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La rivoluzione conservatrice

Creato il 17 marzo 2012 da Gadilu

Ulli Mair

Una breve premessa al mio editoriale odierno. Da qualche giorno è possibile consultare online un progetto di Costituzione sponsorizzato dal partito sudtirolese dei Freiheitlichen [QUI]. Si tratta, a parte tentativi analoghi condotti su un piano amatoriale, del primo sforzo compiuto al fine di riempire con qualche contenuto la “scatola vuota” dell’autodeterminismo locale. Bisognerebbe a mio avviso occuparsi nel dettaglio dei vari articoli contenuti in questa bozza di Costituzione anche magari al solo scopo di verificarne senso e prospettiva. Una prima recensione (critica) della Costituzione “blu” la si può intanto leggere sul sito degli autodeterministi socialdemocratici [QUI]. Le considerazioni di Simon Constantini, l’architetto con l’hobby dello staterello indipendente, sono in larga parte condivisibili. Strano solo che all’estensore della nota sia sfuggito il fatto che questa Costituzione – scritta da un professore universitario di Innsbruck – sia in fondo l’ennesima espressione di un contributo politico portato dall’esterno (in questo caso dall’Austria) e non il frutto di una ponderata discussione o elaborazione autoctona (e men che meno di matrice o anche soltanto d’ispirazione ”post-etnica”).

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Il terzo congresso straordinario dei Freiheitlichen si apre oggi pomeriggio all’hotel Scheraton di Bolzano. L’aggettivo “straordinario” prelude a un cambiamento al vertice del partito. Dopo diciotto anni, Pius Leitner passerà la leadership dei “blu” all’attuale e giovane segretaria generale Ulli Mair, la quale potrà così fregiarsi del titolo di Parteiobfrau. Ma straordinario può essere definito anche il cammino che questo partito ha compiuto in circa venti anni, passando dal 6 % dei consensi ottenuti nel 1993 (cioè al debutto sui banchi del Consiglio provinciale) all’attuale 19-21%, almeno secondo quanto asseriscono le ultime rilevazioni demoscopiche.

Per comprendere il grande successo dei Freiheitlichen occorre svolgere un’argomentazione apparentemente paradossale. Essi infatti esprimono sia il compimento che la contestazione del modello autonomistico sudtirolese, giunto intanto da poco – pur senza grandi celebrazioni, e la precisazione non è casuale – al rispettabile traguardo del quarantesimo anniversario dalla sua promulgazione formale avvenuta il 20 gennaio 1972.

Il compimento consiste nella liquidazione, da parte di un numero crescente di persone, di quel sentimento di paura che per decenni ha determinato una spontanea aggregazione intorno alle posizioni della Svp, vale a dire l’unico partito nato con la finalità di capitalizzare il conflitto tra Stato e provincia nei termini di una definizione rigorosa della propria soggettività rappresentativa. Una volta consolidato il terreno giuridico e storico sul quale l’autonomia ha congelato il conflitto etnico, creando di fatto una posizione di preminenza governativa delle minoranze tutelate all’interno della più ampia cornice nazionale ed europea, il benessere e la sicurezza raggiunti a vari livelli hanno aperto però la strada anche ad ambizioni eccedenti il modello che sta alla base di quel benessere e di quella sicurezza. Si è cominciato allora a pensare di poter osare di più e che, anzi, “bisogna tentare l’impossibile per poter ottenere il possibile”, come afferma spavaldamente la citazione di Hermann Hesse posta ad epigrafe della Costituzione dello Stato Libero del Sudtirolo mediante la quale i Freiheitlichen vorrebbero adesso perfezionare la loro peculiare “rivoluzione conservatrice”.

Sottovalutare questa nuova costellazione o, peggio, ignorare la sfida che essa pone alla tenuta delle strutture istituzionali alle quali abbiamo attribuito la definizione del nostro orizzonte di convivenza, sarebbe alquanto pericoloso. Da qui al prossimo appuntamento elettorale (tra appena un anno) potrebbero emergere linee di frattura in grado di mutare in profondità il volto del Sudtirolo così come l’abbiamo finora conosciuto.

Corriere dell’Alto Adige, 17 marzo 2012


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