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La riscossa di quello che un tempo era “il Terzo Mondo”

Creato il 07 maggio 2013 da Ilnazionale @ilNazionale

the rise of south7 MAGGIO – É stato presentato proprio in queste settimane, al Parlamento Europeo, il Rapporto sullo sviluppo umano 2013 dal titolo The Rise of South. Nella relazione si possono ripercorrere mesi di indagini durante i quali le Nazioni Unite hanno provveduto a riordinare un enorme quantitativo di dati sulla crescita e sul boom economico di Paesi un tempo considerati poveri, il cosiddetto “Terzo Mondo”.

In particolar modo Brasile, India e Cina sono destinati a divenire i veri e propri motori trainanti dell’economia globale nei prossimi 50 anni, mentre fino a vent’anni fa erano visti come arretrati ed economicamente incapaci di autosostenersi. Il Sud del mondo quindi, secondo le previsioni dell’ONU, sta divenendo sempre più il cuore pulsante del commercio internazionale e dell’economia reale. Il dato sorprendente che esce da questa analisi è che entro il 2030 i quattro quinti del cosiddetto “ceto medio”, a livello globale si localizzeranno proprio nell’emisfero meridionale così che il vecchio continente dovrà dire addio alla sua posizione di potere, per secoli incontrastata.

L’ONU constata che questo rapido progresso è dovuto al fatto che i Paesi osservati sono incredibilmente più attivi di molti altri ormai a crescita zero e possono quindi permettersi di investire maggiormente sulle persone e nella realizzazione di nuove infrastrutture. In verità non sempre vantano anche politiche sociali e industriali davvero “pulite”, perché ancora non tutelano le ampie gamme di diritti e libertà riconosciuti in Europa e U.S.A. È però un segnale molto positivo vedere un’attenzione crescente verso le necessità della popolazione e l’apertura a riforme prima impensabili.

La notizia cattiva è che, inseguendo boom economico e progresso come l’emisfero nord ha fatto per secoli, questi Stati in piena crescita non osservano che poche, essenziali norme ambientali. Solo 4-5 di essi possono quindi dirsi davvero attenti alla realizzazione di uno “sviluppo sostenibile”, mentre gli altri mirano a riappropriarsi di quell’80% di risorse mondiali che per lungo tempo sono state privilegio -ed oggetto di spreco- del solo Occidente.

Silvia Dal Maso

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