Julio Cortázar è considerato da molti uno dei migliori autori del “Boom” latinoamericano degli anni ‘60. La sua opera più importante, che gli diede fama internazionale, è Rayuela (1963), un romanzo sperimentale che si compone di 155 capitoli, 99 dei quali sono “fungibles”, ovvero si possono leggere in varie sequenze secondo la preferenza del lettore. Scrisse inoltre le raccolte di racconti Bestiario (1951), Final del juego (1956), Las armas secretas (1959), Todos los fuegos el fuego (1966), e i romanzi Los premios (1960) e La vuelta al día en ochenta mundos (1967), l’indimenticabile Historias de cronopios y de famas (1962). Cortázar e Italo Calvino furono buoni amici e colleghi che condividevano una comune visione del mondo e della scrittura. Cortázar, più vecchio di 9 anni morirà solo un anno prima di Calvino (1923-1985). Il primo, che per tutta la vita scrive in spagnolo e mantiene la nazionalità argentina, pur vivendo a Parigi per oltre trent’ anni, era nato per caso a Bruxelles. Calvino, italiano per lingua e cultura, era nato per caso a Cuba. I due avevano iniziato a frequentarsi quando la moglie di Calvino che lavorava come traduttrice all’ Unesco, aveva fatto amicizia con la prima moglie di Cortázar. Nel ‘ 64 lo scrittore argentino aveva proposto Calvino come membro della giuria del premio Casa de las Americas. Entrambi appoggiarono la rivoluzione cubana e quella nicaraguense, entrambi si dedicarono alla sperimentazione dell’ ipertesto, ovvero di testi che si possono leggere anche in modo frammentato, intrapresa da Cortázar con Rayuela e poi seguita da Calvino nel Castello dei destini incrociati. Anche se cronologicamente Cortázar rientra nel “Boom” assieme a Carlos Fuentes, Mario Vargas Llosa e García Márquez, la sua è prevalentemente una letteratura fantastica, per niente inclusa nel “realismo magico”, molto più legata alla quotidianità e all’eternità del fantastico. Jorge Luis Borges si accorgerà di lui facendolo pubblicare sulla rivista Sur ed includendo un suo racconto nella seconda edizione di Antologìa de la literatura fantàstica curata con Adolfo Bioy Casares e Silvina Ocampo. Ora Cortázar riposa nel cimitero di Montparnasse. Il culto che gira attorno allo scrittore è ovattato, ma persistente e contagioso al punto da poter competere con icone pop del calibro di Jim Morrison. Rivoluzionario il suo pensiero politico, sperimentatore nella sua creazione letteraria, malato di “gigantismo” fisico a causa di uno scompenso ormonale, Cortázar ogni giorno cresceva di più ed è morto nel mistero come tutte le leggende. In una delle innumerevoli biografie, quella dell’ex-amante uruguaiana Cristina Peri Rossi, si sostiene che sia morto di Aids invece che di leucemia, come riporta la versione ufficiale. Il culto di Cortázar continua a ispirare le opere degli scrittori di oggi e i pellegrinaggi dei suoi lettori, che ripercorrono gli itinerari dell’autore e dei suoi personaggi, tra il fantastico e l’autobiografico. Parigi è il teatro elettivo di questi tour, che hanno come guida il libro più famoso, Rayuela (Il gioco del mondo o della campana). Questo culto somiglia a quello di un altro innovatore scrittore latinoamericano, morto nel 2003: Roberto Bolaño, sperimentatore e bizzarro cileno di cui vi parlerò presto.
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