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La sindrome di Münchausen: un disturbo o un abuso? 1° parte

Da Psychomer
by Paola Sacchettino on novembre 21, 2012

“Acquisire più informazioni sulla realtà per tentare di disambiguarla, ne aggrava l’ambiguità”

(De Cataldo e Gulotta)

La sindrome di Münchausen per procura (MSbP) è una forma di maltrattamento ed abuso estremo nei confronti dei minori, che può condurre alla morte della vittima. L’abusante, in genere la madre, inventa, fabbrica, induce nel bambino sintomi per i quali si richiede l’intervento dello specialista: la vittima viene così sottoposta ad analisi, cure e trattamenti medici non necessari e spesso intrusivi e dolorosi. Risulta difficile ad un professionista pensare, nell’immediatezza della richiesta d’aiuto, che sia stata la madre ad aver provocato in maniera deliberata una malattia nel figlio o ad averne aggravato una patologia già presente.

Cosa spinge una madre a rendere il proprio figlio vittima di tanta sofferenza? Qual è il contesto familiare in cui si inquadra questa forma di distruttività?

Da non molti anni si sta cercando di far luce su questa dimensione dell’abuso all’infanzia particolarmente complessa e distruttiva, oltre che altrettanto difficilmente diagnosticabile ed individuabile,  attraverso un approccio multidisciplinare per tentare di ricostruire la complessità medica, psicologica, giuridico-criminologica alla base della MSbP (Perusia, 2007).

 La Sindrome del bambino maltrattato è stata inserita come categoria diagnostica intorno al 1968, da Kempe, che l’ha identificata e ne ha descritto le caratteristiche.

Non esistono ancora dati italiani su questa sindrome, che si pone in modo subdolo tra le forme di maltrattamento, rendendone complessa l’identificazione.

In campo prettamente clinico, la Sindrome di Münchausen by Proxy può essere smascherata dalla medicina generale poichè le caratteristiche della presunta malattia non rientrano nei quadri canonici: le terapie classiche non danno i miglioramenti attesi e la patologia ha un andamento sconosciuto. In alcuni casi, per mezzo di telecamere nascoste, è possibile scoprire la manipolazione del genitore che ingenera una malattia fittizia nel proprio bambino, ma non sempre. Si noti che l’osservazione monitorata può essere applicata nei casi in cui in cui la salute e l’integrità psicofisica delle persone è messa a serio rischio (Home Office, 2000).

Il termine by proxy definisce la delega ad altri, delega che l’abusante münchausen utilizza verso i sanitari inconsapevoli: attraverso di loro continua ad abusare della vittima.

In campo psichiatrico e psicologico tutto è più complesso, poiché è molto difficile distinguere i disturbi reali da quelli fittizi e quelli spontanei da quelli indotti (Gulotta, Perusia e Zara, 2007).

La distorsione psicologica che sta alla base della sindrome rende i responsabili dei veri e propri killer e, come tali, li rende abilissimi a nascondere le prove del reato verso i propri figli; nel caso in cui nasca in loro il dubbio che il pediatra inizia a nutrire qualche sospetto, cambiano rapidamente atteggiamento, per allontanare da sé l’idea di presunto colpevole.

D’altro canto il pediatra che si trova di fronte ad un caso di probabile Sindrome del bambino maltrattato, si trova di fronte ad un doppio muro: da parte dei responsabili e anche dal punto di vista medico-legale legato al proprio dubbio. Come deve interagire e con chi? Cosa deve fare? Con chi può e deve condividere le informazioni che ha raccolto? (Sciolla, 2007)

Il caso più noto di MSbP risale a tempi relativamente recenti: nel 1990 una bambina di 9 anni è stata deliberatamente avvelenata per anni dalla madre che voleva attirare su di sé l’attenzione dei medici e dei mass media. La madre della piccola, Katy Bush, è stata arrestata ed incriminata per gravi maltrattamenti a minore dal tribunale della Florida, dopo che aveva fatto ricoverare 200 volte la figlia Jennifer, facendola sottoporre a 40 interventi chirurgici. Per anni le ha iniettato materiale fecale, indicendo al contempo una campagna per chiedere assistenza medica per le famiglie che ne erano prive, campagna che ha portato Katy Bush sulle prime pagine dei giornali, fotografata accanto ad Hillary Clinton.

Continua…


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