La Russia: un vettore indispensabile per il recupero economico dell’Italia e dell’Unione Europea

Creato il 24 gennaio 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Editoriale del Quaderno di Geopolitica n. 1: Non solo gas. Le relazioni economiche tra Italia e Russia

 
L’attuale fase di recessione economica che pervade l’intera Unione Europea ha colpito in maniera virulenta alcuni dei suoi Paesi membri, tra cui la Grecia, l’Italia, e la Spagna, con l’effetto di contribuire ulteriormente –sul piano geostrategico e geopolitico- all’instabilità dell’intero quadrante mediterraneo. La crisi economico- finanziaria si ripercuote, come noto, anche nei rapporti multilaterali, limitando ancora di più gli spazi di manovra delle singole nazioni europee. Al fine di uscire dalla presente impasse, risulta pertanto necessario trovare nuove strade e nuovi partner strategici, sia per l’Unione Europea nel suo insieme sia per le Nazioni maggiormente colpite. Per quanto concerne l’Italia, appare essere sempre più decisivo e strategico l’investimento nell’opzione bilaterale. Tra i paesi con cui intrattenere e incrementare le relazioni economiche, in un quadro di lunga durata, si annoverano i membri dei nuovi cluster geoeconomici, come i BRICS e la costituenda Unione Eurasiatica. In ragione della profonda complementarità che sussiste tra le economie italiana e russa, Mosca potrebbe costituire per Roma il più promettente partner, non solo dell’immediato presente, ma soprattutto del futuro.

 
La crisi finanziaria ed economica che ha investito gli Stati Uniti a partire dal biennio 2007-2008 si è riversata negli anni successivi, come noto, sull’intero sistema geoeconomico occidentale, fino a comprometterne le basi. In particolare, la crisi ha messo a nudo alcune distonie e incoerenze di fondo dell’impianto politico, economico e monetario dell’Unione Europea (UE). Ciò ha contribuito a evidenziare nelle classi dirigenti dei singoli paesi membri dell’UE e, soprattutto, nelle loro opinioni pubbliche una disaffezione crescente verso la stessa costruzione europea. Sull’onda della crisi economica e sociale, è dunque verosimile aspettarsi nel prossimo futuro non soltanto una ripresa delle spinte e tendenze “euroscettiche”, peraltro sempre presenti in Europa, ma anche una loro profonda influenza sulle decisioni dei governi nazionali. L’eventuale frammentazione dell’Unione Europea è pertanto uno scenario da prendere in seria considerazione per almeno tre importanti ragioni: sia per stimarne l’impatto sui suoi Paesi membri, sia per valutare le conseguenze che tale evento potrebbe produrre in un sistema globale che si va vieppiù organizzando, in forme variegate e con differenti fasi temporali, sulla base di aggregati multinazionali e continentali, sia, infine, per ipotizzare ed individuare eventuali metodologie e prassi per il contenimento del probabile fallimento della casa europea o per la sua riformulazione nel nuovo quadro multipolare.

L’UE, se confrontata con le nuove aggregazioni geopolitiche e/o geoeconomiche, formali o informali che siano, tra le quali vanno certamente annoverate l’Unione doganale eurasiatica, i Paesi Brics, l’Asean, l’OCS, l’Unasur, il Mercosur, appare sempre meno pronta a recepire i cambiamenti globali in atto. Tale difficoltà al cambiamento è imputabile non soltanto alla permanente conflittualità o dialettica interna, dovuta alle opzioni “nazionalistiche” di taluni governi nazionali, ma anche alla inadeguatezza della maggior parte delle istituzioni europee; a questi due fattori appena citati, occorre aggiungere anche il fattore geopolitico: l’UE, in un periodo di crisi “globale”, sconta certamente il fatto di avere una posizione geopolitica sbilanciata verso l’alleato statunitense.

A fronte della frammentazione in atto nell’UE e delle difficoltà economico-finanziarie dei paesi mediterranei summenzionati, alcuni paesi, tra cui principalmente Russia, Cina, India, Brasile, Turchia, Kazakhstan sembrano rispondere meglio alle perturbazioni in corso. Ciò sembra dovuto in massima parte alla capacità mostrata da queste nazioni nel trovare punti di raccordo tra le loro necessità economiche, politiche e strategiche di lungo periodo, sulla cui base, superando anche antiche e profonde incomprensioni, hanno intessuto, e seguitano ad intessere relazioni, vuoi geopolitiche, vuoi geoeconomiche. I paesi che fanno parte di questi nuovi cluster (geopolitici e geoeconomici) saranno verosimilmente i paesi leader degli scenari mondiali a venire. Risulta dunque evidente ed urgente per l’UE individuare quanto prima quali di questi paesi possano costituire nell’immediato dei validi partner per il superamento dell’attuale crisi economica e finanziaria.

Per quanto concerne l’Italia, la Russia – già importante, e per alcuni versi insostituibile, partner commerciale – costituisce una delle potenziali nazioni cui Roma dovrebbe guardare con particolare interesse nel prossimo futuro. Una intesa economico-finanziaria tra Roma e Mosca, più articolata e coesa di quanto sia attualmente, gioverebbe certamente ai due paesi, ma particolarmente all’Italia, che, in questo periodo, tra i membri dell’UE, sconta maggiormente la perturbazione economica e finanziaria con effetti sociali devastanti per le sua stabilità sociale interna.

L’insistenza del premier Monti sulla strategicità del dialogo bilaterale tra Mosca e Roma, recentemente riaffermata nel corso degli incontri di Mosca e Soči del luglio scorso, sembra situarsi in tale prospettiva. Una prospettiva, peraltro già tracciata dai precedenti governi Prodi e Berlusconi1, che con l’ingresso di Mosca nell’Organizzazione Mondiale del Commercio acquista una crescente importanza. I rapporti economici tra i due paesi, sebbene ancora sostanzialmente imperniati sulle necessità energetiche italiane, concernono sempre più nuovi settori. L’ampliamento ed il consolidamento di tali rapporti inizia infatti ad estendersi in altri campi, in particolare in quelli relativi al trasferimento tecnologico, all’alta tecnologia e allo sviluppo di infrastrutture su scala transeurasiatica. Per l’Italia, la Russia costituisce in prospettiva non solo un vasto mercato, ma soprattutto, in virtù della sua posizione geografica, l’accesso all’aggregato dei Paesi CSI e, in particolare, se si tiene conto della costituenda Unione Eurasiatica, al Kazakhstan e alla Bielorussia.
Sembrano maturi i tempi, accelerati dalla crisi del sistema occidentale, per mettere in campo una strategia macroregionale condivisa tra Mosca e Roma ai fini della modernizzazione/industrializzazione della massa eurasiatica, cui il contributo italiano in termini di conoscenza scientifica, tecnologica ed esperienza nell’ambito degli investimenti a lungo termine assicurerebbe un sicuro successo.


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