La regina dei cupcakes