Mercoledì 28 Marzo 2012 06:55 Scritto da marzia.o
Qui tutte le puntate.
La Londra shakespeariana per Clarissa fu un’esperienza incredibile, conoscere il grande commediografo la esaltò. Mentre viaggiavano per raggiungere l’epoca, il dottore le aveva detto che conosceva il commediografo di persona, l’unico problema era che Shakespeare fece molta fatica a riconoscerlo, ma bastò che il dottore gli mostrasse il quadro che aveva ispirato il suo sonetto e lui non ebbe più dubbi. Clarissa imparò che viaggiando con il signore del tempo poteva accadere di tutto. Un popolo che i signori del tempo avevano rinchiuso nella terra del vento cercò di cambiare la storia. Tre di loro avevano fatto una specie d’incantesimo a Shakespeare, sul momento il dottore non se ne era accorto. Le tre donne fecero l’errore di attaccarlo, con i loro incantesimi, in lui avevano riconosciuto uno dei loro nemici, quando una di loro cercò di carpire quali fossero i suoi punti deboli, lui riuscì a trarre forza da ognuno di essai. Il primo attacco fu di usare il nome di Catrin e di Luce; con il primo volevano far leva sul suo senso di colpa. Con il secondo invece di far leva sul dolore di non averla accanto sempre, ma nonostante la sofferenza lui riuscì a sventare l’attacco traendo forza da quei due dolori. Il secondo attacco lo fece con una bambola vudù, con uno spillo trapassarono il torace della bambola che lo rappresentava, il dottore cadde a terra, svenuto, la donna si allontanò convita d’averlo ucciso.
Yaris non appena la donna si era allontanata definitivamente si alzò, ovviamente sapeva che doveva far ripartire il cuore al più presto, per sua fortuna Clarissa seppe cosa fare, con due colpi bene assestati gli fece ripartire il cuore. Il terzo fu persino banale, ma abbastanza efficace finché il dottore non uso il suo cacciavite sonico: le tre streghe con suoni a bassa frequenza, che solo i cani potevano sentire, aizzarono i cani contro di lui, come reazione il signore del tempo e Clarissa corsero per le strade polverose di Londra. Finché non entrarono in un vicolo e spalancarono la porta di un ripostiglio per gli attrezzi, piccolo che a mala pena vi stavano dentro. Clarissa si sentì arrossire quando si rese conto che il suo corpo era completamente appiattito contro di quello del dottore e per rendere meno imbarazzante la situazione, gli disse ridendo:
«Dottor Smith se volevi abbracciarmi potevi inventartene una migliore, che farci rincorrere dai cani».
«Cosa?», rispose lui distratto.
«Niente, stavo solo cercando di rendere meno imbarazzante la situazione».
«Oh capisco, riesci a prendere il mio cacciavite sonico, io non ci riesco».
«Penso di sì, lo tieni nella tasca interna della giacca, giusto?», lui annuì.
Clarissa fece passare un braccio fra i loro petti e si scusò quando inavvertitamente gli diede una gomitata sul naso, ma riuscì a recuperare il cacciavite e a passarlo nelle mani del dottore senza farlo cadere. Per trovare la frequenza adatta a neutralizzare quella delle streghe il dottore dovette abbracciarla e piegarsi leggermente in avanti per guardare ciò che faceva, quindi le disse:
«Scusa non intendo profittare della situazione, non riesco a capire qual è la frequenza giusta».
«Oh approfitta pure, a me non dispiace».
«Scusa?» le domandò lui sorpreso.
«Che in fondo questa situazione non mi dispiace», e senza lasciargli il tempo di rispondere lo baciò.
«Perché?».
«Perché mi andava, e poi quando mi ricapita di averti fra le braccia, e poi sei stato tu a baciarmi per primo».
«Ma io lo fatto per un motivo, e poi io a…».
«Sì lo so benissimo, vuoi darti una mossa con quel cacciavite».
Yaris non disse più nulla cercò la frequenza per neutralizzare quella delle streghe, Clarissa respinse le lacrime che le pungevano gli occhi. Lo sapeva benissimo che lui apparteneva alla dottoressa Braun, ricordava bene come la donna lo guardava, sospirò mentre usciva dal ripostiglio seguendo il dottore a teatro. Lo scopo delle tre streghe era di riportare il loro popolo nella dimensione di cui un tempo faceva parte, quando il dottore e Clarissa arrivarono, il teatro era in preda a un vento che vorticava su se stesso con figure umane che da semplici fantasmi prendevano sempre più corpo. Improvvisamente una voce si levò dal palco, era quella del dottore; Clarissa e tutti quelli sul palco non compresero ciò che stava dicendo, perché parlava nell’antica lingua dei signori del tempo, ciò che capirono fu solo il nome del popolo, la frase diceva:
«Clasastrici soffia il vento della dimensione senza posa, e che si apra per voi la porta del vento urlato. Che si chiuda per sempre con il sigillo della corona delle nebulose silenti. Il vostro nome si perda nell’oblio tempo perduto, ora e sempre». Il vortice girò in senso contrario e tutto ciò che era clasastrico, fu risucchiato, comprese le tre donne, quando il vortice scomparve nel teatro, cade il silenzio, gli spettatori non capirono cosa era veramente accaduto, e pensarono che facesse tutta parte della nuova commedia di Shakespeare e applaudirono. Il sipario si chiuse e Clarissa abbracciando il signore del tempo gli disse:
«Sei stato grande, non ho capito nulla di quello che hai detto, ma sei stato grande».
