Ho ascoltato ieri alla radio la telefonata di un docente, molto significativa. Insegna informatica ai bambini delle elementari e si lamentava della fornitura di IPad al suo istituto. “Che strano, – ho pensato – non gradisce uno strumento d’avanguardia… Al mio nipotino, che frequenta la quarta, piacerebbe moltissimo!“ Ma con chiare argomentazioni, lui ha spiegato che sono del tutto inutili: le loro caratteristiche li rendono inadatti all’uso scolastico; mancano invece i normali pc. Non ho capito se le costose tavolette sono state acquistate con fondi del bilancio o benevolmente elargite dall’alto, cioè da ministero e affini. Nel primo caso il consiglio d’istituto avrebbe dimostrato incompetenza ( e dov’era l’insegnante? forse non in quella sede…). Nel secondo, più verosimile, avremmo uno dei tanti esempi dell’ossimoro devastante di cui è vittima la nostra scuola: spreco dissennato di risorse accoppiato a tagli ciechi e stolti.
La scuola primaria sembra quella meglio “messa” nel quadro poco confortante che – rispetto ai paesi più sviluppati (e anche meno) – non ci colloca in posizioni onorevolissime. Infatti nelle prove Invalsi (http://www.invalsi.it/snv1011/), che valutano la comprensione del testo e alcune competenze matematiche, i piccoli alunni ottengono risultati migliori dei connazionali delle medie inferiori e superiori. E’ lecito dubitare che questi livelli di decenza possano mantenersi a lungo. In apertura di anno scolastico, come tutti i media ci fanno sapere, si presentano problemi d’ogni genere: mancanti i docenti, tagliato il sostegno, insicuri gli edifici, rarefatto il tempo pieno, critico il funzionamento amministrativo. Intatto, invece, il sostegno alla scuola privata…
Che l’Italia destini risorse insufficienti a cultura e istruzione è un fatto. Il 9% della sua spesa pubblica (dati del 2006, ora anche meno) contro il 13,60 della media Ocse . Ai vertici il Messico con il 21, la Russia al 18, la Norvegia al 16%. I paesi più prossimi stanziano tra l’11,50 e il 10%,** però negli ultimi anni alcuni, come Germania e Francia, hanno aumentato la spesa, proprio per via della crisi. E’ infatti notoria e dimostrata la relazione che collega il livello d’istruzione dei cittadini alla produttività e ricchezza dell’intero paese. Qui da noi i governanti non mostrano di conoscerla…
Le finalità della scuola primaria sono chiaramente definite a livello nazionale (dirisp.interfree.it/norme/.doc), -nella prospettiva europea -e perseguono lo sviluppo del bambino globalmente inteso. Dal punto di vista culturale essa” promuove (…)l’acquisizione di tutti i tipi di linguaggio e (…) delle conoscenze e delle abilità (…) indispensabili alla comprensione intersoggettiva del mondo umano, naturale e artificiale, nel quale si vive”. Seguono le definizioni degli obiettivi epistemologici, sociologici, etici e psicologici, appropriate e del tutto condivisibili. I valori della solidarietà, del rispetto reciproco e dell’impegno civile sono chiaramente sottolineati.
Inutile dire che noi nonne possiamo con profitto e soddisfazione prendere parte ( con il consueto senso della misura) a questa fase fondamentale della vita dei nipoti. Occuparsi ogni tanto dei loro compiti allarga e irrobustisce il rapporto, e può offrire l’occasione per rinfrescare competenze ormai remote ( le ricordiamo davvero le divisioni con le virgole? e i nomi delle provincie?). Accompagnarli e partecipare alle iniziative scolastiche che coinvolgono i familiari consente anche, talvolta, di allargare la cerchia delle conoscenze. Ogni età dei nipoti, insomma, può essere ricca e gratificante.
** Ho trovato alcuni dati più recenti (in “Cittadinanza attiva”), tutti al ribasso. Cito uno stralcio dello scoraggiato articolo: <L’Italia investe poco sull’istruzione, è una constatazione confermata da tutte le rilevazioni statistiche. Il nostro Paese riserva alla scuola il 4,8% del Pil, mentre in media i paesi Ocse le garantiscono il 6,1%. I numeri mostrano un gap tra l’Italia e gli altri Paesi europei, non c’è niente da fare. Il primo effetto di questo disinvestimento sulla scuola è il fenomeno della dispersione scolastica e la disoccupazione giovanile. Infatti, secondo l’ISFOL sono quasi 120mila i ”dispersi” tra i 14 e i 17 anni, il 5% il che significa che 117.429 ragazzi in questa fascia d’età abbandonano gli studi. Questi ragazzi fuoriescono da qualsiasi percorso formativo, con un forte divario tra Nord e Sud: oltre 71mila risiedono al sud e nelle isole, mentre al Nord, le percentuali sono del 4,5% nel nord ovest e dell’1,7% nel nord est.>
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