Dopo una trepidante attesa in aeroporto, finalmente Luciariesce a dare il benvenuto in Scozia al suo nipotino. La prima tappa scozzese di Gabriele è a Bannockburn; poi il gruppo prosegue verso Stirling, dove Lucia ha l’imbarazzante sorpresa di sentirsi chiedere se vuole imparare a suonare la cornamusa… Seguiamola in questa divertente avventura di “Scotland, my love”.
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L’indomani mattina la sveglia mi ha buttata giù dal letto a un orario decisamente irrispettoso del piacere mattutino del sonno! Prestoooo! Ho cercato di svegliarmi con una colazione arrangiata con del tè preparato col boiler che avevo in camera e qualche “pezzo dolce” di fortuna; successivamente, ci siamo recati all’aeroporto di Edinburgh, Turnhouse, ad attendere mia sorella Elisabetta e mio nipote Gabriele. Ero inebriata da un vortice di emozioni per il loro arrivo, soprattutto per quello di Gabri.
Il suo primo viaggio all’estero, in aereo e oltretutto in Scozia! Provavo gioia per questo arrivo, ma quanto ho patito durante le loro due ore di volo da Pisa verso Edinburgh! Avevo uno stato d’ansia altissimo. Non staccavo gli occhi dal monitor ed ero trepidante all’idea di veder apparire la scritta “landed”. Ho rischiato lo svenimento un paio di volte e ho riempito di chiacchiere inutili e ridondanti le orecchie di Paolo e dei miei vicini “d’attesa”. Forse ora realizzo perché, una dopo l’altra, le persone accanto a me se ne andavano, non prima di aver lanciato un’occhiata sinistra alla mia persona.
Quando finalmente ho visto “landed”, ho sfogato la mia agitazione nelle lacrime (quanto la faccio melodrammatica!!! Lo sono, ahimè!). Cominciava quindi un’altra attesa: vederli apparire dalla porta. Quella porta si apriva ogni poco e si vedevano passare mandate di persone biondissime, altre meno bionde, finchè non si sentiva parlare italiano e quando ho sentito l’accento toscano, ho capito che non avrebbero tardato molto. Ecco il mio nipotino fare capolino a Edimburgo, tranquillo, sereno, comodamente seduto sul suo passeggino. Ha riconosciuto me e lo zio Paolo e ci ha sorriso. Welcome to Scotland my Beautiful Big Belly Boy!Siamo andati al B&B. Ely e Gabriele si sono rifocillati, e poi via verso Stirling. Non l’abbiamo raggiunta direttamente però. Ci siamo fermati poche centinaia di metri più a nord del B&B, al monumento di Bannockburn, situato su un prato verde, immenso, con l’erba morbida e soffice.
Gabriele si divertiva a correre su quel tappeto verde e a girare attorno al monumento di Robert the Bruce, noncurante della storia vissuta su quel campo e dell’importanza di quel posto per il popolo scozzese. Io lo guardavo orgogliosamente, mentre respirava l’aria scozzese e calpestava il suolo di quella terra amabile, ma dura. E’ lei che sceglie a chi darsi. Si rivela solo a chi ha in sé la capacità di comprendere il suo mistero e la sua magnificenza. Da Bannockburn a Stirling, i chilometri sono stati pochi. Faceva caldo, molto caldo per me che ero abituata alla temperatura delle Ebridi esterne! Passeggiavamo per le strade del centro, ci mescolavamo ai colori sgargianti delle insegne e delle enormi vetrine dei negozi che stavano chiudendo; ci mescolavamo alle persone di ogni provenienza geografica che camminavano sullo stesso marciapiede calpestato dalle nostre suole. Guardavamo lo stesso azzurro del cielo scozzese di quella calda giornata d’inizio agosto. Ci siamo quindi diretti verso il castello, percorrendo la Stirling più caratteristica, dalle vie acciottolate, dai colori ocra e nero e dall’atmosfera calma e pacata. Prima che cominciasse la salita verso il castello, la mia attenzione è stata catturata da un negozio: “Stirling bagpipes”. Ho deciso d’entrarvi per acquistare del filo per il mio practice chanter.Immaginatevi la faccia del proprietario che si è visto entrare in quel negozio tre italiani, in veste turistica, con un bambino nel passeggino carico di borse, borsine e sacchetti. Sembravamo un bazar ambulante, forse dei senzatetto in cerca d’elemosina. Si sarà chiesto che cos’avessero voluto quei folkloristici individui, in quella tipica bottega riservata a pochi, estranea all’assalto turistico, in cui, in un angolo buio, un ragazzo stava addirittura modellando a mano il bordone di una cornamusa. Stava costruendo una cornamusa!
Il proprietario mi ha parlato del più e del meno, come se mi avesse conosciuta da anni (tipico dei British…sì, lo so, gli Scozzesi detestano essere chiamati British, ma mi restava più comodo scrivere così. Non me ne vogliano! Sanno che sono una di loro, che ho il loro stesso sangue nelle mie vene ). Successivamente mi ha fatto una battuta che mi è suonata terribile, con tono serio, che tradotto in atteggiamento scozzese era ironia pura: “Vorresti imparare a suonare la cornamusa?”. Quando ho risposto affermativamente, ha mascherato la sua risata con una faccia stupita e con un “really?” (come se parlasse del tempo atmosferico. Nuovamente tipico British mascherare lo stupore), mentre continuava a fissarmi, sempre più incuriosito.Ecco! Io in quel momento avrei voluto scomparire per la vergogna. Ero davanti a un costruttore di cornamuse; avevo la macchina fotografica in mano, lo zaino in spalla, una giacca a vento e un maglione, entrambi legati alla vita stile omino Michelin, l’aria stanca e accaldata, lo sguardo a pesce lesso, i capelli così irti e scompigliati da suscitare le invidie di Morgana… e dicevo di voler apprendere la nobile arte del piping? In quelle condizioni? Io dico che se il tizio della bottega avesse avuto a portata di mano una mazza da baseball o, probabilmente, qualche bordone (meglio il basso perchè più lungo), avrebbe mirato direttamente la mia faccia e non avrebbe avuto remore a picchiarmi! Ma si sa, i britannici riescono a contenersi in ogni situazione; si salvano con l’ironia.
Continua…
Photo Credits: Lucia Tysserand
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