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La Siria del dopo-tregua tra progetti e cabine di regia

Creato il 10 marzo 2016 da Retrò Online Magazine @retr_online

Reportage: Il sogno di Damasco. I giorni della tregua

Il Cremlino ha una cabina di regia in Siria

Nella provincia di Latakia, e più precisamente a Khmeimim, la Russia ha istituito una base militare per controllare più da vicino gli sviluppi della tregua in Siria. La presenza di questa base di monitoraggio conferma gli interessi russi – e internazionali – nei confronti della questione siriana. L’accordo siglato fra Casa Bianca e Cremlino vede dunque una sua concretezza a Khmeimim, dove gli uomini di Putin osservano con attenzione ogni minimo passo in Siria dal 27 febbraio scorso in avanti. “La riconciliazione siriana” spiega chi è all’interno del programma di monitoraggio, “non può essere lasciata sola a se stessa. Necessita del supporto di forze esterne che ne tutelino gli sviluppi”.

A Latakia, dunque, una porzione di mondo guarda con fiducia al futuro della Siria. Questa è la cabina di regia dove la Russia di Putin segue da vicino il governo di Bashar al-Assad. La guerra civile ha ferito profondamente il Paese, ma di riflesso ha reso instabile l’intera area mediorientale. Le continue violazioni dei giorni scorsi – ben otto nel corso dell’undicesimo giorno di tregua – mettono ripetutamente a rischio il cessate-il-fuoco. E dalla base di Khmeimim si cerca proprio di tutelare questa fase transitoria di cessazione delle ostilità, in vista dei colloqui di Ginevra che sembrano ormai alle porte.

In Siria in questi giorni si parla di continuo di “ritorno all’equilibrio”, di “integrità territoriale”, di “risurrezione della libertà”. Sono espressioni che segnano sia il popolo siriano, sia chi sta seguendo con attenzione le tappe di questo Paese che cerca finalmente di rinascere dopo cinque anni di guerra civile. “L’Isis e al-Nusra” afferma ripetutamente la gente comune, “sono le autentiche minacce agli accordi di tregua”. La Siria di oggi, infatti, è una terra frantumata e frammentata in mille rivoli diversi. “Oggi la grande sfida è ridare compattezza a un Paese che muore chiuso in se stesso”. E l’accordo fra Stati Uniti e Russia muove proprio in questa direzione: dare solidità al futuro della Siria con o senza il governo di Assad. “L’importante” trapela dai vertici, “è scongiurare il ritorno alla guerra”.

A Latakia la Russia guarda al terrorismo come al morbo che potrebbe rigettare la Siria nel caos. Raqqa è considerata da sempre la roccaforte del Califfato. I colloqui di pace di Ginevra dovranno far sì che Raqqa torni ad essere “vessillo di libertà e di risurrezione” dopo i lunghi anni di controllo violento da parte del terrore. Ma Raqqa è soltanto un esempio. A Damasco, là dove il governo di Assad tenta di tenere l’ordine, la percezione degli orrori del Califfato si attenua. “Nelle periferie è assai peggio” racconta un vecchio di un villaggio, “Dove domina al-Nusra la barbarie è all’ordine del giorno”.

Il progetto di Erdogan nella Siria del nord

Dopo il vertice tra Turchia e Unione europea sulla questione dei migranti, il presidente turco Erdogan ha reso pubblico un progetto per provare a risolvere il problema di quelle migliaia di uomini che quotidianamente tentano di lasciare la Siria. Secondo il presidente turco l’unico modo per arrestare l’incessante flusso migratorio è “costruire una metropoli nel nord della Siria per dar rifugio ai profughi”. Lo stesso Erdogan ha ammesso di aver presentato il progetto al presidente americano, Barack Obama. L’idea di Erdogan riguarderebbe la destinazione di un’area di 4.500 chilometri quadrati a rifugio per i migranti. Si parlerebbe dunque di una porzione di territorio siriano pari a un terzo di New York.

Per qualcuno il progetto di Erdogan è fallimentare o almeno non convince del tutto. “Le infrastrutture di quest’area” ha spiegato il presidente turco, “dovranno essere costruire col contributo della comunità internazionale”. Una “zona franca” al confine tra Siria e Turchia, proprio là dove migliaia di profughi siriani attualmente sono ammassati in attesa di poter superare la frontiera ed entrare in Turchia. Sebbene le intenzioni del presidente Erdogan, ad oggi in quest’area non è presente alcun cantiere. Qualcuno si chiede se la realizzazione di un simile progetto abbia l’obiettivo di gestire al meglio la questione dei migranti o istituire semplicemente un territorio cuscinetto utile a tener distanti le milizie del Califfato.

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