Nel post precedente confermavo (ahinoi) lo stato di crisi in cui versa questo settore fondamentale dell’istruzione. La fascia tra gli 11 e i 14 anni è proprio quella che richiederebbe, per la sua importanza formativa, la maggiore attenzione. Invece – lo ripete anche lo studio della fondazione Agnelli – “ I tagli della Gelmini, anche se l’opinione pubblica è stata concentrata di più sulle elementari, hanno colpito maggiormente proprio le medie”
Ma, contrariamente a quanto spesso si sente lamentare, le cause della scarsa efficienza non sono da ricercarsi nello scarso numero delle ore di lezione. Il rapporto Ocse (2010), che compara i risultati dei 35 paesi più sviluppati nel mondo, dice infatti: “L’Italia raggiunge il record delle ore di insegnamento, ma il rendimento degli studenti rimane basso. Questi trascorrono più tempo degli altri a scuola, ma secondo i test Pisa sanno meno dei coetanei specialmente in matematica, scienze e comprensione del testo. I ragazzi italiani tra i 7 ed i 14 anni stanno in aula 8.200 ore quando la media dei loro coetanei degli altri Paesi analizzati è di 6.777 ore. Ed ancora, all’età di 15 anni l’orario scolastico medio nei Paesi Ocse è di 921 ore annue, mentre quello italiano è di 1.089. Inoltre, alle scuole medie i ragazzi trascorrono a scuola 1001 ore contro una media Ocse di 892″
A quanto pare, i problemi nascono da insufficienze di altro genere. In primis… dal volgare denaro. Infatti:
“…il Rapporto segnala che l’Italia investe meno degli altri Paesi in istruzione ovvero il 4,5 per cento del Pil rispetto alla media Ocse del 5,7. Meno investe solo la repubblica Slovacca, con il 4 per cento. Va ancora peggio se il raffronto viene fatto sulla base del denaro destinato alla scuola, in quanto l’Italia spende il 9 per cento della sua spesa pubblica totale rispetto al 13,3 media Ocse.”
E se gli insegnanti appaiono frustrati e mal disposti, qualche motivo c’è:
“la spesa destinata alle retribuzioni degli insegnanti tocca il tetto dell’80 per cento rispetto al 70 medio dei Paesi del Rapporto.” Ciò avviene a causa del maggior numero, non dello stipendio individuale: “ (…) un docente di scuola media o superiore percepisce 10.000 dollari in meno rispetto al collega degli altri Paesi. Altro dato illuminante: un docente italiano di scuola secondaria di primo grado al 15° anno di lavoro percepisce 32.859 dollari l’anno, mentre il collega tedesco ne incassa 57.978″.
E infatti il tedesco lavora di più: “… si trova con 16 studenti in classe, mentre l’italiano ne ha 10, ma non solo, il tedesco fa 11.294 ore in classe annue, l’italiano 6.130 ovvero poco meno della metà.”
Va chiarito che il docente italiano lavora per un numero minore di ore non certo di propria iniziativa: tante ne prevede il suo contratto, il quale rispecchia un modello d’insegnamento diverso, che nessuna riforma ha finora innovato, ovvero – con sintesi grossolana – la quantità a scapito della qualità.
Riprendo il rapporto per citare le cinque proposte avanzate dalla fondazione Agnelli per migliorare la nostra scuola media: “personalizzazione dei percorsi educativi; più lavoro di équipe da parte dei docenti; apprendimento cooperativo per favorire “l’effetto dei pari” (meno lezioni frontali e con tecniche nuove); modello dell’Istituto comprensivo, che potrebbe ammortizzare il passaggio da un ciclo all’altro. Soprattutto, “essenzializzazione”: poche materie, ben coltivate, con altre opzionali. Un’operazione, quest’ultima, non semplice, visto che nel Belpaese convivono ancora due sistemi non armonizzati di indicazioni didattiche nazionali (ministri Moratti, nel 2004, e Fioroni, nel 2007)”
Alcune, soprattutto la riduzione delle lezioni frontali ( quelle in cui lo studente “sta a sentire” passivamente il prof .), sono acclarate, per altre occorrerebbe una seria verifica. Ma la questione è urgente. Speriamo che il nuovo ministro Profumo ne sia consapevole.
Quanto al nostro ruolo di nonne, avendone la possibilità e competenza questo è proprio il momento di dare una mano a mamma e papà. Il percorso scolastico dei ragazzi va seguito e integrato.
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