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La Regione fa l’uomo ladro

Creato il 24 settembre 2012 da Albertocapece

La Regione fa l’uomo ladroLicia Satirico per il Simplicissimus

Negli ultimi giorni, due fugaci puntate del Laziogate hanno rivelato molto più di una semplice faccia bronzea: siamo di fronte a un’inconsapevolezza simulata e rapinosa, a un sistema partitico ormai incapace di distinguere tra privato e pubblico, ad organi politici privi di difese immunitarie per la sindrome da Pdl acquisito.
L’episodio più recente riguarda le dichiarazioni di Franco Fiorito durante la trasmissione televisiva “In Onda”: «non sono un ladro, non mi sento un ladro e non si scoprirà che lo sono». Insomma, l’unica colpa di Fiorito è stata quella di aver gestito leggiadramente ingenti somme di denaro, ma senza cattiveria: lo disegnano così, come Jessica Rabbit. A prescindere dall’accertamento futuro delle responsabilità penali per fatti non proprio interiori, colpisce che Fiorito esterni il non percepirsi soggettivamente come ladro. È una frase che rivela un mondo: negli ultimi vent’anni il parlamento italiano si è preoccupato di ratificare con leggi ad hoc l’atteggiamento intimo di chi non si sentiva corruttore, non si giudicava responsabile, non si valutava idealmente colpevole a dispetto dell’ostinata persecuzione della magistratura reale. È, ancora una volta, la hybris di una classe politica che è riuscita a piegare il Paese alla propria concezione personale dell’illecito, creando per sé uno statuto di impunità assai diverso da quello dei comuni mortali: quelli a cui si promettevano meno tasse per tutti e i nuovi miracoli italiani.

Delle due l’una: o Fiorito è realmente convinto di non aver fatto nulla di grave, e allora siamo di fronte all’inumazione trimalcionica dell’etica weberiana, o pensa di poter convincere noi con la stessa potenza del suo ment(it)ore politico. Il dilemma è solo apparente: er Batman precisa freudianamente che non riusciremo a scoprire che è ladro, non che scopriremo che non lo è. Perché, anche quando non ci si sente ladri, è meglio avere le opportune pezze d’appoggio per non incappare in antipatici dissidi tra Sein e Sollen.

Il secondo episodio ha carattere antropologico e riguarda il comportamento inquieto di Renata Polverini, che annuncia le dimissioni e si tormenta infliggendosi lunghi incontri con Monti e con Alfano, ma non si dimette. La presidente della Regione Lazio, dopo aver precisato il costo e la provenienza lecita del suo abito, ha paragonato la corruzione al tumore che le è stato estirpato dalla gola: questo non è bastato, come si sa, ad estirparla dalla poltrona. Si è dichiarata inorridita dagli sprechi e ne ha parlato come se fossero accaduti in un’altra dimensione spazio-temporale, in un altro consiglio regionale, in un’altra vita. Ora attende gli eventi e le mozioni di sfiducia.
Siamo sin troppo abituati ai politici che si cospargono il capo di cenere e annunciano rigore, contrizione e ricerca dei responsabili. Soprattutto siamo rassegnati alla categoria degli ignari, sempre pronti a declinare qualunque tipo di complicità in fatti che sarebbero stati perpetrati sotto i loro occhi da ignoti filibustieri. Non eravamo ancora pronti, però, all’autocommiserazione strumentale, al paragone pietistico e oltraggioso tra corruzione e neoplasia, all’associazione tra la propria sofferenza personale e la necessità di contrastare l’uso improprio di denaro pubblico. Il tutto si traduce, a sua volta, nell’uso improprio di tumore a fini mediatici: uno spettacolo di cattivo gusto offerto a tutti i malati di tumore che non possono essere curati nelle Regioni della spending review, dove gli ospedali sono privi delle risorse affidate incautamente da persone come la Polverini a consiglieri che non si sentono ladri.

Il cancro è un dramma e Renata Polverini dovrebbe saperlo: non può essere accostato a un peculato trionfale, esibito senza alcun tipo di resipiscenza tra una minaccia di dimissioni e una dichiarazione di sgomento. Non mescoliamo la malattia innominabile a fasciste cubiste, nazisti rumeni, saluti romani, ostriche e feste in costume: l’accostamento del tumore alla corruzione turba la dignità e offende la speranza di chi proprio non riesce a sentirsi Polverini.


Filed under: Licia Satirico Tagged: Fiorito, Lazio, Regione

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