I Monologhi di Sana – Rubrica
Felice Beltane a tutt* voi!
Possano i vostri cuori risplendere sotto i fuochi di mezzanotte.
Non tutto quel che è oro brilla
né gli erranti son perduti
il vecchio che è forte non s’aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
l’ombra sprigionerà una scintilla.
Nuova la lama ora rotta e
re quei ch’è senza corona.
( J. R.R. Tolkien)
Era appena fanciulla
la prima volta che
indossò i panni della Regina.
Vestiva di pelli e aveva
la corona turrita
della Vita e della Morte.[1]
Suonarono i tamburi sotto la luna
mentre l’incantesimo
percorreva la notte.
Gli amanti s’amarono
al suo comando
e i guerrieri caddero tutti
ai suoi piedi.
Ne scelse uno
e accese i fuochi di mezzanotte.
Benedetta la terra sulla quale cammina,
benedetta la luna del suo ventre,
benedetta la luna nera del riposo.[2]
Sulle sponde di un mare lontano,
dorato di sole, la trasportò il destino.
Ma fu con la luna
che si vestì di sale.
Chiamò il potere e pronunciò
l’incantamento senza parole.
Vento e acqua scintillarono di forza;
scelse l’uomo gitano
per invocare la tempesta.
Benedetta la terra sulla quale cammina,
benedetta la luna del suo ventre,
benedetta la luna nera del riposo.
Ma fu la donna a piangere
lacrime di sangue
che inondarono i campi
e insterilirono la terra.
Fu la Dea dell’odio
a scagliare la maledizione
contro il mortale che tentò di dominarla.
Rinunciò alla Vista
e fuggì a piedi nudi.
Tra le macerie del mondo,
sulla linea della via di Carnac, [3]
raccontò di essere solo una donna,
ma vestiva di pelli e lo sguardo non poteva mentire.
I guerrieri vennero tutti a porgerle omaggio,
ma sotto la luna fu il più giovane di loro
a cadere in ginocchio ai suoi piedi;
le offrì la sua spada e disse:
“Credo ai vecchi Dei e tu sei la mia Regina,
invoca il potere e salvaci dalla Morte.
Benedetta la terra sulla quale cammini,
benedetta la luna del tuo ventre,
benedetta la luna nera del riposo.”
Si ammantò di stelle e chiamò il potere;
Il vento nel suo ventre e il fuoco nel guerriero
portarono un prodigio nel cielo.
Aprì le braccia e l’estasi benedì il mondo.
Tra le macerie, sulla via per Carnac,
rinacque la Vita, e tutti lo avvertirono.
Benedetta la terra sulla quale cammina,
benedetta la luna del suo ventre,
benedetta la luna nera del riposo.
All’alba i fuochi languivano
e i guerrieri dormivano
stremati dalla notte di magia.
Camminò tra loro incappucciata,
ma il guerriero era in piedi
alle pendici dell’albero.
“Dove fuggi mia Regina?
Il tuo posto è tra noi.”
Riflessa nei suoi occhi di specchio, vide il potere.
“Appartengo al vento e al bosco,
e nessun mortale mi potrà possedere.
In te vedo il potere dei vecchi Dei,
ma io sono Fanciulla, Madre e Vecchia.”[4]
Il guerriero si inginocchiò reverente:
“la mia spada è tua.”
“Allora erra, per un anno intero e un giorno,
e porta nel mondo la mia benedizione.
Al tempo dei fuochi ti incontrerò di nuovo,
sulla sacra via per Carnac.”
Benedetta la terra sulla quale cammina,
benedetta la luna del suo ventre,
benedetta la luna nera del riposo.
Il guerriero mantenne la parola
portò le benedizioni dei vecchi Dei
ai popoli tutti, dal sud al nord.
E al tempo dei fuochi, sulla via per Carnac,
incontrò una regina guerriera.
Vestiva di pelli e aveva la corona turrita della Vita e della Morte.
Gli prese la mano e lo baciò sulla fronte
aprendo la Vista a chi non l’aveva.[5]
Il guerriero tremò,
poiché non c’è coraggio che basti
per guardare in fondo al calderone di Ceridwen. [6]
Fuggì nei boschi,
folle di terrore.
Ma costruì altari di sassi e fiori
alla Regina della brava gente.[7]
Benedetta la terra sulla quale cammina,
benedetta la luna del suo ventre,
benedetta la luna nera del riposo.
Sorse un regno e per tutti i ruscelli
spiriti dell’acqua portarono notizia
che una Regina guerriera era sorta di nuovo.
Correva col lupo, invocava il potere
e aveva
piedi scalzi.
In tutti i boschi risuonò il sussurro
della brava gente:
la Regina cercava un guerriero
che s’era reso folle e viveva da bestia. [8]
Per un anno intero e un giorno lei attese invano.
Sotto il cielo di piombo chiamò a raccolta un esercito
tutti i guerrieri si inginocchiarono
e offrirono la lama per essere fatti campioni.
Ma lei, li rifiutò tutti.
“Voglio il giovane che incontrai alle rovine”,
disse terribile.
“Ho sognato a lungo durante il freddo inverno
e so che lui sarà al mio fianco quando
entrerò a Carnac.”
Allungò una mano e i tamburi dell’oltretomba suonarono
dai costoni di roccia.
