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La Serbia e la sua capitale Belgrado sembrano attualmente essere luoghi ad alto rischio, almeno si potrebbe dedurre cosi' dalla decisione delle autorita' serbe di vietare ogni tipo di manifestazioni ivi compreso il Gay pride di Belgrado che doveva essere in programma lo scorso fine settimana. L'appoggio agli organi competenti dello stato e' arrivato anche dal presidente della Serbia Boris Tadić il quale ha ritenuto questa decisione appropriata per proteggere i cittadini dalle possibili violenze. In tal modo vengono protetti i cittadini, rappresentanti della popolazione omossessuale e si pervengono le conseguenze di violenza e possibile perdite di vite umane, ha detto Tadić giustificando cosi' "il diritto dello stato di dover vietare i raduni che hanno come l'idea principale la violenza verso quelli che sono diversi e rappresentano cosi' una minaccia alla sicurezza pubblica". Secondo le organizzazioni omossessuali la decisione degli organi di stato di vietare manifestazioni come il Gay pride sono invece la conseguenza della loro incapacita' ed ignoranza dei problemi di violenze ed omofobia nella societa' serba. Per il membro del comitato organizzativo del Pride, Goran Miletić, la Serbia ha rinunciato alla sovranita' nella capitale il che rappresenta un triste sviluppo di vicende, soprattutto quando vi si aggiungono gli attuali eventi in Kosovo. Secondo le sue parole, lo stato dovrebbe dimostrare proprio adesso di essere sufficientemente forte per garantire ai propri cittadini la loro sicurezza. Miletić ha aggiunto che gli organizzatori del Gay pride hanno avuto il sostegno di molte personalita' pubbliche secondo le quali il divieto della manifestazione e' inaccettabile.
Il ministro degli interni serbo Ivica Dačić da parte sua ha dichiarato per il giornale 'Press' che la decisione di vietare il Gay pride e' stata presa esclusivamente in base alla valutazione di sicurezza e ai dati operativi secondo i quali lo scorso fine settimana a Belgrado poteva succedere uno scenario sanguinoso. Dačić ha affermato che la decisione e' stata presa senza alcuna calcolazione politica e senza l'intenzione di guadagnarsi le simpatie delle larghe masse popolari. Dačić ha spiegato che e' stato scoperto tutto quello che diverse organizzazioni estremiste erano pronte a fare per fermare l'attenzione della polizia e distrarla dalle parti della capitale dove e' stata pianificata la Marcia dell'orgoglio. Secondo il ministro degli interni serbo, alcuni gruppi avevano perfino pianificato di causare vittime umane e trasformare il tutto in un caso politico. Volevano uno scenario nordafricano in Serbia e gli incidenti non erano pianificati soltanto nella capitale Belgrado. Dačić afferma che la sospensione del Gay pride non significa che la polizia ha ceduto agli huligans bensi' che ha reagito preventivamente. Ha aggiunto che le valutazioni di sicurezza hanno dimostrato anche che una decina di ambascate e residenze a Belgrado sarebbero state a rischio per cui il divieto del Pride e' stata l'unica opzione possibile.
[*] Corrispondente di Radio Radicale. Il testo è tratto dalla corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda oggi.
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