Solo qualche piccola nota di promemoria.
Sopravvissuto alla Democrazia Cristiana, alla Prima Repubblica, alla seconda e, oggi la conferma, anche alla terza.
Al comando dell’Ue, sotto di lui Bolkenstein, da commissario per il mercato interno, rilasciò la famosa direttiva che prevede la liberalizzazione dei servizi, ad esempio consentendo che un lavoratore straniero possa essere pagato all’estero con il contratto del suo Paese, stracciando di fatto i diritti dei lavoratori residenti e dei loro contratti collettivi nazionali.
Aumentò l’Iva dal 19 a 20% nel suo primo governo. Abbassò le tasse ai più ricchi riducendo gli scaglioni e la progressività dell’Irpef, facendo passare l’aliquota massima dal 51 al 45.5%.
Varò la legge Treu dando inizio al processo di precarizzazione, legge che, secondo quanto confermato dall’Ocse, ha contribuito molto più della Legge Biagi a deregolamentare il mercato del lavoro.
Diede l’ok alla base Usa Dal Molin, che aprirà il prossimo maggio.
Sotto il suo secondo governo Padoa Schioppa aumentò le aliquote Irpef, ma solo per i redditi più bassi, ovviamente. E la riduzione del cuneo fiscale derivante dall’abbassamento di Ires e Irap andò tutta a favore delle imprese.
Nello stesso periodo l’Italia aumentò le sue spese militari nelle azioni che lo stesso governo che le appoggiava poi pubblicamente smentiva. Afghanistan sopra ogni altra cosa.
Sulle politiche ambientali è colui che, con la truffa dei Cip6, trasformò i rifiuti indistinti in “combustibile alternativo” (Acerra per fare solo un nome).
Ma le cose migliori, a quel punto, erano già fatte:
Prodi è l’uomo che ha smantellato l’Iri svendendolo a pezzi a inglesi, olandesi e statunitensi. Italtel, Imi, e oltre a Telecom, parti di Enel e di Eni.
All’epoca fu l’infiltrato italiano della Goldman Sachs, dalla quale riceveva 3,1 miliardi di lire di compensi, per favorire l’intervento delle multinazionali sue clienti nell’acquisto di pezzi d’Italia a prezzi di realizzo. Ovviamente con la presenza-amicizia di Mario Draghi, allora vicepresidente Goldman Sachs prima di fare la carriera fulminante che sappiamo.
L’Italia è stata già fatta a pezzi dal punto di vista industriale. In questi anni ciò sta avvenendo dal punto di vista finanziario. Gli artefici sono sempre gli stessi. I loro nomi anche.
Draghi siede alla Banca Centrale Europea.
E Prodi si appresta a essere votato per diventare Presidente della Repubblica.
I complici? Se Prodi davvero sarà il più votato alle Camere, li scopriremo a breve. Nome per nome.
Qui sotto, una panoramica sull’Iri, di cui Prodi fu Presidente nel 1985, e un servizio di Report sul patrimonio dello Stato prima delle privatizzazioni.
FONTE: IlRibelle.com