«Concordo amico mio, sei stato grande», intervenne Shakespeare.
Yaris si limitò sorridere, per dirla tutta lui era stanco di dover rinchiudere popoli nel vortice temporale, se solo le razze si decidessero ad accontentarsi del proprio spazio senza volersi impadronirsi di quello altrui. Si potrebbe viaggiare e ci si potrebbe incontrare e confrontarsi senza guerre o altro, ma il signore del tempo sapeva che tutto ciò era un’utopia. Yaris e Clarissa tornarono al Tardis, lui era convito di riportare la ragazza a casa, ma quando la macchina del tempo atterrò, non erano né nei pressi della casa della giovane né nella sua casa, erano in un vicolo sporco, perplessa Clarissa gli domandò:
«Dove siamo, sembra una città, ma non Londra?».
«Già andiamo a chiedere la giù al chiosco».
Scoprirono che era la città di nuova York, domandarono come mai metropoli sembrasse deserta, gli fu risposto che la gente era scappata a causa di un’epidemia. Mentre il dottore stava parlando con uno dei proprietari dei chioschi Clarissa fu letteralmente trascinata in una macchina, la copia spiegò alla ragazza che non era prudente restare sulla banchina della strada, l’aria non era respirabile e inoltre nella nebbia si narrava che vi fossero creature in agguato pronte a mangiarsi gli sventurati che non trovavano rifugio in una macchina. Anche il dottore trovò un passaggio, fu felice di sapere che la razza umana e quella felina avessero trovato il modo di unire i propri geni per creare a una nuova razza, ma non riusciva a capire perché vivessero in macchina e soprattutto perché per percorrere un metro di strada ci mettessero tre messi. Trovando il modo di comunicare con le altre macchine Yaris scoprì che l’intera popolazione della città era stipata nelle auto, in pratica nascevano, crescevano e morivano in macchina, la questione andava avanti da venticinque anni. Yaris si disse che ne voleva sapere di più, ma prima di tutto doveva recuperare Clarissa, la quale le aveva comunicato d’essere quattro corsie più in basso di lui. Il signore del tempo ringraziò la simpatica famiglia che gli aveva dato il passaggio e passando da un’auto all’altra raggiunse la corsia della ragazza, il problema era come raggiungere l’auto dove si trovava Clarissa, stava ancora riflettendo quando si materializzò davanti ad una donna gatto chiamata Micene, il dottore fu molto felice di rivederla, ma poi le chiese:
«Mi ricordo che l’ultima volta che ti ho visto, ti avevano arrestato, insieme con quella pazza della direttrice dell’ospedale. Immagino che tu abbia finito il tuo periodo di reclusione Micene».
«Sono stata liberata venticinque anni fa, a patto che mi occupassi del mio signore».
«All’epoca in cui ti conobbi, ti stavi occupando dell’ultimo Oboe, devo dedurre che ti stai occupando di lui?».
«Sì, lui chiese alla dottoressa Braun di farmi liberare in modo che mi occupassi di lui, ed io ho accettato. Volevo dimostrarti che avevo capito quello che intendevi con l’eguaglianza fra i popoli».
«Tu hai conosciuto Luce?».
«Sì, ma ti spiego tutto dopo, ora devo portarti da lui».
«No aspetta».
Micene non ascoltò la sua protesta attivò il teletrasportò. Yaris protestò ma alla fine ascoltò cosa aveva da dire Micene. La donna gatto spiegò che subito dopo che la dottoressa Braun aveva riparato l’astronave dei Lipuzzani, i medici e i membri del consiglio inventarono una nuova droga che però uccise la maggior parte degli abitanti di nuova York, e aveva anche invaso l’aria oscurando il sole. Micene raccontò che per un certo periodo lei e Oboe avevano viaggiato nel tempo. Ma quando tornarono nella città, i pochi superstiti vivevano alla giornata, ma l’aria era ancora inquinata. Oboe prese la decisione di far credere la gente che nei vari punti del pianeta vi era del lavoro, cosi li fecero partire con le auto, nelle corsie sotterranee in quel modo la popolazione sarebbe stata al sicuro, aveva cercato di risistemare l’ambiente, ma la sua forma non gli permetteva di muoversi come desiderava. Lei aveva cercato di eseguire i suoi ordini, ma non era in grado di eseguirli. Oboe aveva cercato di mandare un messaggio psichico a lui e alla dottoressa Braun. Sperava di averli entrambi, un po’ per risolvere il problema della città e sia perché sentiva che le forze lo stavano abbandonando, e lui aveva bisogno di parlare con entrambi.
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