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la sedia di natale, racconto di amelia – n. 1

Creato il 24 dicembre 2010 da Viadellebelledonne

la sedia di natale, racconto di amelia    – n. 1uell’anno facemmo il presepe su una sedia. La ricoprimmo di stagnola e per un poco giocammo all’astronave: la sedia rovesciata, una di noi dentro l’intelaiatura, l’altra il marziano.

Quando ci stancammo, andammo a staccare con le unghie il muschio dal muro che delimitava l’orto. L’odore di terriccio e piccole radici era come quello delle estati in cui gli idranti restavano accesi tutta la notte e le ore si riempivano di qualcosa di spossante, di fradicio: penne di uccelli bagnate, rami macerati, il freddo dei fanghi sul fondo dei fossi che risaliva e faceva vapore sulle foglie semi bruciate dalla calura del giorno.

Sul poggiaschiena assicurammo la carta della montagna: monti marroni e verde scuro, accasciati sulle loro pendici, in rilievo come sulla mappa a scuola appesa di lato alla lavagna, con le alpi e gli appennini smussati. Nello specchietto tra le zolle di muschio ci facemmo nuotare un’anatra. Le pecore le mettemmo tutte dentro la capanna, al sicuro dal cane che se le prendeva in bocca e, accucciato da qualche parte, staccava loro le zampe.

La prima cosa che ci colpì di quel presepe è che si poteva spostare.
Dovunque andassimo, quel natale, ci portavamo dietro il presepe. Se uscivamo in cortile, mettevamo il presepe sotto un albero.
Il presepe continuava a fare la sua vita insieme alla nostra: noi eravamo in Giudea, a Nazareth, correvamo su colline che sembravano i cuscini del divano e sentivamo i campanacci delle greggi dietro casa; di tanto in tanto passava la cometa sopra le nostre teste con il rumore di un razzo; l’angelo stava seduto tutto il tempo sulla legnaia.
Maria, Giuseppe e il bambino dormivano in camera con noi. Gesù non piangeva mai e aveva la pancia rosa; la madonna, prima di coricarsi, si toglieva il panno che aveva in testa e scrollava un po’ i capelli; Giuseppe era un tipo riservato e schietto: stava molto tempo a controllare che le finestre e le porte fossero chiuse bene, prima di buttarsi di peso sulla paglia. L’angelo non chiudeva occhio.
A pranzo avevano sempre tutti un buon appettito ma per educazione si servivano di molto poco.
Il bambino era sempre più roseo.

Il 6 gennaio suonò il campanello: erano i tre re che venivano in visita. Li facemmo entrare: bevvero del vino rosso e mangiarono il pane biscotto con il salame, ridendo e parlando più che altro a gesti perché nessuno capiva la loro lingua. Ripartirono quasi subito,con eleganti inchini all’ingresso tenendo i turbanti con entrambe le mani.

Quando il natale passò del tutto, la sedia fu riportata al suo posto, in cucina. Piccole tarlature cominciarono a moltiplicarsi su di essa e le resero il telaio una specie di pizzo di legno. La curammo molto, tenendole puliti i piedi dalla polvere. Sembrava però, inspiegabilmente, molto vecchia.
A maggio, finito che ebbe di raccontarci e generare su di sé una confusa storia di paludi e di canneti, morì.

FINE

***

 

NOTE:  amelia cura in rete il blog personale:   lievito

la sedia di natale, racconto di amelia    – n. 1



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