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Si illudono che sarò tutto facile ma in un paesino che sembra fuori dallo spazio e dal tempo, in cui convivono superstizione e credulità religiosa, la reazioni degli abitanti possono essere anche di violenza esagerata.
E così è.
Presto si accorgeranno di aver commesso l'errore più grande di tutta la loro vita.
L'ultimo forse.
E' sempre un grandissimo piacere trovare tra le pieghe della distribuzione piccoli film italiani come questo che sono piccoli solo come budget ma che racchiudono in sè passione e talento fuori del comune.
Cosimo Alemà proviene dal mondo del videoclip musicale , e si vede, ma tutto questo non diventa una zavorra che ricopre di una patina finta e superficiale tutto quello che inquadra, ma in un insospettabile punto di forza, riuscendo a trarre il massimo dalle locations fuori dai normali circuiti commerciali in cui si trova a lavorare e dai set , dall'aspetto abbastanza spartano in cui è ambientata la pellicola.
La trovata migliore di questo film è il ribaltamento che viene operato appena dopo la rapina , della prospettiva attraverso cui vengono inquadrati i protagonisti.
Da quattro sfaccendati che si sono messi un'idea "meravigliosa" in testa per quanto astrusa e ridicola, da potenziali cattivi Dante, Gianni, Agostino e Diego diventano carne da macello, vittime di un paesino che da tranquillo borgo isolato nella superstizione mostra subito il suo volto feroce e tutti i rivoli velenosi che lo percorrono trasversalmente.
I quattro rapinatori disposti a tutto pur di svoltare nelle loro grame esistenze si trovano inopinatamente a lottare per la propria vita e il film segue le loro vicende distintamente perché per avere una minima speranza di sfuggire al cerchio che si sta chiudendo sempre più strettamente attorno a loro, l'unica cosa che possono fare è dividere le loro strade.
La Santa diventa col passare dei minuti una sanguinosa caccia all'uomo in cui l'alternarsi della varie storie riesce a creare un clima angoscioso, roba da tagliarlo col coltello.
Pur descrivendo una provincia oscura e arretrata non rimane fedele al clichet della semplice folklore regionale.
Anzi azzarda in più di un'occasione una critica feroce alla religiosità come paravento dietro cui nascondere immoralità e brutalità assortite.
Questa è una provincia talmente isolata in un limbo di violenza e distorta religiosità che incute paura : non solo avversione per il diverso ma la consapevolezza di avere una legge propria, più crudele di quella del taglione che permette di rimanere impuniti.
E questo i quattro rapinatori non lo sanno, non lo sospettano quando arrivano in quel luogo che sembra dimenticato da Dio e e dagli uomini.
Buono il livello di recitazione degli attori principali, qualche normale debolezza nel livello attoriale dei personaggi secondari ( ma è cosa ampiamente giustificabile), qualche dialogo un po' troppo forbito ed esistenzialista per trovarsi nel bel mezzo del nulla da qualche parte nel Salento, mai nominato ma lasciato intuire ma una regia più che all'altezza e l'inerpicarsi in un genere come quello del thriller e del noir, frequentato pochissimo dal cinema italiano, fanno di questo film una piccola gemma preziosa da difendere oltre le debolezze oggettive date da un budget irrisorio ( 180 mila euro ) di fronte a quello delle grandi produzioni.
Cosimo Alemà è regista di talento e spero presto di vederlo al lavoro con budget più consistenti.
(VOTO : 7 / 10 )
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