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La retorica dei 34enni

Creato il 21 marzo 2014 da Antonio

"Caro mio padre, adunque, -
soggiuns'io - com'è d'uopo, in su le spalle
a me ti reca, e mi t'adatta al collo
acconciamente: ch'io robusto e forte
sono a tal peso: e sia poscia che vuole:
ch'un sol periglio, una salute sola
fia d'ambedue." Virgilio, Eneide, Libro II, tra il 29 e il 19 a.C.


"Gli sprechi sulle pensioni ci sono stati, il grande spreco sulle pensioni c'è stato e purtroppo è quello che ci portiamo noi addosso, noi tre su questo tavolo almeno per ragioni anagrafiche, cioè il meccanismo precedente di retribuzione delle pensioni per cui oggi noi quando paghiamo il nostro caro INPS non paghiamo per la nostra futura pensione ma paghiamo per le attuali e questo [...] non ha soluzione, cioè ci dobbiamo mettere l'anima in pace."Serena Sileoni (Istituto Bruno Leoni), Ottoemezzo, 9° minuto,19 marzo 2014.


"Mamma sono stanco", disse il bambino rientrando dal lavoro. "Suvvia Marco, perché ti lamenti? Sono giorni che torni a casa con la stessa storia. Cosa sta succedendo? C'è qualcosa che non va al lavoro?", chiese la mamma preoccupata. "No, al lavoro va tutto bene, ma io...ecco, io non vorrei lavorare". La preoccupazione della mamma aumentò, "Marcolino, che c'è? Perché non vuoi lavorare? Tutti lavorano", Marco lasciò cadere la cartella piena di disegni per la nuova pubblicità di biancheria intima per bambini e sbuffando disse: "Lo so ma io vorrei giocare". La mamma si avvicinò al figlio con tenerezza, prese le sue mani e a voce bassa, quasi sospirando, disse "Dai Marco non ricominciamo questa storia, ne abbiamo già parlato. Ricorda quello che dice sempre papà, tu hai la fortuna di lavorare in un settore creativo che non richiede neanche tanto sforzo fisico, pensa a quanti bambini della tua età fanno lavori veramente faticosi." Marco era consapevole della sua fortuna. Fin da piccolissimo era stato impegnato nel campo della pubblicità che per quanto stressante non si può dire che richieda grande fatica e poi si guadagna bene. Appena nato si guadagnava da vivere con gli spot del latte in polvere, sua madre gli dava il biberon davanti alla telecamera e lui ciucciava la tettarella che era una bellezza. Quella campagna pubblicitaria ebbe un gran successo e la vendita del latte artificiale della Latsmon andò alle stelle. Per non parlare delle campagne promozionali per l'allattamento naturale, quante ne aveva fatte! Appena l'operatore dava l'azione si attaccava a qualsiasi seno gli venisse offerto. Sembrava che fossero il ciak e le luci delle telecamere a mettergli appetito. Poi era passato alla pubblicità dei pannolini e crescendo a quella dei giocattoli. Adesso che aveva già otto anni lavorava come grafico in una azienda stimata, aveva un buon stipendio e un contratto a tempo determinato di cinque mesi e mezzo. Roba da fare invidia. Gli capitava di tanto in tanto di pensare ai suoi coetanei o quelli più piccoli di lui che attiravano clienti nei supermercati o quelli che lavoravano nelle vetrine dei negozi come manichini, tutto il giorno immobili con addosso pochi vestiti, e poi c'era il lavoro che odiava di più, in quei penosi programmi televisivi dove i bambini cantano, ballano e fanno finta di essere spontanei quando si vede benissimo che sono spossati dalle prove. Pensando a tutti quei lavori Marco sapeva di essere privilegiato, ma nonostante questo mostrava ancora l'intemperanza tipica dell'età.
Le intemperanze di Marco non erano affatto rare, molti bambini dell'età di Marco o più piccoli mostravano gli stessi problemi e la riluttanza al lavoro chiedeva programmi assidui di educazione e informazione nelle scuole e in televisione. Sui giornali non si parlava d'altro ma era una rivoluzione che aveva bisogno di tempo per essere completamente accettata. Dopotutto non era passato tanto tempo che la società si era riorganizzata perché ognuno lavorasse per sé e la generazione di Marco era la prima a non dipendere più dai genitori. Nel lungo periodo di transizione si chiudeva un occhio ma poi i tempi sono diventati maturi per passare al completo distacco e ognuno doveva guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro. Certo si è dovuto fare i conti con i vincoli biologici, non si può pretendere che un neonato si metta a cercare lavoro da solo però sono state stabilite delle royalties per i genitori come procacciatori degli impieghi dei propri figli fino a quando non sono del tutto autonomi.
La parola rivoluzione può far pensare ad un cambiamento improvviso ma sono dovuti passare molti anni prima di avviare la riorganizzazione sociale. Riforme su riforme del lavoro, delle pensioni, del sistema educativo. Uno sforzo collettivo immane, campagne di informazione e talk show dedicati alla riorganizzazione sociale, stando attenti a non annunciarla mai chiaramente, altrimenti ci sarebbe stato il rischio di mandare tutto all'aria. Si sa, quando tocca cambiare radicalmente le cose o si ha la fortuna che capiti un evento catastrofico che giustifica tutto oppure bisogna armarsi di pazienza e fare le cose con calma. Una goccia al giorno e ci si abitua a tutto.
Prima della riorganizzazione c'era una promiscuità tra le generazioni che era diventata ormai insostenibile. Fino a una certa età i figli dipendevano dai genitori in tutto e per tutto. I genitori li nutrivano, li mandavano a scuola, spendevano per loro una quantità immane di risorse. Poi i figli crescevano e quando trovavano lavoro andavano via da casa dei genitori. Con il frutto del loro lavoro i figli pagavano i contributi previdenziali che tornavano nelle tasche dei genitori che ormai non erano più in grado di lavorare, così come del resto avevano fatto i loro genitori con la generazione precedente. Un circolo vizioso inconcepibile e inefficiente!
Questo sistema promiscuo che qualcuno chiamava pomposamente patto intergenerazionale aveva mandato in rovina le casse pubbliche. Fu per questo che lentamente si arrivò alla conclusione che ognuno avrebbe accantonato i contributi previdenziali solo per la propria pensione senza commistioni tra generazioni. Il passo successivo divenne subito evidente, ognuno avrebbe dovuto lavorare per sé così avrebbe goduto del guadagno del proprio lavoro senza sfruttare altri soggetti e senza il rischio di creare uno scompenso nel bilancio. Fu indubbiamente la soluzione ottimale, anche se rimaneva ancora qualche problema di adattamento, come nel caso di Marco, e molto restava ancora da fare. Restava da riorganizzare tutte le altre spese sociali, come la sanità, l'educazione, la luce pubblica, la realizzazione delle strade, la loro manutenzione e tutto il resto. Diverse ipotesi erano al vaglio, come quella di eliminare tutte le spese pubbliche ma la nostra tradizione sociale precludeva strade così poco etiche, tuttavia era inaccettabile che una persona pagasse per la sanità se non si ammalava o pagasse per le strade pubbliche se girava poco in auto. Erano allo studio sistemi di tassazione differenziata in relazione all'effettivo utilizzo dei beni pubblici. Del resto era palese a tutti l'ingiustizia subita da una persona sana come un pesce che sborsava denaro per le cure di chi si ammalava in continuazione. Il problema andava risolto anche se c'erano le resistenze di quanti ancora si intrattenevano in espressioni desuete come patto intragenerazionale, i soliti anziani attaccati alla rendita di posizione, ma per fortuna c'erano i giovani che guardavano lontano.
La riorganizzazione sociale richiese molto tempo ma erano già stati fatti passi da gigante e il futuro è sempre stato dalla parte dei giovani.


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