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La sezione aurea ovvero la divina proporzione

Creato il 18 febbraio 2013 da Cultura Salentina

La sezione aurea ovvero la divina proporzione

18 febbraio 2013 di Dino Licci

L’uomo vitruviano, il P greco, la sezione aurea

La sezione aurea ovvero la divina proporzione

La natura è maestra di vita i tutti campi e perfino nell’arte troveremo i segni della perfezione che regna nell’Universo intero. Tutti sanno per esempio, per averlo appreso nelle scuole elementari, che il rapporto tra la circonferenza ed il suo diametro è uguale a circa 3,14, il famoso PI greco. Pochi sanno però che questo numero è spesso presente in natura in rapporti geometrici ben definiti e ricorrenti e tali da travalicare le nostra capacità di comprensione. Anche gli antichi egizi pare ne fossero a conoscenza perché sembra che la forma delle piramidi sia fatta in modo tale, che il rapporto tra il perimetro della base e l’altezza sia esattamente 3,1415 il famoso pi-greco appunto. Ma esiste un altro numero, forse meno noto e che nel rinascimento veniva addirittura chiamato divino: l’ 1,618 altrimenti noto come sezione aurea o PHI.

Con sezione aurea si indica, solitamente in arte e matematica, il rapporto fra due grandezze disuguali, di cui la maggiore è media proporzionale tra la minore e la loro somma. Detta così sembra una cosa difficile per chi non mastica un minimo di matematica elementare, ma qualche esempio ci sarà di grande aiuto

Questo numero phi, uno virgola seicentodiciotto, è un numero molto importante per l’arte ed ha un ruolo fondamentale nella natura. Piante, animali e persino uomini hanno infatti misure che rispettano esattamente questo PHI. Se contiamo le api femmine che ci sono in un alveare e lo dividiamo per il numero dei maschi otterremo 1,618, se prendiamo una conchiglia di “nautilus, un mollusco cefalopodo ormai estinto e dividiamo il diametro di una sua spira per il diametro della spira successiva otterremo appunto 1,618, se osserviamo un seme di girasole o la disposizione dei rami negli alberi o se facciamo un rapporto tra le zampe di un insetto, otterremo sempre il numero PHI, quella proporzione che i primi scienziati chiamavano divina.

Ed arriviamo al famoso “Uomo vitruviano” di Leonardo da Vinci chiarendo innanzitutto che si chiama così in onore all’architetto romano Marco Vitriuvio che per primo, nel suo libro “De architettura” aveva tessuto le lodi dell’armonia matematica del corpo umano.

Apprenderemo, osservandoci, che il rapporto tra la nostra altezza e la distanza dall’ombelico da terra è uguale a PHI. E la distanza dalla spalla alla punta delle dita divisa per la distanza dal gomito alla punta delle dita è di nuovo phi. La distanza dal fianco al pavimento diviso per la distanza dal ginocchio al pavimento, dà ancora phi. Le articolazioni delle dita, le sezioni della colonna vertebrale rispettano sempre la “divina proporzione” e così per il volto nell’infinitamente grande come nell’infinitamente piccolo, tutto è matematica come dicevano i pitagorici, tutto è arte.

Certo c’è chi riesce inconsapevolmente a tratteggiare disegni, volti e corpi ignorando questi canoni basilari di matematica nell’arte, ma molto probabilmente se andremo a misurate un disegno ben fatto, questo soddisferà la regola che abbiamo appena definito.


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