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La rondinella Ariella e Babbo Natale

Da Fiaba
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Venerdì 22 Marzo 2013 22:18 Scritto da Aleksandra Damnjanovic D'Agostino

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Quella mattina, la rondinella Ariella volava spensierata sopra i verdi altopiani prealpini punteggiati già da qualche foglia gialla.

Era metà settembre, ma faceva caldo come se fosse l’inizio di agosto. Le piaceva molto quel paesaggio di mezza montagna con i suoi specchi d’acqua, nei quali si tuffava per rinfrescarsi e per abbeverarsi.

Quell’anno i suoi genitori fecero il nidosotto il tetto di una casa diroccata, nelle vicinanze del lago Ceresio, da dove lei poteva osservare indisturbata i cigni, le anatre e i gabbiani.

Quanto le piacevano i cigni! Possedevanouna grazia innata, il collo lungo ed elegante e le ali di un bianco candido,che, secondo lei, avevano soltanto gli angeli.

Una volta, incuriosita, provò persino ad atterrare su uno di quei cigni e si spaventò parecchio, perché, minacciati, questi animali perdono tutta la loro bellezza e si trasformano in veri draghi arrabbiati, emanando dal becco un suono stridulo e ostile e allargandole loro ali.  “Va bene, va bene, scusate il disturbo, vostre maestà!” “Non ti perdere troppo nelle tue volate stamattina, cerca di non allontanarti, verso mezzogiorno partiamo per l’Africa.

Lo stormo con a capo Anando verrà a prenderci, sta arrivando!”  le disse la mamma, mentre si alzava in volo. Di tutto questo, Ariella sentì soltanto come un’eco A--rii--van—do o o o…..  il resto si perse nella brezza mattutina che si estendeva dal lago e le scompigliava la peluria.

“Arrivando chi? La mamma avolte dice le frasi incomplete…” Volava felice, portata dal vento, che man mano diventava sempre più forte. Una strusciata tra i cespugli fioriti del bambù, una pattinata sul lago, un giro nel parco dell’Argentera, una scavatina veloce nella terra morbida della riva per cercare i lombrichi, e si fece già sera.

Se ne accorse dal colore della vegetazione, che al crepuscolo diventa diun verde-arancione, quasi trasparente, e dal colore delle scie luminose delsole, che a quell’ora luccicano  ondeggiando sulla superficie del lago come lesquame di un pesce gigante. “O perbacco, è tardissimo, mamma ha dettoche arrivava qualcuno, se non mi sbaglio.

E’ meglio che mi precipiti a casa!” Ariella trovò il nido vuoto, nessunatraccia dei genitori, né dei suoi fratelli. “Dove sono finiti tutti quanti?” sidomandò, intristita all’improvviso. “La mamma di solito a quest’ora stapreparando il nido per la notte, aggiustando i ramoscelli e l’erba secca.Proverò a chiedere in giro, forse qualcuno dei nostri vicini saprà dove sonoandati”.

Fu il gabbiano Splash a darle questa bruttissima notizia: “Sono partiti per l’Africa. E’ venuto uno stormo enorme aprenderli. Prima ti hanno cercata dappertutto. Tua mamma ha detto di dirti chedevi arrangiarti da sola e usare i buoni consigli che ti ha insegnato.Torneranno la primavera prossima”.

“La primavera prossima?! Ma è un’eternità! Come farò,? Povera me… Qui l’inverno è tosto, dicono, e noi rondini non siamo fatteper il freddo”. “Ti aiuterò io, Ariella, però fra pocoanche noi cambieremo zona, dopo ti dovrò lasciare”.

“Grazie, Splash, sei unvero amico”. Passavano i giorni e le foglie degli alberi diventavano sempre più variopinte. Il gabbiano Splash presto la lasciò e Ariella affrontò le giornate con angoscia e preoccupazione, da sola. La pioggia a volte cadeva per settimane intere ed era veramente difficile trovare cibo.

Per fortuna, nell’edera sotto il tetto, come in una rete, si impigliavano in continuazione i moscerini, e lei doveva essere veloce come un razzo se volevasopravvivere e non morire di fame.

Però con il freddo di dicembre anche imoscerini scomparvero e allora la sua vita dipendeva completamente dalle briciole di pane che alcuni passanti lasciavano lungo la sponda del lago, e che doveva con molta maestria rubare ai suoi magnifici cigni. Con l’erba secca si fece un piccolo manto che la proteggeva dal freddo e che, a causa della velocità, perdeva mentre volava, di continuo.

“Non arriverò alla primavera. Sono stanca ed esausta, stanca ed esausta, stanca ed esausta… “ Era una notte di fine dicembre.

La neve cadeva in fiocchi grossi e morbidi, creando come una tenda bianca davanti agli occhi. Ariella, nel nido, tremava per il freddo e la fame. Era caduta in unaspecie di sopore, tra la vita e morte, ormai rassegnata al proprio destino.

E fu proprio allora che un bagliore intenso attraversò il lago con il suono di  mille campanellini. A malapena Ariella riuscì ad aprire gli occhi e a guardare verso il lago. Vide una carrozza enorme, ferma, e un signore barbuto con intesta un capellino rosso, intento a sgridare un animale mai visto prima.

