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La sfida tv dell'informazione: Tg1 batte la concorrenza (La Stampa)

Creato il 31 dicembre 2013 da Nicoladki @NicolaRaiano
La sfida tv dell'informazione: Tg1 batte la concorrenza (La Stampa)La tendenza è quella, ed è chiara: come Raiuno è la rete dei programmi più visti di questo 2013, così il Tg1, diretto da Mario Orfeo, ha combattuto, e vinto, la sua annuale battaglia. Diamo i numeri, che talvolta serve: il Tg1 è stato seguito quest’anno da una media di 4 milioni 182.362 spettatori nelle edizioni meridiane, share, la percentuale d’ascolto, del 23,22; nelle edizioni serali, 5 milioni 241.690 per uno share del 23,06. Rispetto al 2012 il Tg1 ha avuto una media di 137.317 spettatori in più nelle edizioni meridiane (+0,72% di share), 144.739 nelle serali (+0,52%). Rispetto al grande concorrente, il Tg5, c’è stata, nelle edizioni meridiane, una differenza di 912.144 spettatori, +3,60 di share; la differenza nel 2012 era di 714.619, share 2,54%. Nelle edizioni serali +4,14 di share per 937.875 spettatori nel 2013 che ha migliorato il +3,31, cioè 734.799, del 2012. Il Tg5 è nel complesso in leggero calo.
Le cifre sono importanti, come è importante l’Auditel e la misurazione dell’ascolto: nella serena consapevolezza che si potrebbe anche decidere di non tenerne conto, di andare oltre i dati, di considerare che la quantità non misura la qualità, non misura il gradimento. Non li misura, ma neppure li esclude. E dunque, quando ci sono cifre importanti, come queste del Tg1 in crescita continua, non significa che il pubblico si sintonizza sulla prima rete che incontra. Non più così. Significa che una scelta ben precisa sottende il tocco del telecomando: la scelta della credibilità, dell’attendibilità. Ma anche della possibilità di critica: come se lo spettatore sapesse che, con il Tg1, si fa una base informativa, conosce la versione ufficiale delle vicende, con i politici non ancora immersi nei teatrini dove andranno a fare le maschere della commedia dell’arte. Di lì, da quella base, lo spettatore può poi approfondire e trarre, se vuole, le sue conclusioni. Non si guarda il Tg1 per pensarla come il Tg1, che cerca peraltro di essere sempre neutro; ma per basarsi su quello che il Tg1 racconta per formarsi una propria idea. In modo da affrontare preparati anche l’informazione che viene dal web.
Alessandra Comazziper "La Stampa"

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