1. Recentemente ho scritto in merito alla differenza tra multipolarismo e policentrismo. Spiegherò in altra sede che forse è meglio non parlare di multipolarismo – che sembra più o meno dire la stessa cosa di policentrismo – bensì di multilateralismo. In ogni caso, nella fase di multipolarismo – in quanto fase di transizione alla successiva, del tipo di quella esistente tra ‘8 e ‘900 in cui stava declinando l’Inghilterra; una fase simile a quella odierna – vi è ancora una potenza predominante, che tuttavia non riesce più a mantenere una qualche regolazione, un qualche ordine, praticamente in nessuna area mondiale. In un certo senso, essa ha una sfera d’influenza che, in misura maggiore o minore, si estende all’intero globo, ma tale influenza non ha più effetti di controllo regolante, bensì di caos crescente.
Gli Usa restano il paese ancora predominante, nessuno può al momento considerarli nella fase di ineluttabile e progressivo declino (come nessuno poteva dirlo dell’Inghilterra negli ultimi decenni del XIX secolo), tuttavia non sono più in grado di esercitare una funzione ordinatrice. Del resto, secondo me mostrando una certa flessibilità, non tentano di svolgerla. Fanno il contrario. Hanno di fatto promosso la caduta di regimi nettamente filo-occidentali quali quello egiziano e tunisino; e nemmeno Gheddafi si poneva come antagonista reale, anzi aveva un atteggiamento piuttosto contrario a forze in frizione con l’“occidente” quali quelle dell’Iran, in parte la Turchia, certamente Hamas, ecc.; forze che, non a caso, sono state decisamente favorevoli all’eliminazione del leader libico. Gli Usa hanno anche ammorbidito il loro precedente più che pieno appoggio ad Israele in quanto loro “gendarme” in Medioriente.
Si pensa generalmente che Obama abbia dimostrato inconcludenza facendo male i conti. Può essere, ma credo che si sappia assai poco di come funziona la politica a seconda delle diverse fasi. Nel multipolarismo (multilateralismo), la stessa potenza predominante (diciamo meglio: i suoi centri strategici in auge, di cui il Presidente è la semplice personificazione, senza poteri effettivi se non di facciata, perché se volesse fare di testa sua sappiamo che fine fa) preferisce “innaffiare” abbondantemente il terreno onde renderlo paludoso e viscido; essa ha appunto, per la sua maggior forza (militare, che non significa soltanto bellica), i migliori “natanti” per navigare alla bell’e meglio nel pantano. Mette in conto quanto in effetti sta verificandosi da 3-4 anni in qua sia in Nord Africa e Medioriente sia nelle zone ad oriente confinanti con la Russia.
In situazioni simili, bisogna capire che la strategia assume un carattere in realtà tatticistico; i mutamenti di posizione e di mezzi impiegati (aggressioni dirette o per interposti altri paesi e forze politiche) sono frequenti e spesso appaiono tra loro contraddittorî. E non è affatto escluso che, in questo gioco complesso, quella che è la “facciata” dei centri strategici nevralgici perda consensi, anche assieme alla sua parte politica (vedi andamento delle elezioni di midterm negli Usa); per il semplice fatto che l’elettorato non capisce quasi nulla, fraintende tutto. D’altra parte, se si vuol continuare con la finzione democratica (in effetti assai flessibile nel suo inganno delle “genti”), si deve usare questo sistema, poco “costoso” tuttavia poiché il “nuovo” Presidente o anche la “nuova” rappresentanza saranno tanto “vecchi” quanto i precedenti, cioè sempre proni a chi decide realmente in quale congiuntura ci troviamo e qual è dunque la sequenza di mosse (tatticistiche e assai variegate) da effettuare.
2. In fasi del genere credo sia azzardato formulare ipotesi, previsioni, ecc. di tipo particolaristico, riguardanti ogni singolo evento che si vada verificando. E’ meglio restare sulle generali; si tratta cioè di capire come si possa sviluppare la situazione nel suo complesso, ma per grandi linee. O comunque, si cerca di fissare le caratteristiche della congiuntura nei diversi momenti della sua evoluzione. Magari individuando i principali punti di “crisi”, che sono tuttavia da contornare di molti “se e ma”, mantenendo aperta la strada al recepimento di nuove determinazioni man mano che i vari contendenti si avviluppano nel loro gioco appunto tatticistico.
