Prima di andare via da ogni luogo io ho bisogno di un lungo arrivederci. Che sia stato per un giorno o per dei mesi non importa, mi prendo il mio tempo e da sola ne ripercorro strade e volti per inspirare quell’ultimo vento di alterità che presto scivolerà via.
Torino, murales su Via Po
Quel lunedì mattina a Torino la vita riprendeva rapida e precisa. Tutto era immerso in un freddo palpabile, che non riusciva però ad avere la meglio contro un sole amichevole e ottimista che sembrava volermi sostenere. Tra l’altro, sole o non sole, non avevo scelta. Le mie compagne di viaggio dovevano tornare ognuna al proprio lavoro. E io, disoccupatamente libera, dovevo necessariamente rimanere a zonzo. Ancora non sono sicura di cos’è meglio: andare al lavoro il lunedì mattina, al caldo di un ufficio e soprattutto al caldo di uno stipendio fisso, o girare per le strade alla ricerca di una qualche ispirazione. Per adesso continuo a scegliere la seconda opzione. Se è vero che i soldi non sono la realtà, come diceva Ray Liotta nel film “Blow”, allora avrò la meglio…
Armata di quanti più maglioni entravano sotto la giacca a vento, trascorsi le ultime ore, prima della partenza del treno da Porta Nuova, a gironzolare.
Con le guance rosse in stile Heidi (perfettamente adeguate data la neve che, già copiosa, ricopriva le antistanti Alpi) non finivo mai di meravigliarmi di quanto fosse bella quella città…
Con il nome Murazzi si indicano quelli che erano gli approdi e le rimesse delle barche da pesca, localizzati sulla sponda ovest del fiume Po. Negli anni ’60-’70 del secolo scorso la zona venne abbandonata a causa dell’inquinamento fluviale e l’area venne rilanciata grazie all’apertura di locali notturni negli ambienti un tempo utilizzati come rimesse. Da allora sono diventati uno dei principali e più famosi luoghi di aggregazione giovanile della città.
Passeggiata lungo i Murazzi
Su Via Sant’Anselmo svettano le due cupole a cipolla che sormontano le colonne di 27 metri del maggior centro di culto ebraico della città, la Sinagoga.
La Sinagoga si trova in Piazzetta Primo Levi
167 metri di muratura sorretti da strutture in cemento armato ed acciaio. La Mole Antonelliana svetta sul Centro Storico, edificio simbolico più alto della città.
La sua struttura bizzarra tra una pagoda allungata e una piramide, è frutto dell’estro di Alessandro Antonelli, che vi lavorò fino alla sua morte, lasciandone il compimento al figlio. E’ sede del Museo Nazionale del Cinema (quello in cui io mi sono rimbambita il primo giorno, click here!) e dell’ascensore panoramico a vetri, su cui vale la pena salire nei giorni in cui il tempo permette di vedere l’affascinante panorama montagnoso.
Quel giorno sarebbe stato infatti perfetto per salire. Cielo terso, niente nebbia, ma, come sempre accade in ogni viaggio che si rispetti, arrivò l ‘inconveniente: giorno di chiusura speciale!!
Poco male,risparmiai quei 6 euro e mi persi all’inseguimento delle luci d’artista (vi ricordate cosa sono?Leggete qui!)
Se perdersi fosse una materia di studio io avrei una cattedra all'Università
“La città era piena di rumore: era sempre più difficile parlare e ascoltare. E poi
c’era il bosco silenzioso. Ma nel silenzio del bosco ci si perdeva. Chi non
sopportava il rumore della città andava nel bosco, e il silenzio se lo portava via.
Così si sparse la voce che nel bosco c’era un orco. Furono mandati soldati e
anche quelli sparirono.
Quando Luì il matto arrivò in città, trovò rumore e musi lunghi. Qualcuno gli
raccontò la storia di quelli che sparivano nel silenzio e a Luì venne una gran
voglia di fare una passeggiata nel bosco. Ma capì che era necessario studiare la
lingua del vento e della pioggia, dei sassi, del legno e della terra. E dopo tanto
studiare Luì inventò uno strano bastone che faceva un rumore dolce ad ogni
passo. Tric trac, fran fran troc.
Così il bosco non era più tanto silenzioso. Poi, le forme degli alberi e della terra
tentarono di ingannarlo. Ma Luì con il suo coltellino intagliò il legno e raccolse
pietre, e legò rami e fece balene orchi elefantesse.
Le illusioni del bosco silenzioso diventarono cose da toccare e tutti quelli che si erano
perduti incominciarono a saltare fuori come funghi. Da quel giorno tutti i bambini
vollero i bastoni sonori di Luì per non perdersi nel silenzio e nel rumore. E quando
chiesero a Luì che nome dare ai suoi bastoni, egli disse: chiamateli sonagli. E così fu.”
Questa era la fiaba sospesa in aria su Via Maria Vittoria, tratta dal libro Luì e l’arte di andare nel bosco di Luigi Mainolfi e Guido Quarzo.
Decisi di perdermi anch’io nel silenzio di un bosco…
E da Corso Massimo D’Azeglio sbucai così nel fantasioso mondo del Parco del Valentino
Che costeggia la riva est del fiume Po.
Oltre che nel suo silenzio mi sono persa nei suoi rossi…
E nei suoi gialli…
Durante la passeggiata ho trovato un simpatico posticino dove prendere un té.
Si chiama l’Imbarchino ed è un luogo di studio e ritrovo per studenti (durante la primavera e l’estate dato che è all’aperto sul fiume!)
C’è anche una minibiblioteca dove è possibile prendere in prestito dei libri senza alcun costo. L’unico obbligo è portare a tua volta dei libri da prestare agli altri!
Pensando ai tempi in cui anch’io studiavo al bar dell’Università di Tor Vergata, mi incamminai lungo Corso Vittorio Emanuele II, per raggiungere la stazione ferroviaria. Sono passati pochi anni, ma mi rendo conto che tutto è diverso. Allora non avevo idea di quale fossero i miei sogni, di quale fosse la mia strada. Non sapevo che viaggiare sarebbe diventato lo scopo della mia vita, non sapevo che queste ore di passeggiate in solitudine per salutare l’ultimo posto visto, sarebbero entrate a far parte della mia routine come le passeggiate alla macchinetta del caffè, tra la lezione di geografia politica e quella di marketing. Non conoscevo questa sensazione di malinconia su un treno che ti porta via, necessariamente (perché non è il momento di fermarsi), da un luogo dove invece sai che probabilmente ti piacerebbe vivere.
Perché si, in quella Torino dal doppio volto, gelido e accogliente, formale e familiare, ordinato e anarchico, io ci vivrei proprio volentieri…
Alla finestra del castello del Borgo Medievale nel Parco del Valentino...Principesse...
Fa tutto parte di un rituale: partire, voler restare, dover tornare e poi voler ripartire…Tutto fa parte delle famose 5 fasi in cui Torino, questa volta, rientrava nell’ultima, quella della ricaduta nella dipendenza da viaggio dopo il ritorno da un altro viaggio. Un circolo vizioso senza fine…Torino questa volta rappresentava la ricaduta nel tunnel dopo il viaggio a Madrid, come Madrid era stata la ricaduta dopo il viaggio in Inghilterra e l’Inghilterra dopo quello in Marocco…
Dopo Torino dunque è certo che ci sarà ancora astinenza da viaggio e ancora una ricaduta.
La domanda è: questa volta dove?