Carissimi lettori e compaesani, mi deludono i soliti allarmismi stratosferici amplificati come sempre dai media anche se trattasi di vite umane. Abbiamo messo da parte per un momento i preti pedofili e dove ci dobbiamo scagliare ora? Ora parliam oe sparliamo di malasanità, argomento di fuoco in questi giorni, l’argomento delicato e controverso, si somma ad un mal costume generale che sfocia in una maleducazione amplificata nei confronti di tutti gli operatori sanitari, facendo come sempre di tutte le erbe un fascio. Per ogni povera mamma o bambino che muoiono durante un parto, altrettante vite moltiplicate al quadrato vengono salvate dai nostri medici. A volte e in casi estremi, il medico deve far partorire la donna su di un aereo, sul sedile posteriore di un’automobile oppure, sui gradini di una scala (due anni fa a Milano…ndr) Quanti infarti, ictus, ischemie cerebrali sono stati invece presi in tempo per la solerzia e la preparazione dei nostri medici e del personale infermieristico? Non amo di certo quei medici o paramedici che si mettono a litigare in sala parto mentre la partoriente ha la pancia aperta per il cesareo, magari con complicanze ed emergenze alle quali, forse nemmeno loro (come un medico ha ammesso al TG1) erano preparati. Sono esseri umani come noi! non sono infallibili e non hanno la bacchetta magica per ogni situazione, pertanto lasciamogli il beneficio di poter (si spera pochissimo) sbagliare. Non capisco fino in fondo l’accanimento animalesco dei familiari, le denunce, le calunnie a tutta la categoria, così di botto senza nemmeno attendere l’esito delle autopsie sui corpi. Accecati e stravolti dal dolore più che comprensibile, tralasciano di precisare se la madre soffriva di patologie particolari in gravidanza e quindi poteva benissimo esserci la possibilità, che il parto fosse un parto molto a rischio. Non viene evidenziato se ella soffriva di gestosi, diabete, cardiopatie varie, placenta previa o che si stacca durante l’espulsione del feto… Io e la mia famiglia abbiamo spesso bisogno di medici ed ospedali: li posso solo ringraziare augurandogli di non abbandonare mai la loro indispensabile professione e di non perdere l’entusiasmo e la devozione che mettono nel compiere il loro mestiere. Perché non citiamo anche le opere che fanno a titolo gratuito, in quei Paesi dove a.i.d.s., lebbra, colera, febbri tifoidee, tbc, malaria e quant’altro di più pericoloso e mortale esista, loro in religioso silenzio aiutano questi ammalati rifiutati da tutti. Si occupano di loro, li toccano, li abbracciano, li baciano e li curano, esponendosi al rischio del contagio, ma non per questo si sottraggono al loro dovere e alla loro missione: cercare di guarirli con tutto il sapere che possiedono e l’amore per la vita. Provano a salvarli, tentano di vincere queste malattie non sempre riuscendosi, ma almeno tentano, per fortuna spesse volte e per migliaia di vite la guarigione arriva. Noi abitiamo a Reggio Emilia, a due passi da un Ospedale attrezzatissimo in ogni reparto, lasciamo stare le cattiverie gratuite e lasciamoli lavorare, pregandoli solo di tenere i loro problemi fuori dalle sale operatorie: incitiamo invece altri giovani ad intraprendere la difficile strada del medico chirurgo.
Risposta del dottor Andrea Fiori.
Sulle cattiverie gratuite c’è poco da dire. Sul compito della stampa, qualcosa sì. Il mestiere dell’informazione non è tacere le cose, è raccontarle: le belle e le brutte. Possibilmente con rispetto , senza tirare conclusioni affrettate, senza dare patenti.