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Galaverni ha cominciato il suo intervento parlando della diversità dello scrittore Cordelli rispetto alla quasi totalità degli altri scrittori italiani in cui il racconto di una storia, la presenza di personaggi fortemente caratterizzati, sono elementi basilari nella costruzione dei loro romanzi. Al contrario in Cordelli è centrale il concetto di scrittura, dietro la quale non viene mai meno la tensione delle immagini con la loro forza espressiva ed evocativa e dove si affrontano i grandi temi della nostra esistenza, dal tempo alla morte, dall’amore all’amicizia, senza ovviamente trovare risposte definitive. Ha infatti confermato Cordelli: «L’idea di creare un personaggio mi sembra una ambizione sbagliata. E dietro a questa convinzione c’è, forse una mia incapacità, ma anche una idea del mondo, di me stesso come persona, della inafferrabilità della nostra stessa esistenza e quindi della impossibilità di poterla raccontare o definire. Per quanto mi riguarda credo che scrivere qualsiasi cosa, senza che la domanda fondamentale sul senso della nostra esistenza sia alla base stessa dello scrivere, sia perfettamente inutile. Per me la scrittura altro non è che un tentativo di demolizione dell’Io come entità che ha fiducia in se stessa. Credo che ogni scrittura, ovvero ogni consapevolezza di sé, che non sia una critica dell’Io che si pone al centro del mondo e lo giudica, sia il grande peccato contro lo spirito santo. L’unica cosa che può fare un essere umano è cercare di demolire progressivamente la propria credenza di essere al centro del mondo, di essere il metro di misura della realtà.» Ha poi continuato: «Una letteratura che non implichi la possibilità di una identificazione, seppur minima, non con un personaggio, ma con un sentimento, non ha effetti. Però anche la letteratura che contemporaneamente a questo processo di identificazione non porti con sé allo stesso momento un processo di estraniazione, di allontanamento, insomma di una posizione critica nei confronti del mondo, è altrettanto inutile, oppure, nel migliore dei casi, è soltanto letteratura d’intrattenimento.»
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