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La schizofrenia del Fondo Monetario Internazionale: critica l’austerità ma ne chiede sempre di più

Creato il 15 ottobre 2012 da Keynesblog @keynesblog
La schizofrenia del Fondo Monetario Internazionale: critica l’austerità ma ne chiede sempre di piùdi Francesco Saraceno*

Ho già avuto modo di rilevare che il Fondo Monetario Internazionale è a volte simile a Dr. Jekyl e Mr. Hyde. Ma non a tal punto. La scorsa volta citai un semplice working paper. Questa volta stiamo parlando del documento più importante che il Fondo produce. Ecco alcuni estratti dall' ultimo Outlook del FMI, pubblicato lunedì scorso:

"Le forze che deprimono la crescita nelle economie avanzate sono il consolidamento fiscale ed un sistema finanziario ancora debole. Nella maggior parte dei paesi il consolidamento fiscale sta procedendo in maniera pianificata. Ma se da un lato questo consolidamento è necessario, non c'è dubbio che esso stia gravando sulla domanda, e l'evidenza suggerisce sempre di più che, nello stato attuale, i moltiplicatori sono molto grandi."
"Il consolidamento fiscale dovrebbe essere graduale e sostenuto, dove possibile, supportato da cambiamenti strutturali giacché va a gravare inevitabilmente sulla domanda. Gli attuali sviluppi suggeriscono che i moltiplicatori fiscali di breve termine potrebbero essere stati molto più ampi di quanto previsto il corso di progettazione della manovra fiscale. La ricerca riportata nelle precedenti edizioni dell'Outlook, evidenzia che i moltiplicatori fiscali sono stati molto vicini ad 1 in un contesto mondiale in cui numerosi paesi effettuano l'aggiustamento simultaneamente; l'analisi qui suggerisce che i moltiplicatori possono ben aver superato l'unità ..(p.21). Il risultato principale, basato su dati da 28 economie, è che i moltiplicatori utilizzati per effettuare le previsioni sulla crescita sono stati sistematicamente sottostimati fin dall'inizio della Grande Recessione, da 0,4 fino a 1,2, a seconda della fonte della previsione e dell'approccio di stima utilizzato. L'evidenza empirica mostra che i moltiplicatori utilizzati implicitamente per effettuare queste previsioni si aggirano intorno a 0,5. (p. 41)"

Da notare: il moltiplicatore cattura l'impatto sulla produzione di una variazione delle variabili fiscali. Se esso è maggiore di uno significa che la riduzione del deficit di un dollaro dà luogo ad una caduta dell'output di più di un dollaro. Pertanto il rapporto tra deficit e Pil aumenta. In questo sta l'essenza del fallimento dell'austerità. A partire da lunedì scorso, la questione ha ottenuto molta attenzione (si vedano ad esempio Fatas e Krugman). Ma andiamo avanti.

"Nell'area dell'euro debbono essere messi in atto programmi di consolidamento fiscale. In linea generale si dovrebbe porre attenzione a realizzare obiettivi fiscali di tipo strutturale, piuttosto che obiettivi nominali che con molta probabilità sarebbero condizionati dalla situazione economica. In economie non soggette alle pressioni del mercato si dovrebbe consentire una piena operatività agli stabilizzatori automatici. Considerati gli elevati rischi depressivi, le economie che presentano situazioni fiscali meno compromesse, dovrebbero essere pronte a mettere in atto misure di carattere contingente se tali rischi dovessero materializzarsi."

Che in poche parole significa: il consolidamento fiscale nella periferia europea deve essere di tipo strutturale (non con obiettivi di deficit nominali), e accompagnato da politiche fiscali espansive nei paesi che se lo possono permettere.

"In primo luogo, una politica di riduzione del debito di successo richiede un consolidamento fiscale accompagnato da un mix di politiche a supporto della crescita. Gli elementi chiave di questo mix sono rappresentati da misure dirette ai punti di debolezza strutturale dell'economia, e una politica monetaria di sostegno. In secondo luogo, il consolidamento fiscale deve premiare riforme persistenti e strutturali della finanza pubblica rispetto a misure temporanee o di corto respiro. Sotto questo punto di vista le istituzioni fiscali possono concorrere a rendere stabili diversi risultati. In terzo luogo, la riduzione del debito pubblico richiede tempo, specialmente nel contesto di un ambiente esterno fragile". (p.101)

E ancora (parlando del Giappone):

"Quando la debolezza strutturale del sistema finanziario impedisce la normale trasmissione dello stimolo monetario, e quando tassi di questa politica sono vincolati dalla soglia zero, il rischio di crescita anemica e fragile è elevato, indipendentemente dalla strumentazione fiscale. Un ambiente macroeconomico di questo tipo preclude chiaramente un consolidamento fiscale di successo: tutte le volte che sono state intraprese misure di questo tipo, l'economia è sprofondata nella depressione" (p.115)

Infine (dopo un po' diventa persino noioso)

"Le implicazioni non sono uguali per i paesi che oggi debbono fronteggiare alti livelli del debito. Per alcuni, come gli Stati Uniti, dove è stata affrontata la debolezza del sistema finanziario e la politica monetaria è di massimo sostegno, sembrerebbero esserci le condizioni per il consolidamento finanziario. In altri come i paesi della periferia europea, dove i settori finanziari rimangono deboli e le questioni fondamentali relative all'unione monetaria rimangono tutte da affrontare, i progressi potrebbero essere limitati fintantoché tali questioni restano irrisolte. [...] Le implicazioni per oggi sono moderate -diffusi sforzi di consolidamento fiscale, pressioni per una riduzione dell'indebitamento privato, trend demografici avversi e l'impatto della crisi finanziaria rendono assai improbabile lo stabilirsi di un ambiente esterno che ha giocato un ruolo importante in precedenti episodi di riduzione del debito. Le previsioni circa gli obiettivi che si vogliono raggiungere debbono essere formulate realisticamente" (p.126).

Ok, a questo punto uno si aspetterebbe che il Fondo Monetario Internazionale valuti attentamente, sul campo, se le condizioni macroeconomiche di un paese consentano il consolidamento fiscale e raccomandi un insieme organico di misure che assicurino che gli effetti perniciosi della riduzione deficit siano minimizzati. Sì, bene. Ecco cosa leggiamo in una recente agenzia stampa:

"Le proteste si sono sollevate un giorno dopo che la Grecia ha reso noto un bilancio di austerità che prefigurava un sesto anno di recessione nel 2013 ma non è riuscito a convincere la troika, che si è mostrata scettica circa i piani di Atene di tagliare le spese sanitarie e della difesa".
"La troika si sta interrogando sulla efficacia delle misure legate alle riforme strutturali", ha dichiarato un esponente governativo, nel citare i piani dei risparmi derivanti dalla ristrutturazione della sanità e di altri ministeri [...].
I colloqui sui tagli venivano ulteriormente complicati da una spaccatura interna tra l'UE e il FMI su come risolvere la crisi greca, come riportato da Reuters la scorsa settimana. Il FMI vuole che la Grecia riduca ulteriormente il suo debito facendo accelerare le condizioni per un default, mentre l'Europa si sta opponendo ad una nuova ristrutturazione del debito e preferisce invece dare più tempo ad Atene per rimettersi in carreggiata, hanno dichiarato gli esponenti a Reuters."

Potrei riportare altre citazioni ma mi fermo qui. E dunque la domanda è: a quale Fondo Monetario Internazionale credere?

(*) senior economist OFCE, Parigi

Articolo originale

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