Giambologna, Ratto della Sabina, 1583, Loggia dei Lanzi, Firenze
Nel corso della mia ennesima notte insonne, mentre cercavo requie nel romanzo di turno e girovagando in internet, mi sono imbattuta nella notizia, più o meno confermata, che sta spopolando nel web, quella sull’abolizione dell’insegnamento della Storia dell’Arte nelle scuole secondarie. Il mio primo pensiero è andati alla mia professoressa di Arte del liceo che mi sono immaginata in preda a crisi convulsive mentre trafugava manuali da spacciare sottobanco nelle scuole come fosse materiale proibito! Subito dopo si sono accavallate in me emozioni più affini allo stupore che allo sdegno, ad essere sincera. Da molto tempo ho ormai raggiunto la pace dei sensi avendo interiorizzato la consapevolezza che vivo in un Paese in cui la cultura ha un valore irrisorio rispetto ad altre nobilissime inclinazioni quali l’efficienza, la velocità, la produttività, la confidenza con la tecnologia… Eppure il mio fine animo romantico si stupisce sempre quando si trova al cospetto della direzione che la nostra società sta prendendo, quando si preferisce passare le ore sui social network anziché leggendosi un libro. Mi viene proprio da ridere se penso che l’ambizione massima di aristocratici ed intellettuali di tutta l’Europa del Sei-Sette-Ottocento era quella di visitare il nostro Bel Paese e le sue bellezze durante il Grand Tour… questa sì che è evoluzione!
Mi colpisce il tempismo con cui sono venuta a sapere di questa notizia (più o meno attendibile che sia) giacché proprio in questi giorni, come qualsiasi persona capace di utilizzare un computer e Wikipedia, mi sono infatti autodiagnosticata la sindrome di Stendhal: non ho trovato altre valide giustificazioni agli shock emotivi che l’arte mi provoca, con conseguenti stati nervosi e copiose lacrime di commozione ed estatico rapimento.
Caravaggio, San Giovanni disteso, 1610, Collezione privata, Monaco di BavieraL’Enciclopedia Treccani definisce la sindrome di Stendhal come «complesso di manifestazioni di disagio e sperdimento psichico conseguenti a una forte esperienza emozionale subita, in particolare, da visitatori di centri storico-artistici dove più forte e caratterizzante è il contesto culturale. La definizione della sindrome è stata fatta in rapporto a quanto lo scrittore francese Stendhal scrisse dopo essere stato in visita alla chiesa di Santa Croce in Firenze, descrivendo il proprio stato emotivo conseguente alla particolare esperienza da lui provata nel visitare il luogo e gli ambienti della chiesa stessa». Per precisione monsieur Marie-Henri Beyle, meglio noto come Stendhal, scrisse in Roma, Napoli e Firenze, volume in cui raccolse le sue impressioni sul suo Grand Tour d’Italia nel 1817: «Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere».
Chiesa di Santa croce, FirenzeLa sindrome di Stendhal fu ufficialmente riconosciuta nel 1979 dalla psicanalista Graziella Magherini che descrisse il caso di più di un centinaio di soggetti in cui si manifestarono i sintomi di questa affascinante affezione psicosomatica fra cui tachicardia, capogiri, vertigini, confusione ed allucinazioni, dopo che costoro avevano goduto della esasperante bellezza delle opere d’arte ospitate a Firenze (infatti il nome alternativo di questo disturbo è sindrome di Firenze). Sorprendente è come i visitatori maggiormente colpiti siano di origine giapponese oppure europea, fatta eccezione per gli italiani considerati “immuni per affinità culturale”. Questo almeno fino a quando qualcuno deciderà che lo studio dell’Arte non è necessario alla formazione culturale e sentimentale degli studenti delle scuole superiori. Personalmente ritengo che la soppressione, ma anche la semplice riduzione delle ore di insegnamento di Storia dell’Arte sia non solo controproducente ma anche ridicolo vista la nostra matrice culturale. Del resto io introdurrei come obbligatorio anche lo studio del Latino e del Greco in tutti gli istituiti superiori, alla faccia di quelli che dicono “che mi serve studiare questa roba se faccio un’istituto tecnico o professionale? Qual’è l’utilità?”… Beh, magari impareresti un più appropriato uso della lingua italiana e scopriresti che gli apostrofi non si mettono a sentimento!
Se non altro sopprimere lo studio dell’Arte renderà meno avvezzi a lei e consentirà a tutti gli italiani di godere dell’isteria mistica ispirata dalla sindrome di Stendhal!