L’Animale assomigliava a un cervo, aveva due corna grandi, un naso rosso a patata e piangeva a dirotto. “Sono morta”, disse a se stessa Ariella, “sono morta e chissà dove sono finita”. “Non posso muovermi, ho una zampa gonfia e dolente, è inutile che mi rimproveri” diceva tra le lacrime quell’animalestrano al signore barbuto.

“Devo riposare almeno per un’ora e non mi sposto da qua”. “Per un’ora? Ma fra un’ora qui è Natale! E io poi devo ripartire per l’Africa, così per la consegna sono in tempo anche là, per via del fuso orario Ti devi muovere, muoviti Crio, ti supplico!” urlava barba bianca tirando per le corna quella specie di cervo. Fu alla parola Africa, che Ariella spalancò gli occhi. “Qualcuno ha detto che sta partendo per l’ Africa?”.

Appoggiò, con molta fatica, con le alistriminzite, il suo manto di erba secca ed uscì sotto la neve fitta fitta, volando insicura verso la carrozza ferma in mezzo al lago ghiacciato.

“Scusatemi se mi intrometto, avete per casoparlato voi dell’Africa?” si rivolse al signore barbuto.

“O per dirindindina, una rondine a dicembre! Vedono bene i miei occhi stanchi? Come ti posso essere utile, rondinella…?”

“Ariella, signore, mi chiamo Ariella. Sono una rondine stanca e affamata in cerca di qualcuno che mi porti in Africa dalla mia famiglia. Non è che Lei va verso quelle parti?”

“Vorrei andarci, ma questa stupida renna non ne vuole sapere di proseguire il viaggio. Ah scusa, non mi sono presentato! Sono Babbo Natale, quello dei regali per tutti i bambini. Mi sa che quest’anno non ci saranno i regali per i bambini di questo posto se non trovo una soluzione e sostituisco Crio con un altro animale. Sei in grado di tirarmi fuorida questo pasticcio?”

“Naturalmente! Però prima avrei bisogno di mangiare, non ho le forze neanche per parlare. Ha per caso qualcosa dentro tutti questi pacchi?”

“Sei fortunata Ariella! Un bambino di nome Vittorio, il figlio di un pescatore, nella sua lettera per Babbo Natale ha scritto che voleva una scatola di vermi da pesca, per poter pescare bene comeil suo papà. Se prendiamo una manciata di questi vermicelli, non se ne accorgerà nessuno. Fammeli cercare un po’… Ah, eccoli!”

Era il pasto più buono e gustoso di tuttala sua vita. Ariella mangiò fino al punto di scoppiare e poi con tutta la calma di chi  è appena scampato alla morte di fame, presentò la sua idea al Babbo Natale: “Lì, vede, tra le canne di bambù, c’è il nascondiglio notturno dei cigni. Bisogna soltanto farli arrabbiare, magari lanciando dei sassolini dall’alto, e aspettare che allarghino le ali. Poi,velocemente, impigliare le redini della carrozza sotto i loro petti e – voilà -saremo in aria. Cosi anche Crio potrà riposare e più tardi riprendere il cammino. Vi aiuterò a cercare dei sassolini e a posizionare le redini sotto di loro. Dovete solo promettermi che mi porterete con voi in Africa”.

“Certamente, piccola rondine! Sbrighiamoci,il tempo passa!” Ariella scagliava i sassolini sopra i cigni addormentati che non ci misero molto ad arrabbiarsi e a iniziare a soffiare.

Quando tutti quanti uscirono allo scoperto con le ali allargate, Ariella ne approfittòe  appoggiò bene le redini della carrozza sotto i loro petti gonfi d’ira.

La carrozza di Babbo Natale iniziò a decollare con una velocità sorprendente, portata dagli angeli bianchi del lago Ceresio. Crio e Ariella, sedute comode sulla carrozza, si misero subito ad aiutare Babbo Natale a lanciare i regali nei camini e sulle terrazze delle case. E così, seguendo le sue indicazioni, riuscirono tutti insieme a finire il giro di quel piccolo paese prima di mezzanotte. Fino a quando i cigni, accortisi dell’imbroglio subito, iniziarono a volare sempre più in basso, fino a fermarsi nello stesso punto da cui erano partiti solo un’ora prima.

“Grazie Ariella”, disse Babbo Natale, “Il tuo piano ha funzionato alla grande, conosci proprio bene questi animali. Sei pronta per un lungo viaggio in groppa alla Crio? Ti ho lasciato ancora un po’ di quei vermicelli. Niente paura piccola mia, ti porto in Africa, dalla tuafamiglia! Su, andiamo, saluta il lago e la neve, si parteeeee!”

La Rondinella Ariella, allora, abbracciò con lo sguardo quel bellissimo posto nel quale aveva vissuto per quasi un anno, e promise a se stessa di ritornare e di non disobbedire mai più alla sua mamma.

Insieme ai suoi nuovi amici, un omino barbuto di nome Babbo Natale e una renna di nome Crio, lasciò il lago Ceresio e le Prealpi coperte di neve e si avviò verso l’Africa.

“Tornerooo! Grazie cigni, tornerooo! Bambini tornerooo! BuonNatale Lavena Ponte Tresa!”



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