Non rinunciate mai, per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, ad essere voi stessi. Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere. Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi o “addomesticare” come vorrebbe. E’ un brano tratto dalla breve lettera che il maestro Alberto Manzi scrisse per accomiatarsi dai suoi alunni di quinta elementare. La Rai ha ricordato con una fiction andata in onda nei giorni scorsi la figura del maestro d’Italia che, conducendo ogni giorno dal 1959 al 1968 la trasmissione “Non è mai troppo tardi”, con la sua lavagna e i suoi gessetti insegnò a leggere e a scrivere a milioni di italiani. E che durante la sua carriera scolastica educò tanti ragazzi a diventare onesti cittadini e ad usare la propria testa senza farsi condizionare.
La figura del maestro Alberto Manzi
Rimasta nel cuore di tantissimi italiani che lo hanno conosciuto in televisione, la splendida figura del maestro Alberto Manzi - raccontata con molta efficacia nella fiction di RaiUno “Non è mai troppo tardi” – è l’emblema di una scuola inclusiva che responsabilizza i ragazzi e guarda soprattutto agli ultimi creando vere pari opportunità di crescita sociale.
Quella di Alberto Manzi è la storia di un maestro che, in un’Italia piagata dall’ignoranza ma in pieno boom economico, crede nel suo mestiere di educatore e crede nella meritocrazia.
Scavalcato nella graduatoria del ministero dagli immancabili raccomandati, il maestro Manzi per sopravvivere trovò lavoro dove nessuno vuole andare a lavorare: tra i ragazzi del carcere minorile di San Michele, dove per guadagnarsi la fiducia dei suoi allievi decise di entrare in riformatorio da solo, senza l’ausilio delle guardie penitenziarie. Il percorso scolastico in riformatorio, dove tra mille difficoltà riuscì a conoscere profondamente i suoi ragazzi e ad insegnargli a leggere e a scrivere per raccontare i propri pensieri e le proprie emozioni sono parte essenziale del bagaglio professionale che portò Alberto Manzi a diventare il famoso maestro d’Italia.
Il rifiuto di una brillante carriera universitaria e il suo perenne conflitto con i dirigenti scolastici per far valere la sua convinzione che la scuola deve insegnare e non giudicare i ragazzi, fanno del maestro Alberto Manzi un gentile rivoluzionario e una figura di riferimento per i suoi tanti alunni. Da quelli del riformatorio di San Michele a quelli delle scuole in cui ha insegnato fino alla pensione e che continuano a ricordare aneddoti nel sito della fondazione a lui dedicata. Ai tanti italiani che, in televisione, hanno seguito le sue trasmissioni.
Negli anni Sessanta i nemici da battere erano la povertà e l’analfabetismo, ma il maestro Manzi incarnò la grande fiducia dell’Italia in pieno boom economico. Alberto Manzi riuscì a convincere il direttore del riformatorio, che considerava i ragazzi solo come dei delinquenti senza futuro, che esiste sempre la possibilità di un riscatto sociale e che il sapere può ridare all’uomo la dignità. Riuscì a convincere gli scettici dirigenti della Rai di quel periodo che, piuttosto che su un raccomandato, era meglio puntare su una persona coraggiosa che andava controcorrente ma credeva fermamente in quello che faceva (i perplessi dirigenti Rai vinsero la scommessa e il format di quella trasmissione fu utilizzato in altri 72 Paesi). Manzi riuscì a convincere quasi un milione e mezzo di persone, che in quegli anni conseguirono la licenza elementare, che veramente non è mai troppo tardi per imparare.
La storia del maestro Manzi è l’ennesima dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, che la meritocrazia e l’onestà intellettuale pagano sempre. E che la fiducia genera inesorabilmente fiducia.
Oggi i tempi sono molto cambiati. L’analfabetismo in Italia è fortunatamente soltanto un ricordo anche se i dati Ocse la dicono lunga sull’efficacia degli attuali metodi di insegnamento nella scuola italiana.
Qualcuno ha scritto che negli anni Sessanta il maestro Alberto Manzi era in anticipo di cinquant’anni e che sarebbe anche oggi in anticipo di altri cinquant’anni. Sicuramente nella sclerotica scuola italiana di oggi, in cui – tranne un timido e formale ingresso delle lavagne digitali e dei tablet – nulla è cambiato rispetto agli anni Sessanta, una figura rivoluzionaria come il maestro Manzi sarebbe ancora vista dai dirigenti scolastici come il fumo negli occhi.
Eppure la scuola italiana avrebbe bisogno di docenti lungimiranti e di dirigenti meno attenti alla forma e più alla sostanza. Ma soprattutto in un’Italia dove la crisi e la corruzione dilagante hanno offuscato la fiducia degli italiani onesti e dove le famiglie spesso non assolvono i propri doveri educativi – sono soprattutto i ragazzi ad aver disperatamente bisogno di punti di riferimento. Di maestri che li educhino ai veri valori della vita: essere cittadini onesti e liberi dai condizionamenti. Maestri di vita come il maestro Alberto Manzi.
E ricordatevi – scriveva ancora Alberto Manzi nella lettera ai suoi alunni di quinta -: io rimango qui, al solito posto. Ma se qualcuno, qualcosa vorrà distruggere la vostra libertà, la vostra generosità, la vostra intelligenza, io sono qui, pronto a lottare con voi, pronto a riprendere il cammino insieme, perché voi siete parte di me, e io di voi.
Se vi è piaciuto questo articolo potete aiutare il blog a crescere condividendo il post sui vostri social network preferiti.
Cliccando su uno dei bottoni sottostanti potrete inoltre leggere il testo della lettera del maestro Alberto Manzi ai suoi alunni.
Lettera di Alberto Manzi ai ragazzi di quinta