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La risposta è: interiorizzazione e universalizzazione

Da Spiritualrationality

Le isole, come dice anche la parola, sono separate dal resto della terraferma, “isolate” dal mare. Ma in profondità, le isole sono collegate al fondo della “terraferma”.

Questa mi sembra una buona immagine della realtà: in superfice o ad uno sguardo superficiale sembra divisa in innumerevoli essenze ed esistenze di ogni genere. Ma se si approfondisce ci si accorge che ogni cosa od essere forma una unica realtà.

Nell’Induismo l’intuizione fondamentale è che la realtà è Una. Il mondo, l’uomo, gli dèi, le cose che sono state, sono e saranno. Tutto questo è l’unica e medesima Realtà: “Tutto è Brahman” (Chandogya Upanisad). E quando la persona ha attinto una conoscenza illuminata, anche lei può dire: “Io sono Brahman” (Brhadaranyaka Upanisad).Il Brahman è l’”Uno, senza secondo” (Chandogya Upanisad).L’io profondo dell’uomo, l’Atman, è anch’esso identico al Brahman. “Questo Atman dentro il mio cuore è più piccolo di un grano di riso o di frumento, di un seme di senape o di un grano di miglio; e tuttavia questo Atman dentro il mio cuore è più grande della terra, più grande dello spazio atmosferico, più grande del cielo…Questo Atman dentro il mio cuore è il Brahman stesso” (Chandogya Upanisad). E per quanto riguarda l’uomo, l’Induismo ripete da secoli la frase di Uddalaka a suo figlio Svetaketu: “Tu sei Quello” (Tat tvam asi) (cfr. Chandogya Upanisad). Viene così riconosciuto che il Brahman-Atman è l’unico Assoluto, la radice e il fondamento di tutto, il Signore che regge e sostiene ogni cosa, la guida interiore e il fine di ogni vivente. In questo senso, il mondo non è creato e non ha consistenza in se stesso. Sia che esso venga concepito come Maya (illusione) presso il saggio Sankara (788-820 d.C.), o venga piuttosto descritto come il gioco di Dio, lila, presso i Visnuiti, esso è l’eterna manifestazione dell’eterno esistente, il volto fenomenico dell’Eterna Persona, la dimora mutevole del Permanente Inabitante. Quando si parla di inizio o di fine, di creazione e di distruzione, le parole si riferiscono ai processi ciclici di apparizione e di sparizione delle cose, di uscita e di rientro delle medesime nella loro eterna Origine.
Tutto ciò che appare è lo stesso Brahman, che si manifesta attraverso ogni cosa. Egli è la Realtà vera di ogni manifestazione. Solo se si considera un fenomeno a sé stante, si può parlare di inizio e di fine, di nascita e di morte; ma il fenomeno stesso è sempre stato in seno al Brahman, e sarà in lui eternamente custodito. Allora l’uomo non muore con la sua morte fisica? Non solo l’uomo non muore, ma in realtà egli non è mai nato. La risposta che Krsna dà ad Arjuna nella Bhagavad Gita è la seguente: “Non ci fu mai un tempo in cui non ero, io, tu, e questi prìncipi tutti, né ci sarà mai un tempo in cui non saremo, noi tutti, dopo questa esistenza. A quel modo che in questo corpo il sé incorporato passa attraverso l’infanzia, la giovinezza e la vecchiaia, così, alla morte, egli assume un altro corpo. Il forte non è su ciò mai perplesso” (2,13-14). In altre parole, l’io profondo di ogni uomo, la verità della sua persona, è l’Atman, ed esso è identico al Brahman. “Egli non nasce e non muore mai, né, essendo stato, v’è tempo in cui non sarà ancora. Innato, eterno, permanente, antico, egli non muore, quando muore il corpo…A quel modo che un uomo abbandona i suoi vecchi vestimenti e ne prende di nuovi, così il suo sé abitante nel corpo abbandona i suoi vecchi corpi e ne prende di nuovi”(Bhagavad Gita, 2, 21-23).  (L’Induismo in generale)

Nel pensiero della cultura e delle religioni del mondo occidentale, si crede in un “Dio” esterno, altro e trascendente rispetto alla realtà. Questa concezione è fondamentalmente e intrinsecamente dualistica e comporta, divisione, alterità, alienazione,  inconciliabilità; comporta giudice e giudicati, spirito e materia, sacro e profano, creatore e creato, bene e male, il peccato e la grazia, ecc.

In tale concezione si fa il possibile per riavvicinare il “divino” alla vita ed alla realtà con concetti come “Dio” è ovunque/vede e sa tutto/ti ama, gli angeli, i santi, ecc.” e per avvicinare il mondo umano al divino con la preghiera, la meditazione, i riti sacri, le benedizioni, le consacrazioni, ecc.

Nella concezione “immanente” tutto è Essere, tutto è “Mistero profondo”, tutto è “Sacro” che pervade e costituisce ogni esistenza, ogni nostra esistenza. Il “sacro”, il “divino”, la “vita”, la “morale”, la “sorgente”, l’”essere universale” sono in noi e noi ne siamo parte intrinseca.

Tutto è intrinseco all’essere stesso per cui non occorre rivolgersi altrove: la sorgente di vita, di senso, di “sacro”, di forza, di morale, ecc. è alle radici e nell’essenza dell’essere stesso.

Il fatto che fondamentalmente tutto sia una unica realtà comporta una radicale universalizzazione in quanto ogni parte è espressione, relazione e realizzazione del tutto.

Per questo la risposta alle domande più profonde e fondamentali della vita è: “interiorizzazione e universalizzazione” in quanto è il modo giusto di relazionarci con la sorgente del tutto e di trovare la forza, la vita ed il senso di tutto.

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