Sventolò all’orizzonte il vessillo di un cavaliere:
recava l’emblema della falce di luna[9]
e posto sul capo l’elmo del lupo.
Si inginocchiò e depose la lama ai piedi della sua Regina.
Benedetta la terra sulla quale cammina,
benedetta la luna del suo ventre,
benedetta la luna nera del riposo.
La Regina baciò sulle labbra il Cavaliere della via per Carnac.
“Marceremo stanotte e per molti giorni a venire,
i nostri eserciti invaderanno tutta la terra,
i tamburi suoneranno terribili
e geleranno il cuore degli uomini malvagi,
distruggeremo le ombre e le catene
del ferro e del vapore
che fecero schiavi gli uomini.
Al nostro fianco saranno i lupi e le lamie.
Ti ho scelto tra tutti per amministrare gli eserciti e il mio volere
ma né tu né io fuggiremo la battaglia.”
Il guerriero chinò il capo,
rispose solo “così sia.”.
Benedetta la terra sulla quale cammina,
benedetta la luna del suo ventre,
benedetta la luna nera del riposo.
Un esercito di folli si scagliò contro gli
Dei degli schiavi e del Ferro.
Terribile e crudele, la Regina che correva coi lupi
mangiò i cuori dei propri nemici, bevve il loro sangue
e liberò tutti gli uomini incontrati lungo la via per Carnac.
Alle soglie dell’estate entrò nella città,
il guerriero cavalcava al suo fianco,
alle loro spalle un esercito sterminato di uomini liberi.
Accese i fuochi di mezzanotte,
fuochi dalle fiamme talmente alte
che in ogni angolo di mondo i bugiardi tremarono nelle loro torri.
Urlò agli uomini e alle donne di riprendersi ciò che nessuno aveva diritto togliergli,
la loro libertà.
Si dipinse il corpo con pitture tribali e cavalcò verso le rovine.
Il gitano la attendeva al cerchio di pietre,
la minacciò con la lama ricurva.
Il guerriero si schierò in difesa della sua Signora,
ma lei lo allontanò.
Parlò al gitano:
“Sciocco tu, che uccidesti una donna
ma ora combatti una Regina.”
Chiese al guerriero: “Credi in me, piccolo uomo?”
Il guerriero si inginocchiò e disse solo:
“Seguirò ovunque la mia Regina.
Benedetta la terra sulla quale cammina,
benedetta la luna del suo ventre,
benedetta la luna nera del riposo.”
Il fulmine squarciò il ventre del mondo
e su tutta la terra si abbatté la tempesta.
A Carnac esplose il potere
che sconquassò il cerchio di pietre.
E ovunque seppero
che la Regina non era caduta.
Per questo: tremate, Signori del Ferro e degli schiavi,
rinchiusi nelle vostre torri di pietra,
la Regina di Carnac
marcia con un esercito di uomini liberi
che fa tremare la terra al suo passaggio
e sta venendo a prendersi i vostri cuori.
[1]: riferimento alla Dea etrusca Turan, signora e guerriera, descritta spesso con in capo una corona turrita; e alla Dea Madre della mitologia celtica, entrambe portano in sé l’ambivalenza di nascita e morte, distruzione e ricostruzione.
[2]: riferimento alla mitologia celtica che identificava il tempo degli incantesimi e della fertilità con la luna piena, e quello del riposo con la luna nera (o luna nuova).
[3]: Carnac si trova in Bretagna, è il complesso di megaliti più grande e antico d’Europa; secondo la leggenda alcune linee di potere congiungono con una retta alcuni importanti luoghi di culto, da sempre considerati sacri (per esempio la linea di San Michele che unisce l’Irlanda alla Syria passando da Carnac, Mont Saint Michelle in Francia, la Sagra di S. Michele in Val Susa e l’Abbazia di Monte Sant’Angelo in Puglia). Carnac è l’unica località in Europa in cui si incrociano più linee di potere.
[4]: riferimento alla triade presente nella mitologia celtica: la Fanciulla Vergine del principio della vita, la Madre della maturità e la Vecchia della morte.
[5]:si dice che le sacerdotesse della Dea Madre potessero donare momentaneamente la Vista a chi non fosse iniziato ai misteri, posando un bacio o alitando tra gli occhi, cioè in corrispondenza del sesto chakra (o terzo occhio).
[6]: personaggio della mitologia gallese, si dice possedesse il calderone dell’ispirazione poetica; divorò il suo servo Gwion Bach, che attraverso di lei rinacque come il poeta e mago Taliesin. É anche il nome di una delle manifestazioni della Dea Madre, posseditrice del Calderone Universale, all’interno del quale si mescolano tutte le possibilità di passato, presente e futuro, nonché la distruzione e la nascita dell’universo.
[7]:è in uso nei paesi a matrice celtica (in particolare Irlanda e Scozia) riferirsi al popolo fatato come “brava gente” o “buon popolo” per evitare di inimicarsi le suscettibili creature.
[8]: come, nel poema arturiano, capita a Lancillotto, che dopo aver avuto una visione del Graal/Calderone di Ceridwen impazzisce e vaga per i boschi vivendo come un animale.
[9]: la falce di luna, simbolo delle sacerdotesse dell’isola sacra di Avalon e della Dea Madre.