Camille Corot, il cammino di Sevre. Vista di Parigi
La storia che vi racconto oggi comincia in un piccolo villaggio a sud di Parigi chiamato Barbizon, presso la foresta di Fontainebleau.Qui tra il 1830 e il 1870 si raccolse un gruppo di artisti che si dedicava alla pittura en plein air, nel bel mezzo dell'ambiente naturale, per ritrarre dal vero il paesaggio o i contadini al lavoro nei campi, alla diretta luce del sole, lontano da ogni manipolazione artificiosa dell'immagine.
Barbizon divenne un centro d’attrazione per i pittori presi dall’interesse romantico per il paesaggio dipinto dal vero, tanto che l’appellativo "scuola di Barbizon" finì per designare una certa concezione del paesaggio.
Sin dal 1822 l’albergo Ganne di Barbizon fu ospitale verso gli artisti. Uno dei suoi primi clienti fu Aligny, e con lui Brascassat, Dagnan, Flers, Huet, Français. Corot, che vi andò prima di partire per l’Italia, vi ritornò spesso. Rousseau, fedele sin dal 1833, si stabilì in una casa del villaggio nel 1846 e
vi morì nel 1867. Diaz vi comparve nel 1837, contemporaneamente a Cabat. Courbet scoprì Barbizon nel 1841. In quel periodo Barye cominciò a dipingerne i paesaggi. Millet, fuggendo l’epidemia di colera, fu accolto presso il Ganne, nel 1849, da Célestin Nanteuil e Louis Boulanger e decise di stabilirvisi.
L'albergo Ganne di Barbizon in una foto d'epoca
Invece Dupré e Daubigny, che vennero collegati alla scuola di Barbizon e che esposero insieme ai pittori ad essa appartenenti, vi fecero soltanto delle brevi apparizioni.
Lunghissimo sarebbe elencare i paesaggisti venuti in questo luogo, non solo francesi ma anche stranieri: belgi (Xavier e César De Cock, Hippolyte Boulenger, fondatore della scuola di Tervueren, Thoré-Bürger, Alfred De Knyff, Victor de Papeleu), rumeni (Andreesco, Grigoresco), svizzeri (Bodmer, Menn, Sutter), italiani (Serafino di Tivoli, Nino Costa), tedeschi (Knauss, Liebermann, Saal), ungheresi (Munkácsy, Páal), americani (Wyatt Eaton, Babcock, Hunt, Inness, Home Martin, Robinson), olandesi (Kuytenbrouwer, che vi invitava il suo amico Jongkind).
Tali pittori si disperdevano verso i luoghi che li hanno resi celebri, scoscesi e selvaggi come le alture del Jean-de-Paris, le gole di Apremont, la landa di Arbonne, la spianata di Belle-Croix, o folti come il Bas-Bréau; o ancora dirigendosi verso le pianure fertili ed uniformi di Chailly e di Macherin. Finita
la giornata si riunivano, in cerca di reciproci incoraggiamenti e consigli. Nacque, verso il 1850, l’abitudine di ritrovarsi ogni sabato nel granaio di Théodore Rousseau. A tali riunioni venivano da Parigi personaggi appassionati d’arte, critici, letterati. Pittori amici come Daumier, Ziem, Decamps, le frequentavano assiduamente.
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La genesi e l’evoluzione dell’arte di Barbizon sono quelle del paesaggio francese del XIX secolo. All’alba di questo secolo pittori come Georges Michel, Valenciennes o Michallon si esercitavano a dipingere dal vero, comprendendo la necessità d’un ritorno alla natura. Il "paesaggio ideale" francese erede di Lorrain e di Poussin prevaleva a quel tempo nella tradizione del paesaggio storico. Si dovette giungere alla rivoluzione del 1830 perché il "paesaggio dal vero" acquisisse piena
notorietà: esso venne da allora sostenuto dal nuovo regime, i cui promotori erano per la maggior parte orléanisti. Questo avvento d’uno spirito anticlassico fu sostenuto dalla crescente influenza della scuola inglese.
Sin dalla caduta dell’Impero gli artisti d’oltre Manica affluirono sul continente legandosi in amicizia con la nuova generazione di pittori. I "quaderni di viaggio" in cui annotavano con spontaneità i paesaggi francesi vennero ampiamente divulgati dalla stampa, e così pure le loro incisioni. Furono accolti dai salons: quello del 1824 rivelò a Parigi Constable. L’attrattiva dell’Inghilterra fu tanto forte che numerosi pittori francesi traversarono la Manica. Guillon-Lethière, futuro maestro di Rousseau, fu tra i primi, seguito da Dupré, Jacque, Troyon, Corot, Daubigny, per citare i soli paesaggisti.
Jean-François Millet, l'Angelus
Tuttavia il ruolo svolto dagli artisti britannici fu soprattutto quello di intermediari nei confronti della tradizione del paesaggio olandese del XVII secolo. Così i paesaggisti francesi si interessarono alla pittura dei Paesi Bassi; i pittori di Barbizon copiavano e acquistavano quadri del Seicento olandese. Rousseau e Millet possedevano parecchi dipinti e numerose stampe olandesi. La scuola di Barbizon si contraddistinse per uno spirito che accomunava molti degli artisti che vi si raccoglievano; per essi il ritiro di Barbizon era una fuga da una civiltà nuova che li atterriva: meccanizzazione dell’uomo, nascente gigantismo delle città.Nell’amore per la natura e la sua rappresentazione essi ricercavano, insieme l’espressione della loro emozione, una risposta alla propria inquietudine. I pittori di Barbizon volevano essere prima ritrattisti della natura che cantori della campagna.
Théodore Rousseau, le querce di Apremont
Rousseau analizzava l’albero nella sua anatomia, e le rocce nella loro sostanza. Le scene rurali di Millet non sono né aneddoti sentimentali né manifestazioni sociali: glorificano i gesti nobili e primitivi dei lavoratori dei campi e delle madri di famiglia. Con l’aiuto di annotazioni e studi dal vivo, o semplicemente a memoria come Millet, questi artisti ricreavano nel loro studio una natura esasperata nel ricordo, sia lavorando a bulino su lastre sia manipolando una pittura che la loro insoddisfazione spingeva a riprendere senza tregua. Questi pittori scoprirono che giustapponendo i piccoli tratteggi di colore puro accrescevano l’intensità luminosa della propria tavolozza, schiarendola. È questo uno dei lasciti più concreti di cui beneficerà la generazione successiva degli impressionisti. Sisley, giunto a Barbizon nel 1860, vi trascinò presto Renoir, Bazille e Monet; in quella foresta, lontano dallo studio, essi ritrovarono l’aria aperta cui aspiravano e gli incoraggiamenti dei pittori che avevano aperto loro la strada.Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui