Quattordici donne stroncate dalla RU486 nei soli Stati Uniti, 336 emorragie, 256 infezioni di cui 48 gravi, 612 ricoveri d’urgenza in ospedale, 58 casi di gravidanze ectopiche e più in generale 2.207 donne che hanno riportato effetti nocivi. Questo dice il nuovo rapporto della Food and Drugs Administration (Fda), l’organismo del governo Usa che vigila sul corretto utilizzo dei farmaci
Sono cinque morti in più rispetto a quelli registrati dalla ricerca finora più autorevole, uscita sul New England Journal of Medicine, dunque almeno un caso di morte su tre era stato tenuto segreto ed è ovviamente probabilissimo che ve ne siano molti altri. Fino ad ora sono 1 milione e 520mila le donne americane che hanno fatto uso del mifepristone, il principio attivo della RU486.
Leo Aletti, Primario di Ostetricia e Ginecologia presso l’Azienda Ospedaliera di Melegnano, sostiene che «quando un farmaco provoca la morte non deve essere mai somministrato. Il codice deontologico medico del resto lo afferma in modo esplicito». In passato altri farmaci (come la talidomide) che hanno provocato alterazioni sono stati eliminati dal prontuario farmaceutico. Comunque, al di là là della liceità o meno dell’aborto, «da un punto di vista statistico il confronto da compiere è tra l’aborto farmacologico e quello chirurgico: in Italia dal 1978 a oggi sono stati praticati sei milioni di aborti in ospedale, e la mortalità tra le donne è stata vicina o pari a zero. Fatte le debite proporzioni, questo significa quindi che la RU486 è micidiale».
Commentando direttamente questa ricerca, il primario afferma: «il rapporto dell’Fda smentisce che la RU486 sia una modalità tranquilla per applicare l’aborto, per cui bastano con due o tre compresse anche a casa propria. E rimette in discussione la sicurezza dell’aborto farmacologico. Dove è applicato l’aborto farmacologico c’è l’abbandono clinico dell’utente di questa terapia, e quello che viene a mancare è il punto di riferimento clinico per il paziente. Se si prescrive un farmaco che addirittura ha portato alla morte di 14 donne, dopo che in passato abbiamo abbandonato dei medicinali per molto meno, è chiaro che si tratta di una scelta politica. Come evidenziato anche dal fatto che, nell’Agenzia italiana del farmaco, Romano Colozzi ha votato contro la RU486, per gli stessi motivi sottolineati dalla Fda».
Ricordiamo che Silvio Viale, il ginecologo radicale, nel 2009 ha incredibilmente dichiarato: «La RU486 non è assolutamente pericolosa. E 29 decessi sono nulla. Non sono un problema per nessun farmaco». Sarebbe bello inviare questa profonda riflessione alle famiglie di tutte le donne morte in seguito all’aborto farmacologico.