La rivoluzione permanente di Papa Francesco

Creato il 13 maggio 2014 da Gaetano61

Ieri pomeriggio, a Udine, nell'ambito del festival "vicino/lontano" (giunto alla 10^ edizione), si è parlato delle novità che il pontificato di papa Francesco sta introducendo nel nostro modo di pensare la fede, la Chiesa e il potere. Ne hanno discusso, moderati dall'antropologo e storico Nicola Gasbarro, lo storico del cristianesimo Remo Cacitti, lo storico delle religioni Paolo Scarpi, e don Pierluigi Di Piazza, fondatore del Centro di accoglienza Balducci di Zugliano (Udine).
Dagli interventi è emerso, in sintesi, che di fronte alla discontinuità rappresentata da papa Francesco rispetto ai suoi predecessori, all'interno della Chiesa permangono comportamenti ancora legati ad una contiguità con il potere, che cercano di attribuire i gesti di papa Bergoglio al suo carattere, non cogliendo (o non volendo cogliere)  l'intervenuto cambiamento sostanziale (Di Piazza).
Il presentarsi di Bergoglio, fin dalle sue prime parole dopo l'elezione, in primo luogo come "vescovo di Roma", è indice della sua idea di recupero della collegialità come metodo di governo della Chiesa (Cacitti).
Papa Francesco ha riportato in primo piano un tema scomparso dal racconto pubblico, quello della "povertà", in questo aiutato dal suo aver vissuto la realtà sud-americana, sigillata dalla scelta del nome del santo d'Assisi (Scarpi).
La novità di Bergoglio ha spiazzato non solo il mondo dei credenti, ma anche quello dei "non credenti", divisi tra accusatori di "relativismo" e di perdita di "sacralità" della figura papale (gli "atei devoti", riferimento implicito alle posizioni di Giuliano Ferrara), e acritici esaltatori (i cosiddetti "atei inginocchiati"), giunti fino all'affermazione che papa Francesco abbia abolito di fatto il concetto di "peccato" (qui, il riferimento implicito era rivolto ad un'affermazione di Eugenio Scalfari) (Gasbarro).
Ancora Nicola Gasbarro, ha parlato del cambio di paradigma che Bergoglio ha introdotto nel discorso intraecclesiale: il parlare non della dottrina cattolica, ma il suo porre l'accento sulla relazione umana, sulla società, un cambio di prospettiva che non può non influire sui non credenti, e del loro ragionare sui "principi morali" (anche se non fondati sulla trascendenza).

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