La signora in bianco è una strana signora che nella maggior parte dei casi si incontra in treno, perché – fortunatamente – non guida. Preferisce i mezzi e l’ecologia, non ama il traffico ma apprezza quella socialità di massa, che le è sempre stata negata dalla famiglia o dallo studio. È una donna di età indefinibile. Dal sorriso ammaccato, e occhi in orbita, dietro un paio di occhiali fondi a montatura trasparente posati sul naso. Ha il viso da fanciulla e la fronte grinzosa. I capelli, poco gestibili, sono di un arancio-castano raro che richiama l’antico come antico è l’oggetto che ha spesso tra le mani: un libro, una semplice borsa o un ombrello dal manico arrotolato.
Si chiama “signora in bianco” perché il bianco è presente – anche in minima parte – nel suo guardaroba. Parla dei valori persi, del vivere civile, dell’amministrazione e delle rivoluzioni, anche se in realtà la signora in bianco non parla: discute! E alla fine del suo appagante scambio di opinioni, si alza dal sedile del treno, dove per tutto il tempo del viaggio aveva preso forma un energico dibattito che aveva coinvolto gran parte dei passeggeri, e va via con la stessa lentezza che l’aveva accompagnata nelle scelte mancate, negli interminabili studi e nei fallimenti, della sua vita.