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La settimana della comunicazione

Da Giorgiofontana

Cosa mi porto a casa dalla Settimana della Comunicazione.

Dal 3 al 9 ottobre si è svolta a Milano la Settimana della Comunicazione.
Il sito istituzionale recita:
la Settimana della Comunicazione è un evento collettivo, annuale, diffuso in molti spazi della città di Milano, con un calendario di sette giorni di iniziative gratuite e aperte alla città.
E’ un
contenitore di meeting, eventi, mostre, seminari e convegni dedicato a tutto il mondo della Comunicazione.
Al suo interno si rincorrono saperi, business, cultura, formazione, entertainment e soprattutto idee utili.

Ho partecipato ad un paio di eventi, durante i quali si è parlato anche del web.
Ho raccolto alcuni spunti interessanti per il mio lavoro, e ho sviluppato alcune riflessioni, che potrebbero essere utili agli operatori del settore e a chi si occupa di organizzare eventi di questo tipo.

Innanzitutto, in molte situazioni non è tanto importante chi parla, ma che cosa viene detto.
Contenuto più che contenitore: quindi, per esempio, deve parlare del web 2.0 chi se ne occupa in prima linea.
Un community manager o blogger credibile sono sicuramente più interessanti per il pubblico di un direttore generale o di un marketing manager che, per quanto siano preparati su dati e statistiche, risulteranno sempre un po’ “stonati” se non hanno dimestichezza con questo mondo e non ne masticano il linguaggio.
In altre parole, non è importante la job title, se manca la credibilità, la cosiddetta reputation. Il web 2.0 è ascolto, conversazione, in un certo senso umiltà. Bene, occorre far propri questi concetti per poi riuscire a mostrarli agli altri.

Secondo spunto: è indispensabile trovare degli specialisti per dialogare con il popolo del web. Oggi agli uffici stampa viene chiesto di parlare sia ai media classici che alla rete, e spesso ciò si traduce in un banale copy and paste, che non porta da nessuna parte. Servono modalità diverse, perché i destinatari sono differenti, così come lo sono i linguaggi utilizzati.
Ho già scritto di questo argomento nel numero 43 di Subvertsing.

La terza riflessione riguarda la misurabilità delle attività in rete. Dobbiamo fare uno sforzo per dimenticarci i i grp’s e tutti gli indicatori “old school”.
E’ fuori discussione che i fenomeni vadano misurati, ma allo stesso modo è fuori discussione che servano nuovi parametri per farlo. Qualitativi e non solo quantitativi.
Da qualche parte ho sentito parlare di Return On Experience; non ho approfondito, ma già il nome mi dice che stiamo andando nella giusta direzione.

Altra cosa: smettiamola di classificare il web come mezzo non convenzionale. Un banner sull’homepage di repubblica.it è tanto convenzionale quanto uno spot da 30” in prime time.
Ci sono attività non convenzionali offline, così come online. Non è il mezzo a definire la convenzionalità, quanto piuttosto il tipo di attività che si propone.

Da ultimo, ma non ultimo (e chi un po’ mi conosce sa perché…), vorrei affrontare il tema delle donne in rete, per dirvi che le classificazioni tradizionali (come ad esempio l’orrenda definizione “donne doppio ruolo”) sono ormai superate.
Sul web, infatti, si presenta in misura ancor maggiore la difficoltà di classificare i consumatori, perché quelli più evoluti sfuggono da qualsiasi tentativo di essere “ingabbiati”.
E questo vale ancor di più, forse, per le donne.
Se nella vita reale le donne vengono spesso incasellate in ruoli imposti loro dalla società, nel mondo virtuale hanno finalmente la possibilità di esprimere pienamente se stesse.
Quindi è una semplificazione eccessiva e distante dal vero affermare che in rete parlino solo di cucina, matrimonio o figli; sarebbe superficiale credere che tutte le donne che hanno un blog (sottoscritta compresa) possano essere classificate come mamme blogger.
Esattamente come nel mondo reale, le donne in rete sono varie e con mille sfaccettature: parlano di figli, cucina, ma anche politica, tecnologia ed altro ancora.
Sfuggono alle classificazioni tradizionali e finché non si riuscirà a comprendere questo, sarà difficile riuscire a dialogare con loro, o comunque si perderanno molte opportunità interessanti.
In mezzo a tutta questa attenzione per le donne, una domanda mi è sorta spontanea: ma gli uomini, in rete, di cosa parlano?
Nessuno lo dice.
Io invece sarei proprio curiosa di scoprirlo…

 

L'autore

 

Stefania Boleso Marketing and communication consultant a Milano Docente/formatore in ambito marketing a Milano Columnist presso Subvertising a Milano Blogger a Milano [email protected]

 


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