- I. La consapevolezza e l’incoscienza
Poteva pedalare anche all’indietro, la bici azzurra. O era un falso ricordo? All’indietro, la bici di suo figlio fatica a muoversi, il piccolo grugnisce di uno sforzo non simulato quando va tirata fuori dal deposito, e lei gli deve imporre di scansarsi, di lasciarle fare. Lui borbotta, lei solleva il peso e la gira in verso contrario. È una bici blu. Mentre la sua, quella era stata azzurra, proprio celeste chiara, con la corona spessa, le pareva. Ma forse ricordava male. Indietro, andava una meraviglia. Forse. Fatto sta che ci si pedalava forte.
- II. Il sogno e la realtà
Se si stratifica il tempo, come le mani di vernice sopra una vecchia bici, tra strato e strato a volte restano intrappolate bolle d’aria. Gratti la superficie, anche senza volerlo, e trovi ad aspettarti un vecchio colore. Resti sorpresa. Ti torna in mente tutto, o quasi. Quello che è stato davvero, e quello che hai aggiunto tu (non puoi negarlo: certi sogni si sono solidificati e tu li credi realtà, o fai finta di crederlo. Sono davvero tante le volte che ti sei escoriata le gambe, cadendo malamente dalla bici? Tante in diversi anni, o in una sola stagione? In un solo mese? In una manciata di ore?).
- III. I fatti fraintesi
Insieme, vediamo il verde, perché tu metti il giallo, e io il blu; così il rosa, l’arancione, quasi ogni colore; con l’eccezione di quando tutto è rosso: è rosso per entrambi. E, se vediamo nero, allora è dura. Capire cosa ognuno di noi per primo vuole. Diciamo di dialogare. Se io parlo di carne e tu di pesce, e ci intendiamo benissimo, quindi hanno lo stesso sapore? Ci sembra di correre affiatati, ma a poco a poco i rami degli alberi ti si richiudono dietro la schiena, mi si annebbia la vista, rallento, convinta che non ti riprenderò. Dietro una curva, eccomi sbatterti contro. Stavi tornando da me.
- IV. Il sogno e la realtà
La vita nelle bolle è effimera. L’inutile vetro argentato smette di riflettere, le bolle scoppiano. Scoppiano ad una ad una, ti liberano nell’aria in un momento e tu torni alla veglia. La pasta è cotta, condiscila col sugo e porta in tavola. A lui lasciala in bianco, con burro e parmigiano.
- V. La consapevolezza e l’incoscienza
Suo figlio l’apprezza, specie quando in salita la bici blu arranca, e lui grida: “Vieni da me, non riesco a usare il cambio!” La bici grande tonfa nell’erba alta, lei sbuffa, ritorna indietro a piedi e lo raggiunge. Prende il sellino con la mano sinistra, lui ci è seduto sopra, si mette in posizione di partenza. Prende il manubrio al centro, ai lati ci sono le mani del piccolo, che freme e ride insieme, e grida ancora: “Dai, brava, così, sto pedalando, ora lasciami andare!” Lo vede allontanarsi, sa che non ha nessuna intenzione di fermarsi. L’afferra un groppo di malinconia. Risale in sella e lo segue. Le arriva la sua voce, lo sente dire: “Grazie!”
- VI. La Grande rappresentazione
La madre non ha tempo, non si specchia più nel vetro liscio (che si impolvera) dal retro argentato (che con il tempo si ossida e forma macchioline ai bordi come bolle, brucate nottetempo da invisibili insetti). Dritto e rovescio, fasce opposte della medesima faccenda casalinga che non la riguarda: la curiosità è bambina e lei, no, non lo è più. Infatti è il figlio quello che riapre il caso.
– Secondo te le cose che sono riflesse nello specchio sono uguali alle cose vere?
– Credo di sì. Direi proprio di sì.
– Io invece pensavo di essere diverso.
– No, sei abbastanza uguale.
– Uhm. – Fa seguire una serie di affacci al bordo della specchiera, giravolte, arretramenti.
– Ma proprio tutto-tutto è uguale a quello che sta davanti allo specchio?
– Perché ti fai tante domande complicate?
– Cerco solo di scoprire le cose che tutti devono sapere al mondo.
– Un’indagine scientifica… Ma devi condurla con metodo, qual è il tuo metodo per stabilire se è vero ciò che pensi?
– È semplice, controllo che le cose che sono davanti allo specchio siano uguali a quelle che sono riflesse.
– Non fa una grinza. – Si costringe a darsi appena un’occhiatina.
– Anche io sono uguale al mio riflesso nello specchio?
Lui osserva le due mamme, rimugina, e delibera:
– Uguale uguale.
– Ah. Ne sei proprio sicuro?
– Aspetta un po’, fatti guardare bene… Lo sai che sei bellissima?
Ora, o è bugiardo lui o lo è lo specchio.
- VII. Deliri d’onnipotenza
– Ci pensi se tu eri quella che consegna le statuette ai film più belli?
– Uh, sì, indosserei un magnifico vestito, tutto lungo qui e con una scollatura così, e i capelli li…
– Pensa che fortuna! Io ti direi qual è il film più bello che ho visto e tu decideresti di dare a quello la statuetta.
– Sai, funziona proprio così la consegna degli Oscar. A proposito, com’era il film che hai visto oggi al cinema?
– Bellissimo. Il film più bello del mondo… Come mi piacerebbe se tu gli consegnassi la statuetta.