Non ne ho mai fatto mistero: a proposito dei colloqui ho sempre preferito essere diplomatica, d'altronde non riesco a dimenticare che parliamo di una fascia d'età tra i sei e i dieci anni. Però in quinta elementare le cose cambiano e insieme a esse le scelte e le soluzioni.
Durante i colloqui penso che si debbano dire per prime le cose positive, ce ne sono sempre basta essere capaci a vederle, facendole seguire dalle cose da migliorare, magari evitare parole come disastro, non combina mai nulla, o il pessimo è intelligente ma non si applica ormai trito stereotipo manco più buono per le barzellette. Comunque sia quella manciata di minuti faccia a faccia con i genitori lo penso sempre all'insegna della propositività. L'aiuto dei genitori è prezioso e possono essere dei validi collaboratori se capiscono quali sono i nostri obiettivi: è meglio che vadano via consapevoli delle difficoltà ma anche con la speranza che non tutto è perduto e che un lavoro di collaborazione scuola-famiglia non potrà che portare buoni risultati.
Però questa mia è solo una ricetta, per dirla semplice, mica è detto che sempre funzioni, anzi sono già certa che non funziona in alcuni casi, per esempio quando la pacatezza e questa visione in positivo dello stato dell'arte lato alunno, provoca un certo adagiarsi non solo di quest'ultimo ma anche dei genitori, che non si sa come si convincono che il poco che il figlio fa, siccome è stato connotato di positività è comunque sufficiente. In pratica tutta la parte delle migliorie che andrebbero perseguite proprio partendo da quell'impegno ancora ridotto, viengono completamente disattese, con il risultato che non solo si evidenziano impreparazioni continue, scarsezza di produzione soprattutto nei compiti a casa, ma quel che è peggio la volontà e l'interesse si riavvolgono come una molla e a nulla valgono le sollecitazioni, le attività guidate, le carezze e perfino i rimproveri.
E a quel punto, e solo a quel punto, che si capisce che i colloqui sono una buona occasione per dare la cosiddetta scossa e comunicare alla famiglia in modo gentile, preoccupato ma assai deciso, che sì è vero la scuola primaria finisce e tutto ricomincia, ma che stando così le cose con quel ritmo di lavoro e la rinuncia a perseguire l'obbiettivo, la bocciatura al primo anno è dietro l'angolo. E magicamente questo è un discorso che con alcuni alunni funziona, si capisce allora che si stavano adagiando sulla speranza dell'insegnante, sulla sua segreta, ma neppure tanto, attesa dello scatto d'orgoglio, che seminava senza che mai arrivasse primavera. Ma a volte la primavera arriva anche dopo il temporale improvviso, provare per credere.
E vale sempre la regola che se non è buono un metodo se ne prova un altro finché non si ottiene la risposta desiderata, in questo caso sono stati i risultati, che poi non sono per la maestra o i genitori, ma per il bambino stesso.
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