Credo si possa mantenere fermo che ancora a lungo (almeno per un decennio, ma penso in realtà ancor di più) gli Stati Uniti resteranno la potenza predominante. Tuttavia, sono certo in sviluppo nuove potenze che si porranno pian piano come poli in contrasto con essi. A fine ‘800, furono Usa, Germania e, appena più tardi, il Giappone a contrastare, infine con successo, la predominanza inglese. Oggi, a fronte degli Stati Uniti si vanno ergendo soprattutto Russia e Cina. Altri paesi si vanno rafforzando, ma si porranno a mio avviso solo come subpotenze regionali, non come competitori globali o comunque in più vaste aree mondiali. Tali ultimi paesi avranno senza dubbio rilevanza nell’evolvere della fase verso un più acuto policentrismo, ma non saranno, sempre secondo le mie previsioni, i veri antagonisti in lotta reciproca per la supremazia.
Russia e Cina stanno sviluppando un certo numero di accordi rilevanti che indubbiamente incrementeranno la loro forza comune nei confronti dell’avversario. Tuttavia, la Cina appare fin troppo pronta a determinate mediazioni con gli Usa; il che mi sembra la collochino in una posizione di minore efficacia rispetto a questi ultimi. Il grande paese asiatico appare forte economicamente (e finanziariamente), assai meno sul piano militare. Inoltre, anche per quanto concerne lo sviluppo della sfera economica, essa è molto brillante quanto a crescita (aumento del Pil), ma meno sul piano della ricerca e sviluppo tecnologico in settori strategici dal punto di vista, appunto, militare. Ha eccessiva abitudine a copiare le tecnologie altrui, poca voglia di dare impulso ad una vera ricerca in proprio, malgrado i notevoli sforzi fatti dal potere centrale. La crescita è quindi soprattutto merito di produzioni non strategiche, non di punta. Non dico che queste non esistano, ci mancherebbe; tuttavia, mi sembra che prevalgano di gran lunga settori manifatturieri relativi a produzioni atte a far concorrenza, dati i costi di produzione più bassi, a quelle dei paesi capitalistici più avanzati. La redditività di tali settori appare sicura, non altrettanto il loro contributo ad un rafforzamento della potenza cinese.
Si sostiene generalmente che la Russia dia troppo peso alle materie prime ed energetiche. Qualcuno ha voluto addirittura parlare di “monocultura”, di enfasi posta sulla produzione di gas e petrolio. Credo ci si sbagli: la Russia approfitta della situazione favorevole in tali settori per accumulare risorse, ma tramite queste sta rinnovando pure i suoi apparati militari. Inoltre, mi sbaglierò, ma credo che i Servizi russi siano in grado di competere egregiamente con quelli statunitensi (e con il Mossad israeliano). Assai più, mi sembra, di quelli cinesi ed europei (o brasiliani, indiani), ecc. Malgrado l’enfasi posta da giornalisti, economisti e simile cianfrusaglia sulla “diabolica forza” della finanza, in una situazione di tatticismo dominante sono i Servizi a venire in primo piano nella lotta tra potenze. Quando subentrerà l’aperto policentrismo, conterà in modo decisivo l’energia esplicata in senso bellico; ma oggi contano di più i Servizi. La finanza fornisce lauti mezzi (e i finanzieri ne approfittano certamente), ma non è qui che si combatte per la supremazia. Se è per quello, conta anche la battaglia ideologico-culturale, ma non si crederà, spero, che si vincano le “guerre” in tale sfera.
3. Siria ed Ucraina sono una buona rappresentazione della tattica attuata nella situazione di multilateralismo tendenziale con potenza ancora predominante. Non c’è alcuna effettiva risoluzione della fluidità creatasi. Non è semplicemente che ciò sia impossibile; è una soluzione scelta per saggiare le posizioni avversarie (l’aggressività è di provenienza statunitense, non ci si lasci ingannare ad es. dall’Isis, creazione degli ancora predominanti, proprio come Al Qaeda) ed eventualmente sottoporle a logoramento. Solo un indovino potrebbe dire per quanto ancora il problema verrà lasciato irrisolto a tal fine. Credo faccia bene la Russia a non lasciarsi coinvolgere in reazioni più decise come fece all’epoca dell’Afghanistan, dove i talebani furono finanziati e armati appunto dagli Usa. Non si creda alla sciocchezza che quella sconfitta fu causa del crollo dell’Urss (e quindi del “campo socialista”); questo fu dovuto a cause interne più che esterne, dopo la stasi brezneviana e l’azione distruttiva di Gorbaciov-Eltsin. Tuttavia, adesso penso che sia d’uopo non accettare provocazioni, che continueranno anche in altre zone. Una reazione dura potrebbe provocare un ancor maggiore allineamento atlantico dei paesi UE e rendere difficile l’eventuale rafforzarsi in essi di tendenze sovraniste che inizino a ridiscutere tale alleanza perniciosa, resa ancora peggiore dalla prospettiva degli accordi relativi all’“area di libero scambio” (TTIP) tra Usa ed Europa.
