gli spettatori potranno ammirare il più famoso, feroce e feniale attacco che il cinema d'autore abbia mai subito. Quello che si conclude con il celeberrimo slogan "la Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca", seguito dai 92 minuti di applausi. Assieme alla Ekberg che si immerge nella Fontana di Trevi e ad Anna Magnani trucidata dagli invasori, si tratta della più famosa sequenza della storia del cinema italiano. Tale sequenza, rispetto alle altre due, è più specifica della koinè italica. Per questa ragione, vale la pena di prenderla un attimo suls erio e chiedersi le ragioni di un successo che travalice le generazioni e le stratificazioni sociali.
Perché si tratta di una sequenza strepitosa, frutto di quel genio di Paolo Villaggio (che scrisse il racconto originale, molto diverso, nel quale Fantozzi andava al cineclub perché escluso dalle gioie della rivoluzione sessuale), ma soprattutto del contributo di tre grandi sceneggiatori ...
Nelle loro mani la sequenza in questione diventa un'analisi impietrosa di alcuni meccanismi tipici del provincialismo della cultura italiana e un formidabile omaggio al cinema sovietico. Già, perché bisogna dire subito che il Potemkin non ha niente a che vedere con il giudizio icastico che gli viene attribuito. Si tratta infatti di un film velocissimo e avventuroso, che dura poco più di un'ora e racconta, in chiave ideologica ma entusiastica, una storia che somiglia all'ammutinamento del Bounty. Marinai vessati da odiosi ufficiali zaristi che si ribellano, rifiutandosi di mangiare carne coi verni, avviando una rivolta che verrà annegata col sangui, ma da cui deriverà, dopo un decennio, la rivoluzione d'Ottobre.
Ebbene, il racconto di Fantozzi narra una parabola strana e, come detto, geniale. Perché il megadirettore Guidobaldo MAria Ricciardelli non è altro che il prototipo dell'intellettuale vuoto che sfrutta la sua posizione dominante per esercitare una violenza simbolica sui suoi sottoposti, utilizzando come una clava la cultura "altra e/o legittima" di cui si sente unico depositario.
Quando il gioco si fa duro, cioè quando l'ennesima visione del film entra in conflitto con la possibilità di assistere al prodotto della cultura popolare per eccellenza: la partita della nazionale, i sottoposti si ribellano. Ovvero, invece della solita resistenza, decidono di comportarsi esattamente come i marinai della corazzata e rifiutano il cibo (simbolico) coi vermi che viene loro proposto dal Ricciardelli, obbligandolo a una rieducazione che sa tanto di rivoluzione culturale.
In altri termini, con il suo grido Fantozzi dimostra di aver visto per la prima volta il Potemkin e di averlo fatto davvero suo. Perché un film non ha mai un valore in se stesso, ma solo nel modo pragmatico con cui viene visto, digerito e tradotto in azione. IN questo caso, "la cagata pazzesca" è il Potemkin di tutti i Ricciardelli del mondo, che pretendono di farne una iumbalsamata ed elitaria opera d'arte. In definitiva, insomma, col suo basco alla Che Guevara, Fantozzi dimostra di avere finlamente capito il senso delle imprese di Bakilinciuk e dei suoi valorosi compagni, a paradossale testimoninanza che la grandezza del film di Ejzenstejn resta inalterata, per quanto lo si voglia coprire di muffa estetizzante.
Alla fine, anche questa piccola rivoluzione fallirà (dalla tragedia alla farsa), perché anche Fantozzio è il prototipo di italianità.
Personalmente, trovo condivisibile questa lettura; ed è interessante che il modo di rappresentare quell'ennesima rivoluzione, nella nostra povera Italia è stata letta nel modo opposto, come se il Potemkin fosse una cagata pazzesca, come se i valori che trasmette e la freschezza con cui sono rappresentati non ci appartenessero più, come se li rifiutassimo. E mi pare molto interessante che, invece, nelle intenzioni di Fantozzi si possa leggere ben altro rispetto alle idee comuni in merito. Da un lato Fantozzi che dà della cagata al modo "vuoto" di fare cultura, che è il modo violento dei potenti di distruggere la cultura rivoluzionaria e annacquarla nel nulla della noia, dall'altro la lettura quotidiana di questa scena: cagata non è il sopruso di chi ha il potere, cagata è la ribellione a quelle violenze. Leggendola nel secondo modo, la cagata non è solo il film (che cagata non è), ma anche la ribellione che Fantozzi attua.
E, questa, è una lettura deprimente, perché riconsegna la cultura nelle mani di quei pochi che la distruggono per mantenere il proprio dominio sugli altri, ed elimina ogni possibilità sia di essere davvero se stessi (che nel rifiuto della cultura si dà, evidentemente), che di essere liberi.
Tuttavia anche quegli stessi dipendenti rivoltosi mancano di libertà, e doppiamente schiavi siamo noi che oggi guardiamo quella scena come una rivolta alla cultura, e non attuiamo altro altro che una controrivoluzione, incarnando quell'atteggiamento reazionario che paghiamo nella vita.
Per essere liberi, occorre riguardarsi la scena di Fantozzi, e poi informarsi, riguardando la scena dell'orginale, per capire quel meccanismo fantozziano che ci riprende per come siamo nell'intimo, offrendoci una lettura distaccata (che è poi il motivo per cui si ride di Fantozzi, con l'amaro in bocca).
Fantozzi: la corazzata potemkin 2 di giotelamon