Rodotà, occasione perduta
Nel corso dell’intervista rilasciata ieri sera a Fabio Fazio abbiamo avuto l’ennesima riprova, se mai ve ne fosse necessità, dell’altissimo profilo civile, morale ed istituzionale del professor Stefano Rodotà, cosa che ha messo ulteriormente in evidenza l’inescusabile ostracismo del Partito Democratico nei riguardi dell’esimio giurista, un vero e proprio scandalo che tutt’oggi risulta incompreso, poiché inspiegato (probabilmente perché inspiegabile) agli occhi di un elettorato sempre più deluso e indignato. Vorrei soffermarmi, segnatamente, su due passaggi dell’intervista che ho trovato particolarmente rilevanti e che, sia pure in minima parte, possono contribuire a far luce sulle irragionevoli ragioni del «gran rifiuto».
Anzitutto, l’insistenza del professor Rodotà sulla tutela dei diritti inalienabili della persona a fronte di una civiltà e di una politica che dimostrano ormai di obbedire soltanto alla legge implacabile e inumana del mercato: affermazione di un’attualità sconcertante, vista la morte di 348 persone e il mancato ritrovamento di altre 761, per lo più donne e bambini, coinvolte nel crollo di una fabbrica tessile di Dacca, nel Bangladesh, testimonianza agghiacciante e ignorata del fatto che la schiavitù, in verità, è lungi dall’essere abolita. In quella fabbrica apparsa fugacemente nelle cronache di questi giorni al fine di ottemperare al rito ipocrita di una contrizione forzata, ma in verità non sentita, le grandi firme della moda occidentale facevano confezionare i loro prodotti e lievitare i loro guadagni, in spregio a ogni diritto della persona e del lavoratore. La logica di mercato, al contrario, bandisce il diritto e la sua inalienabilità dai propri orizzonti, trasformando la vita umana in merce e dando al suo inestimabile valore un prezzo infimo. Denunciare questa situazione è, fino a prova contraria, compito di una sinistra che, invece, sembra aver abdicato al suo ruolo, dacché isola, estromettendole dalle proprie fila, le persone che su tali questioni si esprimono con chiarezza e lungimiranza.
In seconda istanza, quando si è trattato di fornire un esempio concreto di violazione dei diritti inalienabili della persona, il professor Rodotà ha fatto riferimento alla situazione di discriminazione cui sono ancora soggette, in Italia, le coppie dello stesso sesso. Mentre la Francia, tra le mille, immancabili polemiche del cattolicesimo bigotto e del fondamentalismo religioso, ha preso in merito una decisione che fa onore alla laicità che in quel Paese informa il diritto, noi continuiamo a tergiversare, restando ostaggi di moralisti e benpensanti che, ossequiosi e reverenti, considerano il Parlamento un’appendice del Vaticano. L’aspetto più sconfortante di tutta la vicenda, però, risiede nel fatto che persone di tale risma trovano inspiegabilmente posto in seno ad un partito che, non si capisce come a questo punto, dice di fare della laicità uno dei propri irrinunciabili capisaldi. Anche in questo caso, dunque, di sinistra non è rimasto alcunché.
La speranza è che il cantiere prospettato da Vendola, al quale va tutta la mia stima per la lealtà e la coerenza dimostrate nell’intero arco di questa fase politica torbida e convulsa, prenda finalmente corpo. Alla realizzazione di questo progetto, caro Niki, voglio credere che una parte non irrilevante dell’elettorato di sinistra – e mi includo – sarà pronta a dare sostegno e concreta, fiduciosa collaborazione. Al momento, la proposta ha incassato il sì convinto dello stesso Rodotà. È un buon inizio, non c’è che dire.
Alessandro Esposito – pastore valdese (pubblicato su MicroMega di lunedì 29 Aprile 2013)