In ogni caso, Siria e Ucraina sono la migliore dimostrazione che la preoccupazione maggiore degli Stati Uniti non è rappresentata dalla Cina, bensì dalla Russia. Sia per il fatto in sé – la conflittualità è assai più acuta con quest’ultima (del resto militarmente ancor oggi più forte) che con la prima – sia per l’importanza strategica decisiva rivestita dal nostro continente, malgrado tante chiacchiere sulla sua decadenza. La Germania nazista, con l’errore cruciale dell’aggressione all’Urss invece di liquidare l’Inghilterra, ha consentito alla potenza d’oltreatlantico di conquistarsi, prima, la parte più sviluppata e forte dell’Europa e, dopo il crollo dell’Urss, l’intera area. L’Europa è in sfacelo politico e culturale, ma è ancora più che rilevante economicamente, si pone come “scudo” di fronte a quello che resta il maggiore avversario futuro degli Usa, la Russia appunto, ed è importantissima per il controllo della zona mediorientale e africana (da questo punto di vista non va per nulla sottovalutato il nostro paese, non a caso sottoposto ad un trattamento di particolare caos e indebolimento politico per renderlo totalmente succube della potenza predominante). Non è il Pacifico l’area dove si giocherà la supremazia o il declino statunitense, bensì l’Europa!
Non entro in questa sede nell’analisi del comportamento, non a caso molto diversificato, dei vari paesi europei, che procedono sempre più in formazione sparsa. Sintomatico il comportamento del più forte d’essi, la Germania. Il suo atteggiamento ondivago a proposito degli avvenimenti cruciali degli ultimi anni – “primavera araba”, Siria, Ucraina, ecc. – è sintomatico della “scomposizione” che operano gli Stati Uniti per dominare l’Europa (la UE è una sorta di prolungamento della NATO). E nessuno vuol rendersi conto di dove si situa il punto di forza dell’azione statunitense. Alcuni torbidi ambienti (e personaggi) divergono l’attenzione da tale punto di forza urlando contro la finanza cattiva, l’euro, la UE (ma non per il fatto d’essere longa manus degli Usa, bensì perché sottoposta alla Germania!). La vera questione centrale è che i Servizi di tutti i paesi europei sono strettamente intrecciati con (per non dire creati da) quelli degli Stati Uniti. Gli italiani è ben noto; ma anche i tedeschi – che hanno recentemente tentato di contrabbandare l’abbattimento dell’aereo malaysiano da parte dei settori ucraini filo-russi – non sono da meno (questo spiega anche le posizioni non proprio coerenti della Merkel tra l’inizio della crisi ucraina e gli ultimi tempi). E, per quanto forse più copertamente, anche i francesi non scherzano; e hanno sempre boicottato la politica gollista fino a favorire alla fine personaggi come Sarkozy e Hollande (pur appartenenti a forze politiche in competizione soprattutto per i migliori servigi da rendere agli Usa).
4. Risulta quindi chiaro ed evidente il comportamento che dobbiamo tenere in quanto settori per il momento solo culturali in una simile fase (lo ricordo: multilaterale, sbriciolata in necessità soprattutto tatticistiche). Dobbiamo appoggiare tutte le forze in qualche modo sovraniste. Dobbiamo tenere conto che la loro a volte eccessiva “timidezza” (e certi ondeggiamenti che ci preoccupano pur sempre) è spesso causata dalla capacità di penetrazione degli Stati Uniti (via Servizi), i quali ricorrono ad ogni mezzo: ricatti economici, sabotaggi di vario genere, scandali e uso della “Giustizia” e, quando occorra, assassinio (magari mascherato da incidente). Non è uno scherzo battersi contro cotale nemico. Che ha creato poi dei subdoli suoi alleati mascherati da critici. Sono quelli che urlano, come appena sopra detto (ma lo ripeto per i sordi!), contro la finanza, contro l’assenza di sovranità monetaria, contro la UE ma in fondo per riformarla (o anche scomporla) pur sempre favorendo la presa statunitense. Chi non dice che il nemico principale sono gli Usa, che il loro avversario principale è la Russia, ecc. va guardato con sospetto in quanto vero “Jago” della situazione. E noi non dobbiamo rimbecillire come “Otello”!
Nemmeno prendiamo la Russia come paese antimperialista (significa non capire un accidenti di che cos’è l’imperialismo in quanto fase policentrica!). La Russia è il principale antagonista degli Usa anche per i prossimi vent’anni. Occorre dunque che l’Europa (e l’Italia) sviluppino una agguerrita ostpolitik (altro che TTIP!). Ma tutto questo esige una totale bonifica del terreno politico attuale con metodi non proprio ortodossi. E attenzione massima ai Servizi, arma fondamentale di lotta nella fase di multilateralismo (tatticistico). Chiaro?