Magazine Atletica
Deciso a dimostrare, a me stesso sopratutto, che il 143 posto nella "La 5 Comuni" di Issiglio fosse dovuto, in gran misura, alle fatiche del trail corso due giorni prima, affronto i 16 chilometri della Gran Fondo di Barbania con piglio spavaldo, cercando da subito di non perdere contatto, almeno visivo, con il gruppo dei migliori. Tale tattica si dimostra avventata, perché, ignaro delle altimetrie del percorso, la vista della prima salita si palesa già al quarto chilometro, prima che avessi potuto assorbire la fatica della tirata iniziale. Vivo un momento di sconforto: conosco quella salita avendola percorsa, e odiata, in gare ciclistiche di eoni fa. Ne affronto quindi i quasi quattro chilometri con stato d'animo incline alla depressione. Gli unici allenamenti che svolgo in salita sono quelli sui cavalcavia, dunque è destino che debba soffrire. Si palesano i primi sorpassi dalle retrovie, che d'altronde mi aspettavo. Non tantissimi, per fortuna, cosicché riesco a scollinare con una flebile dose di ottimismo in corpo. So che oggi sarà dura, perché costantemente SOPRA ai miei limiti, tanto che subisco ogni chilometro, come un pugile costantemente alle corde. Mi forzo a rallentare un po’ e ne traggo qualche beneficio, ma il percorso non fa sconti e mi vedo comunque costretto a stringere i denti. Salto ogni ristoro per non perdere tempo e rompere il ritmo, ma persino nel mio campo favorevole, la discesa, non riesco ad allungare quanto vorrei. Al 13esimo chilometro le gambe decidono improvvisamente che ne hanno abbastanza e mi lasciano: bye bye.
Però non è ancora finita, maledizione. C'è spazio per un tratto di sterrato, che prelude all'epica erta finale, un lunghissimo chilometro alla cui vista mi abbandona anche la testa, tant'è che alterno camminata e corsetta trovando il fiato per maledire tutte le salite del mondo. Sopratutto in quel frangente subisco altri sorpassi, ma la fatica è tale da rendermi immune da ogni genere di preoccupazione agonistica. Quello che m’importa è FINIRE LA DANNATA GARA.
Un’occhiata all'ordine di arrivo mi scopre al 94esimo posto su 222, ventiduesimo di categoria.
Dopo una gara simile posso solo affermare con più convinzione: odio le salite.
Oggi però mi sono sentito veramente parte di una squadra ed è stata una bella sensazione.
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